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E la risposta era negativa quan- do -ho rivolto a me stesso le juentì domande; — Ma le opere ìrrari, del Rubieri, del D' Ancona e aei Tigri saranno mai lette dal po- polo? — Ed ove questo le legga, sfornito, com'è, di studi fondamentali, potrà comprenderie? — Dopo tali considerazioni, l'utilità di un proemio che sbozzasse alta lesta la storia della poesia, della quale spesso spesso il popolo medesimo è l'autore, o che viene scritta da colti ingegni in servigio di luì, mi sembrò evidente, e risolsi di tracciare qualche linea, non con la pretesa di fare un disegno accurato dell' edifizio, ma un gros- solano abbozzo che giovasse almeno a farlo conoscere. 409303 nasce musici e poeti, della musica che della iva chiaramente il ve- ninuta e meno colta del iti, che hanno dell' istin- bello. :i nativi, per i più silenti e sulle spiagge eterna- de'venti che signoreg- a montanina un canto, uore, ed a quel canto , dai campi bagnati del ir affetto. miglia, le ardenti brame a forosetta vezzosa: la un benefizio del cielo, D spirito della vergine le fa obliare perfino i ■eggiano la vita, i esistenza l'artiere col ispondono alle aspira- nube dei concenti dei ta ofpcina, mira estatico, la donna dei suoi pen- le con maggior lena a ì l'unico mezzo per dar oi sogni. limitano i loro benefizi ) anche il complemento oro che la sorte volle Quella dama corteggiata e rispettata da tutti, cui lice appagare ogni più lieve capriccio, sembra felice ; pure, non lo è sempre. Avvi un' ora in cui il temibile spettro della melanconia si aggira per le sue sale dorata, galoppa a fianco della sua carrozza, veloce al pari dei focosi corsieri che la trascinano, la segue dappertutto. In quell'ora di abbattimento morale non vi è che un conforto, non vi è che un amuleto atto a mettere in fuga lo spettro; la musica, la poesia. E note e versi soavemente accordandosi, piombano sopra lo spettro e lo cacciano via, come^il Sole dilagua la nebbia saettandola co' vivi raggi. La musica e la poesia sono parte essenziale della vita italiana; e l'abitatore di questa fortunata penisola, a qualsiasi classe sociale appartenga ed in ogni età della vita, spontaneamente trova musica e verso, per- ché musici e poeti furono i padri dei suoi padri, per- chè il paese ove ebbe la buona ventura di nascere fu, è, e sarà sempre la patria della musica e della poesia, e quindi del gentile e del generoso operare. Ma, si affaccia alla mente un problema. — Chi nacque prima, la musica o la poesia? Uno fra i nostri più cari poeti, Filippo Pananti, scrisse che musica e poesia nacquer gemelle ; ed è a supporsi fondatamente che il canto, come pri- ma naturale manifestazione della musica, — ed un lin- guaggio passionato e gentile che vi si prestasse, co- minciassero con Adamo, posto, secondo la tradizionale leggenda, in un eden, ove davvero non dovea man- VII Iella amo om- luali itivo Hma isati loeti osé, )oe- :ere non *ono . E ;pu- lue- ed evidente ctie non Tia bisogno di dimostrazioni e di prove. Qui cade in acconcio il fare della poesia popolare due differenti sezioni, cioè: I.® Quella che nasce dal popolo più minuto, espri- me rozzamente i sentimenti che lo muovono, e della quale indamo si cercherebbero gli autori, che talvolta sono un guardianello di pecore, un pescatore od un boscaiuolo, tal altra molte persone estranee fra loro od anche di differenti paesi, le quali, coir aggiungere un verso od una strofa a quelli già sentiti cantare da altri formano adagio adagio una canzone, un ritornello, un rispetto, insomma una poesia complessa. 2.® L'altra, che viene scritta da persone colte con frasi presso che sempre popolari, facili, piane ed alla intelligenza di tutti — che tratta il gran poema della vita esprimendo i diversi sentimenti dell'animo uma- no—e che il popolo adotta come una concezione del suo proprio genio. Nel presente volume trovano posto queste due differenti emanazioni della poesia popolare, il primo sotto il titolo di Canti toscani, il secondo sotto quello di Romanze d'amore. Sembra, a prima vista, che io sia caduto in un ana- cronismo inescusabiie ponendo là poesia nata dal po- polo, che fu la prima, dopo quella scritta pel popolo, che nacque seconda ; ma a mia giustificazione dirò come, piuttostochè attenermi alla cronologia, abbia reputato conveniente dare il primo posto alla poesia ingentilita e rapinata dall'arte, ed il secondo alle produzioni intel- lettuali naturali e primitive, specialmente in un libro, come questo, che ha per iscopo principale il diletto. IX Esaminiamo dunque di passaggio sì Tuno che l'al- tro genere di questa poesia. La poesia popolare, fino nei più remòti tempi, si può riguardare come divisa in tre categorie secondo- che deriva dall'uno o dall'altro dei tre grandi senti- menti — Religione — Patria — ^Amore e Famiglia. Quest' ultima categoria sembra la più antica, la più diffusa e la più vera, perchè ha origine in quanto vi ha di più innato neir uomo e di più antico nel mon- do, r istinto ; perchè nasce dal cuore ; e tale è la sola forma di poesia popolare raccolta nella presente edi- zione. La conobbero i Greci e i Latini, si estese in di- verse lingue e in diversi dialetti per tutti i popoli deir antichità, e finalmente, vestita di nuove e genti- lissime forme, sorse col rinascimento in Toscana, ove stretta in relazioni forse più filiali che amichevoli con la Commedia dell* Alighieri, allargò per tutta V Italia il puro e fiorito linguaggio toscano. Crebbe e vegetò dove nacque, e vive rigogliosissima anc'oggi in tutte le campagne toscane ed in modo speciale su quelle del Pistoiese e di Siena. Il tipo più semplice, più noto e diffuso di questa poesia popolare amorosa toscana, ci è offerto dagli stornelli, ritornelli o romaniette, nati, dice il Rubieri, ad uno stesso parto con i mille fiorellini che rallegrano le colline e i monti della Toscana, ove si presentano vividi e belli come piante indigene, a differenza di quando si trovano in altre regioni nelle quali mostrano lo sterile aspetto di cose trapiantate, che male s' ab- barbicano sotto un cielo non loro. E noti e diffusi quanto li stornelli, e spesso con- fusi con essi, sono quei canti d'amore chiamati pure in Toscana %ispetli. Dispetti e Strambotti, secondochè esprimono pensieri piacevoli o di cruccio, o hanno del sentenzioso; i quali vanno anche distinti col nome di Serenate e di Mattinate secondochè vengono can- tati al chiarore delle Stelle, o al sorgere della Aurora. Queste poesie villerecce, nelle quali il verso en- decasillabo ha quasi sempre la prevalenza, sono dispo- sate ad una musica semplice e passionata, trovata insieme col verso, la quale si presta per molte di esse che sieno disposte in simile ritmo. La musica, come i canti, non conosce maestro : è il popolo che la inventa, e che in essa manifesta il suo genio. Nel suono, come nel verso, apparisce un'ispi- razione sincera, un candore verginale, qualche cosa di COSI profondamente vero e toccante, che digìcil- mente un musico ed un letterato potrebbero fare di meglio. Questa poesia, è il ritratto più schietto degli uo- mini, il più sicuro monumento delle passioni, dell'in- dole e delle tendenze di un popolo. Non sono molti anni che si è cominciato a racco- gliere questi documenti della vita intellettuale ed in- tima del popolo, ricercandoli accuratamente in tutti i dialetti e in tutte le forme, ed a confrontarli fra loro, preparando così al dotto un nuovo campo per severi studi filosofici e filologici. Raccoglitori infaticabili e degni di gran lode furono l'uno dopo l'altro il Tommaseo, il Cantù, il Thouar, il Carrer, il Visconti, il Giannini, il Tigri, il Marcoaldi, il D' Ancona e il Rubieri, per tacere di molti altri. I tempi nei quali più del solito le nostre campa- gne risuonano di questi canti festosi, sono l'autunno ed il maggio. Neil' autunno la vendemmia e la svina- , XI tura infondono nei petti dei nostri villici il brio, segnano per essi il tempo delle speranze e' dei sogni amorosi: nel maggio il Sole scintillante, il profumo di mille fiori, la splendidezza della natura, ridestano in essi fervida- mente l'amore, e li traggono al dolce sfogo del canto. Io ho raccolto nella presente edizione, diversi stor- nelli e rispetti, di quelli che mi sono sembrati i migliori per immaginazione, varietà e gentilezza, comprenden- doli sotto il titolo di Canti toscani, perchè caratteristici di questa sì bella parte d'Italia. Non tutta la poesia popolare però rimase, come ho accennato, nelle semplici vestì che le aveva largito il genio naturale dell'uomo: una parte di essa, se non isde- gnò del tutto i monti e i boschi, volle farsi strada nelle città, dove il consorzio degli uomini percorreva la via del progresso, e acquistò vesti e ornamenti adattati. I Greci pei primi accolsero questi canti intimi dell'anima umana, dettero loro piìi civile parvenza, aQìnarono il linguaggio tanto che esprimesse in modo più esatto e compito i sentimenti e le varie oscii-' (azioni dell'animo e cominciarono a cantarli sulla lira, dando così origine a quel genere di poesia, che per- ciò appunto si ebbe il nome di lirica. La lirica è costituita di brevi componimenti, trattati in diversi metri, — nei quali il poeta dipinge se stesso, narrando le proprie impressioni ed i propri sentimenti con artifizi d' imaginazione e di linguaggio per potere imprimere vivamente negli animi le sue parole. L' intento della lirica, anche in sui primi del suo vivere, fu quello di trasfondere nei popoli la gentilezza. la civiltà, e il mito di Orfeo che ammansisce e trae die- tro al suono della sua Irra le belve non sembra che l'immagine della poesia lirica incivilitrice del mondo. Tutte le tenerezze ed i furori dell* amore, gli ar- dori della fede, gli sconforti del dubbio, i gridi del dolore e della gioia, le speranze confortate e le spe- ranze deluse, trovano nella lirica la varietà ed il ritmo che loro si addice in un coli' armonia dello stile per cui s'imprimono, senza sforzo, nella memoria del po- polo, che le ritiene e che quasi se ne crede l'autore. Tanta libertà offerta nello scrivere cose intime e dettate dalla natura fece ravvicinare di nuovo la poesia lirica alla poesia naturale. Sicché fa mestieri di molto discernimento, di molto gusto e d'orecchio finamente costrutto ed educato a studi letterari per discemere i canti degli uomini di lettere, foggiati a modo popolare, da quelli che la vergine immaginazione e il cuore sug- geriscono, senza primitivo pensiero, a genti quasi del tutto profane alla letteratura. Qua entro si trova un suflìciente numero di queste liriche moderne, alle quali ho dato il doppio nome di Romanie e d'amore por duQ ragioni — cioè: perchè tutte possono cantarsi con accompagnamento di strumenti musicali, — e perchè amoroso è il soggetto di ognuna. A diffondere la poesia popolare contribuirono in tutto il medio evo i trovadori, i giullari, i menestrelli, che errando di corte in corte, di castello in castello, di contrada in contrada, provvisti di buon umore e di liuto, rallegravano con i loro canti amorosi il villanello in pari modo del feudatario, del principe. XIII 11 trovadore medievale fu disegnato a tratti ma- gistrali dal Grossi nella figura del Tremacoldo, tanto ingegnosamente frammisto ai pietosi casi di Ottorino e di Bice ; e la Rondinella pellegrina può servire a darci l'idea di quello che i più chiamano poesia popolare. Se. col progredire dei tempi, scomparvero Ì mene- strelli, rimasero in parte a rappresentarli gì' improv- visatori, e se ne contano di valentissimi anc'oggi; genti, per lo più, analfabete, che improvvisano, perchè il raggio della poesia scalda la loro fervida anima, che cantano, perchè non concepiscono il verso senza armo- nia. Passando sotto silenzio taluni di questi esseri, da me pure conosciuti, citerò solamente le due pastorelle pistoiesi Maria e Cherubina, rammentate dal Tigri, improvvisatrici forbite di rispetti e di canti, e la ormai famosa Beatrice di Pian degli Ontani che il Tommaseo nel i84i cosi descriveva,,,, « una pastora che non sa leggere, ma sa improvvisare ottave, e se qualche sil- laba è soverchia, la mangia pronunziando, senza sgar- rare verso quasi mai; donna di circa trenta anni; non bella, ma con un volger d'occhi inspirato, quale non lo aveva Madama di Sade.... Ne! contrasto di chi le risponda, la Beatrice s'infiamma, e bada ore intere a cantare parole eleganti e soavi, con quelle po' d'idee che le è dato, sempre ripigliando la rima dei due ulti- mi versi cantati dal suo compagno. » Ma questi improvvisatori sono, per lo più. stazio- nari, e cantano per procurarsi un passatempo, non per lucrare: quindi le loro canzoni vivono nei luoghi ove essi abitano, finché ripetute dal popolo vengono stam- pate da un qualche editore, che le consegna ad altri odierni degeneri rappresentanti dei giullari, i ciechi ed i cantastorie. Questi per le città e per le campagne, ovunque una festa o una fiera richiami concorso di gente, cantano siffatte canzoni (che chiamano storie) per allettare il pubblico ad acquistarle, spargendo così fra il popolo le produzioni letterarie del popolo stesso in migliaia e migliaia dì esemplari. A me sembra che gli stampatori, i quali si dedica- rono a siffatto commercio, sieno meritevoli d' encomio per aver fatto cosa lodevole ed utilissima, perchè se col raccogliere e pubblicare i canti popolari hanno approntato da una parte i documenti, che servono a formarsi un esatto criterio della natura e della ten- denza nel nostro popolo, dall'altra, col diffondere mi- gliaia e migliaia di esemplari di quelle produzioni, (scritte in lingua rozza, se vuoisi, ma che pure risente sempre della sorgente pura toscana), hanno contribuito a tener viva nelle classi meno privilegiate la gentilezza del sentire, concorrendo poi, forse più elpcacemente che con cattedratici precetti e con elaborati volumi, alla tanto sospirata unificazione della lingua. Che poi la reggia della poesia popolare è la To- scana, apparisce anche dal fatto che quasi tutti i cele- brati editori della poesia del popolo furono toscani, ed in Toscana, quali ad esempio a Lucca il MarescandoH ed il Baroni, a Prato il Vannini, a Firenze il Formigli, il Ducei ed ultimo il Salani, il quale per il lungo pe- rìodo dì oltre venti anni pubblicando le opere del popolo, ha dato vita ad una raccolta curiosa ed interes- santissima, che può fino da ora riguardarsi e custodirsi come un raro e prezioso gioiello bibliografico e lettera- rio da colui, che per avventura, la possedesse completa. Nel presente volume sono rappresentate le due sezioni della poesia popolare amorosa italiana; e nutro XV e buon questo portare perchè )urbero del lu- lìgnora, ) d'ora ube di EOMANZE D'AMOEE In amore guerra o pace? SS^ara amica, tu l' hai detto : ma giacche nessun ci ascolta, non rifare un' altra volta quel discorso semplicetto, che si chiude ognor così: vo' goder 1' amore in pace, adirarmi non mi piace. Lo dicevano i pastori nella vecchia età dell' oro : fu ridetto dietro a loro dagli Arcadici cantori : ora poi non si usa più ; per il secolo dei lumi questi sono rancidumi. Tutti i gusti, è ver, son gusti ; chi negartelo potrebbe? Ma sul tuo ci riderebbe la buon' anima del Giusti, come rise in altra età sulla coppia memoranda di Taddeo, di Veneranda. Se mi dici, che il tuo cuore preferisce il sentimento, forse forse non dissento ; m' è piaciuto un tale amore : ma successe ancora a me di dovermi persuadere che r amor vuol dir piacere. Non mi burli? In Elicona spesso vai con pie leggero ; e vagheggia il tuo pensiero un' amore alla carlona ? No, possibile non è ! Non ti credo, amica mia, tu sei piena di poesia. Da brev' ora, è ver, son teco ; ma ogni sguardo, ogni tuo detto spira un fremito d' affetto, lo vedrebbe ancora un cieco ! Ne mi sembra in verità, che se mai d' amor t' accendi, fia di quello che difendi. Non pensar però che io viva sempre d^ ira e di vendetta ! — 5 — No davvero : mi diletta una certa alternativa. Che celeste voluttà ! Come invoglia, come piace, pace e guerra, guerra e pace ! Se del ciel l' astro maggiore limpidissimo, cocente, fosse a noi sempre presente non sarebbe un crepacuore ? La natura ci pensò : fé' la notte, onde più bello comparisse al dì novello. Via, non scuotere il capino ; ma sincera a me confessa che lo vedi da te stessa che non sei sul buon cammino : non mentir neppure a te : senza il verno e la bufera ci sarebbe primavera ? Un amor tranquillo, in quiete, sai tu a cosa rassomiglia? A un ritratto di famiglia attaccato alla parete, che ne vide e ne vedrà, ma, siccome non ha cuore, non cangiò mai di colore. Queir amor che indifferente al destino si rassegna, quelP amor che non si sdegna, è 1' amor di chi non sente ; E^ come or da la vainiglia bevo a sorsi il molle odor ; io berrò da le tue ciglia tutto il dolce de V amor. Ma la fiamma, ond' e il cor pieno, le sue foglie inaridì : fuor de' sensi ah sul tuo seno languirò pur io così ! Come un' erba inaridita fra le* braccia io ti cadrò : ma i tuoi baci un' altra vita mi daranno, e tuo sarò ; tuo per sempre ; e tal che ninno potrà svellermi da te... no, che il sol non vede alcuno . fortunato al par di me ! La mia vita e la mia gloria è il poterti posseder: e mi doni per memoria ' la viola del pensier? Ah ! scolpita nel mio petto ti ha la mano del Signor: sarà eterno il nostro affetto perchè nato è nel dolor! Su, mia sposa. In un desìo r alme nostre s' incontrar ; sacerdote a noi fu Dio : testimon' la terra e il mar. ò splendor, bro amor, no Pbretti ecardo ? sor? pie : per me. lì: ita la mia, ìuaiuuia, ii paure miO e il mio amore in braccio a me. — 9 — „ Deh ! ti calma, o sventurata, deh ! pon freno al tuo dolor ; una madre t' è restata, t' è restato un genitor. „ Che mai dite? A che restati siete, o cari, fra i martir? Quanto dolce ai travagliati giunge r ora del morir ! Ah! la fossa ove son io ne raccolga tutti e tre, la mia mamma, il padre mio e il mio amore in braccio a me. „ Sventurata, tu deliri : torna in te, ti volgi al ciel; volgi al cielo i tuoi sospiri or eh' è spento il tuo fedel. „ Chi del ciel mi fa parola ? Ivi appunto egli volò : io restar non deggio sola, fra' beati il seguirò. „ Non ha il mondo altro conforto quando e spento un primo amor? Egli è morto : e s' egli è morto, troverai chi t' ami ancor. „ Madre mia, eh' io doni altrui la mia fede e la mia man? Io promessa ad uno fui, d' altro amor mi parli invan. Da quel labbro e da quel guardo ho imparato il primo amor : — lo- chi potria se non Riccardo risvegliarmelo nel cor? Nella vita e nella morte a lui sol sarò fedel : io sua sposa e sua consorte sulla terra e nelF avel. Si, r avello ove son' io ne raccolga tutti e tre, la mia mamma, il padre mio e il mio amore in braccio a me. Dal guancial del mio riposo una rosa spunterà, e notizia ogni pietoso di quel fior domanderà. Sullo stelo ella si china, e risponde in suo tenor : sono il fior di Rosettina che morì di troppo amor. Francesco Dall' Ongaro Amore. (^?^ìM&nando fanciulla nel mondo entrai ed agli affetti dischiusi il cor, dopo Dio, solo tre cose amai, il mio paese, mia madre, n fior. — 11 — Erano i sogni del pensier mio, le mie speranze riposte in lor, ed ogni giorno, simile al rio, vedea trascorrere placido ognor. Allor che supplice un giovinetto i suoi begli occhi ne' miei fissò, e il paradiso d' un nuovo affetto con quello sguardo mi rivelò, soavemente commosso il core quel che provasse ridir non so ; ma in lui raccolti, d' un solo amore i fior, la madre, la patria amò. Marianna Giarrè-Billi M'amasti mai? ederti, amarti, furo un' ora sola, amarti sempre il mio più gran desire: per la dolcezza d' una tua parola un tempo mi parca dolce morire. Or che il destin per sempre ci separa, or che ho perduto la speranza omai, non ho per te che una parola amara : m' amasti mai ? Ha la memoria de' tuoi baci il core, ogni parola tua serba il pensiero ; ma non so se i tuoi baci eran d' amore, se verace il tuo labbro o menzognero. — 12 — La voce dell' addio non mi conforta, da te m' involo e più non mi vedrai, lascio un dubbio crudel sulla tua porta : m'amasti mai?..* Enrico PANZAccm Amore! amore! erchè fra tutte d' una stella il raggio r occhio bramoso ricercando va ? Perchè è la sola che nel suo linguaggio ridir le cose del suo ciel mi sa. Perchè fra i tanti onde il giardin s' abbella sempre ad im fior ritorna la tua man? Perchè ridirmi ei solo in sua favella sa quel che i fiori susurrando van ! Perchè, perchè, delle infinite sola un' alma è cara sopra tutte a te ? Perchè nel suono della tua parola palpita un mondo eh' era ignoto a me. E che ti dice ? Che armonie segrete ha quella voce che ti scende al cor? Quel che dicon le stelle essa ripete, quel che dicono i fiori : Amore — Amor ! G. Rizzi 13 Che te ne pare? 1 già da un pezzo che nel cervello covo un disegno per l'avvenire^ e più ci penso più mi par bello ; tant' è che adesso te lo vo' dire. Attenta, Gilda, si»mmi a ascoltare, e dimmi franca che te ne pare. - Un giorno o V altro, quando più ardente ci bolla in testa la fantasia, come gli uccelli, senza dir niente, dal natio tetto prender la via, e andar lontani di là dal mare... Eh dimmi, Gilda, che te ne pare? A pie d' un monte scelto un cantuccio dove del mondo taccia il romore, con quattro stanze, con un ortuccio cinto da un' alta siepe di more, lieti, non visti, cantare e amare.... Eh dimmi, Gilda, che te ne pare? Come la chioccia co' suoi pulcini, che un salta ed uno le becca intorno tu, circondata da' tuoi bambini, sentendo 1' ora del mio ritorno, venirmi incontro sul limitare.... Eh dimmi, Gilda, che te ne pare? E poi la sera mettendo a letto r ultimo nato dai nostri amori, — 14 — tesser la storia di questo affetto che non conosce dubbi e rancori, e contar gli anni senza invecchiare... Eh dimmi, Gilda, che te ne pare? Carlo Benelli Non mi guardare! (W©?redilo, è inutile tu mi ripeta che il mondo varchi vedovo e mesto ; credilo, è inutile farmi il poeta ormai la storia d' amor la so.... Un desiderio breve fe cotesto, è fior da ogni aura vana commosso, ma non piantarmi quegli occhi addosso, che tu mi guardi cosi, non vo'. Oggi t' appaghi d' un mio sorriso, d' ogni più tenue cenno cortese.... Vorrai domani baciarmi in viso, vorrai più tardi stringermi al cor E poi ? Com' altri muta paese, sorrisi e baci mutar vorrai... Credilo, è inutile.... Ma cosa ci hai in quel tuo sguardo lusingatore Par che ti langua nella pupilla quasi un ricordo d' amor perduto, quasi una speme d' amor vi brilla, ma abbassa gli occhi... voltati in là ; — lò- ia mente ho salda, T animo muto, libera ai moti del cor comando, ma abbassa gli occhi, mi raccomando non mi guardare per carità. Ferdinando Martini Rimembranze ! Ira di Maggio... la vagante luna illuminava il mesto suo visino e r aura accarezzava le sue chiome di cherubino. Pallida in volto, coi capelli d' oro, impresso nello sguardo un duol profondo, pareva un fior del cielo trapiantato in questo mondo. De r alma sua 1' angelico profumo fu balsamo soave pel mio core, a lei vicino appresi le dolcezze del santo amore. caste gioie, o larve passeggiere ! Giace la cara salma in cimitero, e voi racchiuse ne la tomba siete del mio pensiero. Era di Maggio... la vagante luna illuminava il mesto suo visino e r aura accarezzava le sue chiome di cherubino. Pietro Fragiacomo i sì mesta lì di festa? Ulto, r anima in lutto, ai tutto. ì, quando da Messa 3on la stessa, , non so che sia, la pace mia. ria ima volta ! le me l' ha tolta. i dimenticai reghiera, ■itrovai •, 1 dèi sapere ; fia dì chiesa, to anelante Saresti offesa? ossa e tremante J suo posto ; iella mia storia ra nascosto la memoria! :lia diletta, ii benedetta, mtimento _. _ ii quel profano. Va'triste fiore, ti sperda il vento, insidioso fior di Satàno. — 17 — Madre, dal core tu m' hai levato metà del peso del mio peccato : (piangeva intanto) — Fanciulla mia tardi è la notte, dormi ed oblia ! La madre orando chinò i ginocchi e un dolce sonno le chiuse gli occhi. La figlia allora, povera figlia, al suo bel fiore pensò di nuovo ; certo è Satàno che mi consiglia ; ma dormi, o madre, ch'io non mi muovo. Però... giù dal basso nudo e tapino giace perduto quel fiorellino, e forse acuta soffia la brina che gli vien sopra, che lo consuma, e son tre mesi, tre mesi interi eh' era il compagno de' miei pensieri ! Guardò la madre, come un baleno scese la scala ; col fiore in seno tornò alla stanza. 8' udì al mattino narrar la storia d' un lumicino : e d'una larva sottile e bianca comparsa a notte giù nella via che sospirava, che parca stanca, poi come un lampo se ne fuggìa. La buona madre, che non sa nulla, sorride e bacia la sua fanciulla, e la fanciulla con mesto amore e giorno e notte bacia il suo fiore. Prato — 19 — Lasciami andare, vattene ornai prima che il g-enio, lo spirto affranto, venga sommerso nel mar di pianto dove travolto mi vuoi con te. Ahimè ! Lo vedi ? Gli anni più belli a te vicino li ho consumati, tra lo svolazzo de' tuoi capelli, nella tua rete di voluttà. E ho fatto al giorno cento peccati di cui mi resta viva la traccia : aprimi il varco delle tue braccia, lasciami andare per carità. Enrico Fiorentino Disinganno. ^'l, da ragazza, lo ricordo anch' io, t' avevo sempre dietro ad ogni passo a dirmi eh' ero un angiolo, il tuo Dio ; ma lo dicevi per menarmi a spasso, che tutto a un tratto mi sparisti un giorno, senza lasciarmi scritto dtjve andavi; e quando ti costrinsero al ritorno e eh' io ti chiesi a che gioco giocavi, con un far da arrogante e da sfacciato tu la maschera allor buttasti giù. — 20 — e rispondesti : Quel che è stato è stato, acqua passata non macina più. Oggi però che su quest' occhi mesti indovini il perchè del mìo dolore, ritorni con un monte di pretesti a ragionarmi dell' antico amore e giuri che, sebben da me partito, mi stavi notte e dì col cor vicino ; che adesso più che mai ti sei pentito e la colpa 1 appiccichi al destino, ma del meglio fin qui ti sei scordato : è la risposta che mi desti tu. Te la rammenti ?... Quel eh' è stato h stato, acqua passata non macina più. Carlo Benelli Amor fa morire! bl^ella che nel cantar siete maestra, quando cantate voi fin 1' aria tace, tutti i garzoni vanno alla finestra e le lor belle non si san dar pace, e non sa darsi pace l' usignuolo che nel cantar d' amor non è più solo ; all' usignuol tu canti in compagnia e la sua moglie muor di gelosia. 3e vuoi vedere i giorni miei finire, quella canzone riprendi a cantare : — 21 — dice laddentro che amor fa morire, ed io vò viver per poterti amare. Se più non m' amerai riprendi il canto per seguirmi con esso al camposanto, se più non m' amerai lo potrai dire che sulla terra V amor fa morire. Saverio Nurisio La bellissima. ai tu, fanciulla, perchè somiglia queir azzurrino tuo sguardo al ciel ? E della rosa fresca e vermiglia son le tue guance specchio fedel? Perchè bellezza quaggiù non v' è che non somigli, fanciulla, a te ! Sai perchè splende sulP erte alpine bianca la neve come il tuo sen, e r oro sparso del tuo bel crine sembra 1' occaso di un dì seren ? Perchè splendore quaggiù non v' è che non somigli, fanciulla, a te! Sai perchè veggo nel tuo sorriso la primavera che infiora il suol, e nel tuo canto di paradiso sento la voce dell' usignuol ? Perchè dolcezza quaggiù non v' è che non somigli, fanciulla, a. te ! A. Maffei 22 egli quel denso velo in che t^ ascondi, pari a stella che in nuvola si cela, e se al desìo pe' sogni miei rispondi, col lampo de' bruni occhi lo rivela. Non sanno i labbri ragionar d' amore, come ragionan due pupille ardenti : credi, uno sguardo che discenda al cuore vai più di centomila giuramenti, di centomila giuramenti vani che si fann' oggi e che s' oblìan domani. Carlo Benelli Tu non amasti! ^ u non amasti ! Guai se un' augello lo narri all' acque d' ogni ruscello, guai, se un errante filo di vento lo sveli agli astri del firmamento, nuvoli e stelle, se mai lo sanno r onda e la luce ti negheranno ! ""u non amasti ! Guai se la fronda lo dice al bosco che la circonda ; — 23 — sparsa la chioma, mesto il sembiante andrai ramingo fra quelle piante, ma fino i rami, se mai lo sanno, ombra e riposo ti negheranno ! Tu non amasti ! Sperar ti piace, almen ne V urna, riposo e pace ; ma guai se il gufo svegliando i morti del tuo dilitto li rende accorti : anche i sepolcri, se mai lo sanno, pace e silenzio ti negheranno ! Tu non amasti ! Se un dì dal suolo verso le stelle tu innalzi il volo, al ciel che solchi svelar non dèi che senza amore vissuto sei, che i cherubini, se mai lo sanno, il paradiso ti negheranno ! Pellegrino Rosetti Ti raccomando il nostro affetto! ài se è pur vero, che in questo bando dal Ciel, V amore è il sol diletto, il nostro affetto — ti raccomando ; — il nostro aflPetto ! Se vero è pure, che, in terra amando, divien la terra grato ricetto, il nostro affetto — ti raccomando ; — il nostro affetto ! — 24 — Se è ver del pari, che, qui plorando, ci plachi il duolo un caro aspetto, il nostro affetto — ti raccomando ; — il nostro affetto! Se è ver non meno, che, ricambiando parole e baci, si fa più stretto, il nostro affetto — ti raccomando ; — il nostro affetto! E s' anco è vero, che ognor, tremando, pensiam che scemi nelF altro petto, il nostro affetto — ti raccomando ; — il nostro affetto ! Se infine è vero, che, un di cessando, morrebbe ogni alto vago concetto, il nostro affetto — ti raccomando ; — il nostro affetto ! Corrado Gargiolli * uando cadran le foglie e tu verrai a cercar la mia croce in camposanto in un cantuccio la ritroverai e molti fior le saran nati accanto. Cogli allor tu pe' tuoi biondi capelli i fiori nati dal mio cor : son quelli i canti che pensai, ma che non scrissi, le parole d' amor che non ti dissi. Lorenzo Stecchetti 25 I baci! I baci! uaF è il linguaggio, che in noi favella, allor eh' io taccio, allor che taci, e a gaudio ignoto Amor ne appella ? I baci ! i baci ! Qual voce Amore al cor ne dona, quando languente sul sen mi giaci, e nota arcana neir alma suona ? I baci ! i baci ! Sovente il labbro finge parole ; nunzi dei cuori ben più veraci spiran com' aura che ne console i baci ! i baci ! Desìo deir oro, desìo di fama, della possanza le voglie audaci, son meno ardenti di questa brama : i baci ! i baci ! La terra è ambascia per chi v' è solo ; tutte le gioie vi son fallaci ; ma dan conforto in ogni duolo i baci ! i baci ! Etereo soffio, celeste incanto, faville d' alme eh' ardon qui faci, di labbra amanti trionfo e vanto i baci ! i baci ! — 26 — In frale angusto è l' alma schiava, Y^^ e più l'involvono g-li.anni rapaci; * ~ ■ ah mai non visse chi non libava i baci ! i baci ! 'Centro al creato, dell'alme stella, amor sospende i dì fugaci, e son sua prima legge e favella i baci ! i baci I jLo sai ? T' adoro... di te sol penso j vie più ne' baci m' inebri e piaci ; e cmede e invoca rapito il senso i baci ! i baci ! Gioia divina il sen m' invade, se in caldi baci ti stempri e sfaci, e ognor s' avvivano, fior di beltade, i baci ! i baci ! |Ma se talora col labbro austero rattieni i baci, tu allor mi spiaci ; e strazia l' alma questo pensiero : i baci ! i baci ! lAh se pur brami che mille carmi sgorghin coi baci^ belli vivaci, deh ! non negarmi, deh ! non negarmi i baci ! i baci ! Corrado Garoiolli 27 — Confronti. Chi disse donna disse guai, Chi disse uomo disse peggio che mai. 1 appena un anno che viviamo, uniti, e già stiamo col broncio e il mal contento ; tu piangi sul destino dei mariti, di quello delle mogli io mi lamento. Ma questo tu per tu non puo'durare a men che imo di noi voglia impazzare : che se dicendo donna han detto guai, oh, chi disse uom, disse peggio che mai ! Io son piena d' ubbìe e di capricci, tu colmo di sospetti e d' esigenza, è inutile oramai far dei bistìcci : tiriamo un frego, o diamoci licenza. A somma fatta, fra V avuto e il dato per conto mio gli è più che pareggiato : che se dicendo donna, han detto guai, oh, chi disse uom, disse peggio che mai ! Carlo Benelli A Maria. o misero non son se liete V ore a te volgono i verdi anni, o Maria, J — 28 — però che sempre il mio povero core vive amante di te, siccome pria. Per te un altro mortai ora è feliòe di quella gioia eh' è suprema in terra. Io vorrei odiarlo e non mi lìce, rimembrando colei che al petto serra. Se non t' amasse più, se un giorno infido ti costasse una lagrima soltanto, inseguir lo vorrei di lido in lido per vendicar de la mia donna il pianto. Sempre penso a quel dì, che innanzi agli occhi mi venne Ìl tuo leggiadro pargoletto : io mi sentii mancar sotto i ginocchi, e geloso furor m' accese il petto. Le paterne sembianze avea nel viso sì che la man da prima lo respinse : ma nel suo riconobbi ìl tuo sorriso, e amor la combattuta anima vinse. I tuoi begli occhi e le tue chiome bionde in esso mi parea coprir di baci, e mi tornare in cor le vereconde del nostro antico amor gioje fugaci. Ma quando m' incontrai la tua pupilla, il cor da mille punte ebbi trafitto ; pur da' miei occhi non cadde una stilla, che il pianto (fino il pianto !) era delitto. Ah di' : r angoscia della trepid' alma ti fé' palese il mio pallido volto; o vi leggesti la funebre calma di quel dolor cui lo sperar vien tolto ?... — 29 — Deh tu vivi air amor di chi t' è sposo, e il periglio de' tuoi guardi mi cela ! Finche lieta sei tu, donna, non oso de' lunghi affanni miei mover querela. Se la mia pace la partenza chiede, deh lascia che V estremo addio ti dica ! A te vicino involontario il piede sento che torna alla catena antica. Ma indarno forse all' anima conforto anche dal tempo e dall' orgoglio spero, mi fece il dì eh' io ti rividi accorto che obliar non si può l'amor primiero. Indarno cercherò la favolosa onda di Lete per diverse genti, finché si pasce 1' anima amorosa del sogno de' miei primi anni ridenti. Ma sotto il fascio delle pene antico se fia che 1' alma stanca alfin soccomba, la morte mi rimane ultimo amico e la pace m' aspetta entro la tomba. Antonio Peretti Giudizio. ^^i J^^ quest' ora 1' avresti da sapere il tuo far non mi va punto ne poco ; una carta ti picchi di tenere, ma a giocarla con me tu rischi il gioco : — 30 — i conti tra noi due son lesti lesti, che per vedere di che panni vesti non ho mica bisogno degli occhiali : le balle si conoscono a' segnali. C hai quello che ti vien sempre tra' piedi, e fa miglia per te quanto il pensiero, che tu ci stai, sbugiardami, se credi: tanto so tutto : e non è più mistero. Però giudizio !... che mezza parola mi basta, sai, perchè ti torni a gola. Chi ci vede può far senza gli occhiali : le balle si conoscono a' segnali. Guido Sionorini Il fiore educato dall' amore. uando a te dolce creatura frale, che aVai del nostro amor crescesti, io penso, un' infinita voluttà m' assale ! Ah non credea che nel terreno senso tal penetrasse celestiale ebbrezza, ne amasse il cor di tale affetto immenso ! Se il cultor mira alla bramata altezza levarsi pianta peregrina e bella, quasi risponda a lui che V accarezza. — Bi- ll' ha viva gioia in sen ; fronda novella, frutto gentil, che in crescere mettea, r allieta più, se più quei rami abbella : comprender puoi qual voluttà mi bea, mirando in te di gioventù vigore, e beltà che più vaga ognor si fea, e pensando che ancor del nostro amore leggiadre forze attinse la natura per fecondar della tua vita il fiore ! Oh fùr gli amplessi con soave cura, teco iterati mille volte e mille neir ardor che fra noi perpetuo dura, gli sguardi, pien di lucide faville nello spiro dell' alme divampanti, ed i baci, del cor profondo stille : sì sguardi, amplessi, ardor, baci d' amanti, fùr la luce, il calor, le pie rugiade, eh' educàro e nudriano i tuoi sembianti ! È in te, per nuova arcana voluttade, e r esser mio trasfuso e la mia vita ; e grido all' alma : Amor che il sen m' invade, qui già t' inciela, e a gaudio eterno invita ! Corrado Gargiolli 32 - m.uim eir aria della sera umida e molle era l' acuto odor de' campi arati e noi salimmo insiem su questo colle, mentre il grillo stridea laggiù ne' prati. L' occhio tuo di colomba era levato, quasi muta preghiera, al ciel stellato -, ed io, che intesi quel che non dicevi, m' innamorai di te, perchè tacevi. Lorenzo Stecchetti Amami ognora! .^^^mami quando 1' alba ridente, candida ed aurea, purpurea e bella, sorge qual lieta sposa novella ; e tu ripensa a chi t' adora ; — amami ognora ! Amami quando 1' aurora fosca, cinta di nubi, non ben si vede ; e par che languano amore e fede ; e tu ripensa a chi t' adora ; — amami ognora ! -iT-.f — 33 — Amami quando col nuovo Sole la terra anela, siccome a sposo, ad un amplesso più luminoso ; e tu ripensa a chi t' adora ; — amami ognora ! Amami quando fra le procelle s' occulta il Sole, e i raggi nega alla natura che aspetta e prega ; e tu ripensa a chi t' adora ; — amami ognora ! Ebbero, oh cielo ! gli amori miei albe lucenti, am'ore meste, Sol senza nubi. Sol fra tempeste ; e tu ripensa a chi t'adora; — amami ognora ! Amami quando un bel zaffiro tutto rischiara, tutto dipinge, e r alma eterno amor si finge ; e tu ripensa a chi t' adora ; — amami ognora ! Amami quando le nubi tetre circondan V aere gelido e muto ; e par che piangasi amor perduto ; e tu ripensa a chi t' adora ; — amami ognora ! Amami quando, nel suo tramonto, il Sol s' addorme più dolcemente, e pia mestizia V anima sente ; e tu ripensa a chi t' adora ; amami ognora f — 34 — Amami quando l' occiduo Sole, come guerriero che pugna e latij^ue, a noi tramanda raggi di sangue ; e tu ripensa a ehi t adora ; — amami ognora ! Ebbero, oh cielo ! gli amori miei giorni funerei, giorni sereni, tramonti dolci, di sangue pieni ; e tu ripensa a chi t' adoi-a ; — amami ognoia ! Corrado Garoiòixi dolci aure appannine L ^^^ dolci aure appennine, che m' increspate il crine, e mi venite in fronte a carezzar, dite, un desio mi punge : ov' è la mia fanciulla ? — È lunge, è lunge ! Ancor mesta e dolente star dell' Arno fluente sulle patrie mie sponde ad abitar V Dite al dolor che m' ange : che fa la mia fanciulla? — Oh piange, piange! tepide aure molli, se rivedrete i colli che fan corona alla città dei fior. — 35 — a lei tergete il pianto, e ditele all' orecchio : — Ei t' ama tanto ! Se allor sopra il bel viso dolce splenda il sorriso, se^ mentre prova alta dolcezza in cor, ella di me vi chiede, rispondetele tosto : — Ei riede, ei riede ! Guido Biagi Che vuoi da me? SSf'he vuoi da me ? La giovinezza mia come foglia autunnal si discolora ; mi sorrise per poco, or fugge via r ultima speme a cui fidavo ancora : a me di fosco V avvenir s' ammanta, e sul mio tetto la cornacchia canta. Tu sei giovane e bella. Alla tua cuna venner le Fate col presagio lieto ; come in notte invernai raggio di luna bianca è V anima tua nel tuo segreto : col cor fidente all' avvenir tu voli e nel tuo parco cantan gli usignoli. Che vuoi da me ?... Da lunge e mestamente r anime nostre si risponderanno ; limpido rivo e turbido torrente noi' siam fanciulla, e V incontrarci è danno : — 36 — :iam d' una fitta ombra d' «blìo ione d' un istante. Addio ! Enrico Panzacchi Amami sempre! quando nel Cielo azzuiTo ono gli astri a mille a mille, imorose di Dio scintille : 1 si stringano d' amor le temi>re ; amami semjjre ! lando neir aér puro irabili brillan le stelle, ipetendosi d' amor favelle ; 1 si stringano d' amor le tempre ; amami sempre ! landò si fa dolente smarrita fra cupa notte, ■e ha meste voci interrotte ; i si stringano d' amor le tempre ; amami sempre ! lando divien più afflitta in notturne lunghe tempeste, ■ conturbano larve funeste ; vie pm si stringano d' amor le tempre ; amami sempre ! — 37 — Ebbero, oh cielo ! gli amori miei limpide notti, e tenebrose ; e la mia stella brillò... s' ascose ; vie più si stringano d' amor le tempre ; amami sempre ! Amami quando da vel leggero tràspar la luna vaga, pudica, e d amor parla celeste amica : vie più si stringano d' amor le tempre ; amami sempre ! Amami quando spande la luna più rugiadoso tutto il suo lume, ai lieti amanti propizio nume : vie più si stringano d' amor le tempre ; amami sempre ! Amami quando, celata, invia di luce languida un raggio appena, come speranza d' amante in pena ; vie più si stringano d' amor le tempre ; amami sempre ! Amami quando, ottenebrata, vedovo è il Cielo del suo chiarore, lagrimar sembra un morto amore ! vie più si stringano d' amor le tempre ; amami sempre ! Ebbero, oh cielo ! gli amori miei luna oscurata, candida luna, ognor crudele varia fortuna ! vie più si stringano d' amor le tempre ; amami sempre ! Corrado Garoiolli ^ 38 Dimenticarti 7 ^dimenticarti ? E può scordar 1' augello il volo, il canto, e 1' amoroso nido ? Di scherzar tra le fronde il venticello, r onda del mare d' accostarsi al lido ? No ! Perchè dunque vuoi che fuggitiva sia la tua dolce ricordanza in me, se per eh' io pensi, eh' io favelli o scriva, è sempre vòlto il mio pensiero a te ? Dimenticarti ? Quando sacra in core mi die la fiamma degli affetti Iddio, nel libro eterno dove è scritto amore, il tuo nome ponea col nome mio. E neir ultimo istante, allor che fia libera e sciolta dal terrestre vel, volerà, volerà 1' anima mia innamorata ad aspettarti in ciel. Marianna Giarrè-Billi Tardo rimorso. ^i amava tanto ed io 1' abbandonai e non ebbi pietà de '1 suo dolore. — 39 — Quando un' eterna fede le giurai schietto era il labbro e non mentiva il core^ allor credea di non lasciarla mai.... mi amava tanto ed io V abbandonai. Pareva un fior sbocciato a primavera cui natura donò tutti i suoi baci ; e il riflesso dell' alma ardente e altera le luceva ne i grandi occhi procaci. Pur compì sua giornata innanzi sera, come un fiore che sboccia a primavera. Quando la vidi per la prima volta forte desio di lei tosto mi prese ; r imagin sua portai ne '1 core scolta, e la fiamma a amor tutto m' accese. De r anima la pace mi fu tolta quando la vidi per la prima volta. Ma poi eh' ella mi amò tacque il mio core, ne più r affetto suo mi die dolcezze, con la mente mi volsi ad altro amore, furon mute per me le sue carezze. Vanì ratto quel lampo il primo ardore, e poi eh' ella mi amò tacque il mio core. Sotto le zolle là, ne '1 camposanto ora ella dorjne ne la fredda bara, ed io Gon tardo e inutile rimpianto bramo colèi che un dì mi fu sì cara. Quando morrò voglio posarle accanto, sotto le zolle, là, ne '1 camposanto. — 40 — le volte che di lei ripenso osi amante e bella io la rammento, attrista di dolore un novo senso ; '. in un tempo è rimorso ed è sgomento. ! il rimorso mi cruccia acerbo e intenso te le volte che di lei ripenso ! Arturo Pardo organetto suona per la via, mia finestra è aperta e vien la séra, e dai campi alla stanzaccia mia alido gentil di primavera. perchè mi tremino i ^finocchi : !0, io chino la testa sulla mano, >enso a te, che sei cosi lontano. Lorenzo Stecchetti Memorie ! ne rammenti, dei di beati, indo fanciulli lieti e ridenti, remmo i campi, corremmo i prati, ! dei dieci anni, te ne rammenti? — 41 — Della mia mente mesto desìo sono i prim' anni del viver mio ! Te ne rammenti, quando cresciuta, quando sul volto cogli occhi ardenti, t' amo, ti dissi, t' amo dicesti ; dei quindici anni te ne rammenti ? Oh ! come lieti ridono al core quei primi istanti d' un primo amore ! Te ne rammenti, quando la voce d' Italia, disse : Sorgete o genti ! Corsi sul campo, presi la croce ; oh ! dei vent' anni te ne rammenti ? delle pugne palpito ardente mi scuoti il cuore, t' ho sempre in mente. Ed oggi un anno non è compito, ed io qui piango neir abbandono ; son solo e piango ! Tutto è svanito in sogno e sparve ; per me non sono i primi giorni, 1' amor, la gloria, che una memoria... triste memoria ! L. Cempini Posta segreta. ia mamnia, te lo scrissi, ha messo cento pretesti fuori, e tiene dal Curato ; 42 1 ito. ■ 30, neanche lui sembra contento, di mezzo e' è il volontariato : in coro dicon che son pazza, dell' altro posso star ragazza ; ìono così, perchè non sanno diventa vecchi anche in un anno. lentre una volta mi giuravi lor di me, non ti premea di niente, ire diradi e te la cavi ' che studi per passar tenente ; he aspetti a chieder la mia mano abbiano promosso capitano : me, che non vivo che d' amore, za lunga è infermità di core. Carlo Benelli Larva. dorata, che il pensier colora, ggire da me, fermati ancora. vidi, pur V ho dentro il core 110 pronlo d' angelo divino ; ;orgo, libellula d' amore, spi d' amaranto e gelsumino. vidi, pur la sento ognora r col tramonto e coli aurora, r, vagolar dentro al mio core figura d' angelo d' amore. — 43 — Ha r aprile i suoi fior, V aria le stelle, e le conchiglie il mar, fulgide e belle ; dicon tutti che il suol, che 1 aura e V onda vivon per essi la vita gioconda ; ed io, che porto in sen la creatura delle gardenie più modesta e pura, ed io, che porto iu seno una celeste che d' albe e d' iri si circonda e veste ; ed io, che porto in sen la meraviglia, qual della perla sua fa la conchiglia, io passo nella vita e ognun mi dice : lasciatelo passar quest' infelice. Ah ! lasciatemi andar pel mio cammino dietro V astro polar del mio destino, lasciatemi trovar prima eh' io mora questa che mi sorride e m' innamora : larva, o non V arva, sì, V ho da trovare, perchè m' insegni a piangere e a pregare : quando la troverò sul mio cammino lieto mi sentirò del mio destino : da mane a sera tutti mi vedranno : ha la gioia nel cor, tutti diranno ; tutti diranno, * come il cor mi dice : lasciatelo passar questo felice. < Larva dorata, che il pensier colora, non fuggire da me, fermati ancora. B. Barbagallo '*^' 44 Chi non ha fede non la può dare. 1 solito, ecco qui non passa sera che tu ne trovi sempre delle nuove ! È inutile con te V esser sincera, e sfegatarsi a dartene le prove ; le cose già le pigli per traverso ; e non e' è caso che tu muti verso, ma non per questo mi voglio arrabbiare, chi non ha fede, sai, non la può dare. Ohe stia tappata in casa o eh' esca fuori tanto è lo stesso ; tu ti ficchi in capo, Dio sa, quali sospetti, e che timori : anche a far monte ritorni daccapo e giudichi di me come ti piace : da parte mia la prendo in santa pace, ma però ti ripeto a carte chiare chi non ha fede, sai, non la può dare. Guido Signorini Dannata. ai tu qual' è il partito che mi resta or che dell' amor mio ti dici stanco ? Una tunica bruna, un velo in testa ed un cordone che mi cinga il fianco, — 45 — e rassegnata a così triste sorte, la prece, il velo, il chiostro... e poi la morte. Ma nel rumor del mondo prestamente tu scorderai la povera romita, io nella cupa mia cella silente, finche mi resti un briciolo di vita, anche in mezzo al tormento e all' abbandono t' invocherò dal cielo il mio perdono. E allor che attorno al mio piccolo letto r altre devote mi faran corona, quando V ultimo spiro esce dal petto e r alma della creta si sprigiona, con estremo sottil filo di voce dirò il tuo nome e bacerò la croce. Dirò il tuo nome e mescerò col santo amor di Cristo 1' amor mio profano : da me le suore fuggiran d' accanto, nessun mi porgerà V amica mano, e dopo un agonìa, lunga, spietata, chiuderò gli occhi e morirò dannata. Enrico Fiorentino * * * uando penso che un dì mi scorderai tu che dicevi di donarmi il core, e che una dolce età trascorrerai d' altri baci contenta e d' altro amore ; — 4(i — she un giorno i tuoi begli occhi miei più non si fermeranno, mte sovra i tuoi ginocchi l' un altro giocheranno ; giuramenti infidi nel cor gioia sentìa ; ) il giorno in cui ti vidi, giorno della vita mia ! Corrado Ricci Va' e torna. Ila, che voli giuliva, n bacio e portatelo via ; r Ema sull amata riva )ra la fanciulla mia. ima suir amata sponda asciato a lei tutto il mio core, el suo tetto in sulla gronda a co' tuoi versi d' amore : i e tenera favella, a nome, o vaga rondinella; chiamala col tuo dolce pigolìo, e dille, che le porti il bacio mio. « ■ — 47 — E quando co' suoi rai languidi e molli si mostrerà d' accoglierti bramosa, allora il bàcio che fidar ti volli deponi sulla sua bocca di rosa. Un bacio ti darà la bella mia di quello in cambio che recar si sente ; tu lo raccogli e poi vientene via e torna ov' io t' attendo ansiosamente. Non curarti di nulla, il volo affretta ; torna col bacio della mia diletta : affretta il voi, non ti curar di nulla, torna col bacio della mia fanciulla. Enrico Fiorentino * * * rose de la siepe, o rose tenere passò il mio amore per questi sentieri? venticelli, o venticelli tremuli, dite, baciasti i suoi capelli neri? Di rivederla ho un gran desio nel core, o rose, dove andò il mio dolce amore ? Io la voglio guardar negli occhi belli.... Dove fuggì il mio amore, o venticelli ? Corrado Ricci 48 Meglio sola che male accompagnata. atteiie via, non ti vo' più vedere, negli occhi tuoi e' è scritto il tradimento ; trovati un' altra dama a tuo piacere, che, se mi lasci, anch'io non mi sgomento ; anzi ti dico, se lo vuoi sapere, bellini più di te ne trovo cento. E se non li trovassi, non farei come fan tante, non li cercherei, perchè, lo so, quando ci vien 1' amore va via la pace e l' allegria del core ; e se nel mondo ho ad esser tribolata... meglio sola che male accompagnata. Vattene via da me, tanto lontano, quanto la mente mia potrebbe andare, fra mezzo a noi si ponga il monte e il piano^ e se non basta ci divida il mare. Che a te ritorni tu lo speri invano, quand' ero tua non mi dovei lasciare, ora neppur se tu mi dessi un trono, otterresti per grazia il mio perdono. E Dio lo sa se t' ho voluto bene, lo sa il mio cor che s' ebbe tante pene ; ma poi che tu mi lasci abbandonata... meglio sola che male accompagnata. Marianna Giarrè-Billi 49 E quando sarò morta piangerai. ai gli occhi tanto belli, e pur non vedi^ parli tanto gentile e non rispondi ; ti voglio tanto bene e tu noi credi, e se lo credi a me non corrispondi ; ed io infelice che ti ho fitto in cuore se tu non m' ami morirò d' amore. E quando sarò morta piangerai e sempre avrai sul labbro il nome mio ; ma chi è morto però non torna mai ed è invano pregare i Santi e Iddio ; potrai soltanto coltivare un fiore sopra quello reciso dall' amore. Crescere rigoglioso al cimitero vedrai quel fior che inalerai col pianto, sarà bello gentil, e pur sereno triste emblena di me che t' amai tanto : sarà bello e gentile e tutto amore, perchè sarà piantato nel mio core. Giulio Franceschi Fuoco spento. uUa e cangiato in te dall' età bella del nostro amor. Sempre quegli occhi neri, — 50 — sempre quel crin cadente in brune anella, sempre que' labbri dolci e lusinghieri. Miracol di bellezza e leg"f^adria come a quel tempo ti ravviso ognor... ma da che non sei più la donna mia ti «ùardo, o Lisa, e non mi batte il cor. Sempre nel lampo della tua pupilla balena un ragf^io di luce celeste, sempre la voce melodiosa squilla, sempre qualcosa d' immortai ti veste. E se a caso t' incontro per la via la bianca mano tu mi porgi ancor.... ma dacché non sei più la donna mia la stringo, o Lisa, e non mi batte il cor. Quando in fidi colloquiì a noi concesso era di favellar, te ne rammenti ? Che dolce e lungo mormorio sommesso, che foga di sospir, di giuramenti ; ogni parola che dal labbro uscia era un delirio, un fremito d' amor... ma dacché non sei più la donna mia ti parlo, o Lisa, e non mi batte il cor. E quando accesi in me gli astri vivaci neir ora che 1' amor tutto sublima, tu mi chiedevi fra carezze e baci eh' io ti cantassi con più balda rima, il cor batteva e dalla fantasia pioveano i versi con crescente arder.... ma dacché non sei più la donna mia ti parlo, o .Lisa,_ e non mi batte Ìl .c(y. ^ !■,,,, ,, -..i-.ifrj' . .■■: Enrico .FioEjÈKTitNO, '^ 51 Autossia. leni a sentir che sogno stravagante ho fatto r altra notte, o mia diletta : di fosca luce, incerta, tremolante, rischiarata parca la mia stanzetta, e mentre da crudel sùbito duolo colpiti entrambi giacevamo al suolo, un chirurgo, che lì stava presente, s' armò de' ferri suoi col più tagliente. E poi che ci ebbe, senza compassione, rotte le membra, con man ferma e forte, ansioso d' indagar la rea cagione che sì presto ci avea tratti alla morte, con nuova cura e con maggior sospetto egli si diede a dilaniarci il petto... e, ve' sorpresa ! Nel tuo sen, fanciulla, trovò due cori, e dentro al mio più nulla ! Enrico Fiorentino Triste canzone. OBI idir ) che omtó i nelb) memòrie* là/se^rto sol^ perchè, piange palpita il ^tiiijb^euwe. — 52 — non dir che ogni carezza, ogni conforto è inutile per te, povero fiore ! Non dir che V alma tua bella dolente, come straniera di quaggiù si sente. Quella triste canzon più non la dire, donna, non dirlo più che vuoi morire ! Se i fior che un giorno ha flagellato il gelo non soUevasser più la vaga testa ; se non tornasser più gli astri nel cielo a scintillar, passata la tempesta; spento sarebbe in terra ogni sorriso, muto per noi sarebbe il paradiso. Quella triste canzon più non la dire, donna, non dirlo più che vuoi morire ! Francesco d' Ambra La ginestra. -' oichè deir amor mio non hai più cura, che di fede mi manchi e di parole, lontana andrò, fuggendo alla ventura, dov' è ignota la rosa e la viola ; andrò, dove senz' ombra di verzura, germoglia la ginestra inculta e sola. J — 53 — Inculta sì, ma la rugiada, almeno, col suo piatito d' amor le bagna il seno. Io, poverina, da che m' hai lasciata, son più della ginestra sconsolata : della ginestra, eh' è un deserto fiore, io, poverina, ho più deserto il core. Marianna Giarrè-Billi Non sei più quella! uando suffusa in viso di pudico rossor, mi rivelasti amor col tuo sorriso, eri gentile e bella come lo Sei pur or ; ed ahi ! per il mio cor non sei più quella ! È ver che V alma brilla nel guardo seduttor, e avviva di splendor la tua pupilla ; ma, se mi parve stella quando raggiava amor, malgrado il suo fulgor non è più quella ! — se- mpre la rosea bocca vince in profumo i fior, voluttuosa è ancor se un bacio scocca. i sua gentil favella teneramente al cor un dì mi scese ; ed or non h più quella ! vola il tempo ; e intanto mesta mi chiedi ognor perchè di questo ardor svanì V incanto. isponderti, o donzella, non ho potuto ancor, ma sento che al mio cor non sei più lineila! BlNDO BlNDI L'amor segreto. nui, t;ii vaga, eri bella, le 1 an^el più caro al Si^ore, simile a tremula stella, uà mesta pupilla d' amor. — 55 — Ma giammai ti pervemie im mio detto che dell' alma svelasse il desir... Non aveva il mio tenero affetto che il linguaggio de' caldi sospir. T' inalzai nel silenzio un altare ; e quest' alma che sempre t' amò le tue forme fantastiche e care sovra (Juello in segreto adorò. Ma trascorsero i dì dell' amore, ogni speme più lieta passò ! A che dunque s' affanna il mio core se qua in terra più nulla non ho ? Oh fanciulla !... Il mio corso fatale è già presso all'estremo confin, fu una notte mia vita mortale che non vide spuntare il mattin. O mia vergine, addio ! Ne' ridenti . giorni tuoi non scordarti di me : pensa all' ansie, alle pene, ai tormenti, di chi piange lontano da te. Ma il dolore, la calma serena mai non osi turbar del tuo cor, ed il ciel ti risparmi la pena d' un segreto ardentissimo amor. Makio Pratesi 56 ^Ic fulgidi tramonti d' amarant( tornano in ciel ma la sperai Ahi, la sua vita 1' ha passat senza fior, senza luce, e sen La mia speranza muor... Mentri ^ù nella tomba le braccia : ripetendo sommessa i vecchi ce a r albe fredde, ai tramonti Cor No, più non m'ami ^el primo amore i palp: sovra il tuo sen contai ; e furon' ore d' estasi che non si scordan mai ore in cui lieti parlano g-Ii astri, la terra e il r in che ogni voce all' aii eco di cielo appar. — 57 — Era il sospiro un alito d' aura che i fior non tocca ; erano fiamma i trepidi baci della tua bocca : e negli sguardi V anima ti risplendea^ così come neir onda tremula splendono i rai del dì. Ed ora?... Nel silenzio della negletta stanza, donde per me fuggirono la pace e la speranza, sola rimango a gemere sul fato mio quaggiù, con la certezza orribile che tu non ni' ami più ! No, più non m' ami ! A dirmelo dischiudi il labbro ingrato : sien questi detti V ultima pena d' averti amato. E se innocente un giglio trovi sul tuo cammin, non lo sfogliare, o barbaro, pensando al mio destin. Carlo Benelli ■ - 58 i Lontananza. uando al raggio lunar, pallida e bella a mia fanciulla sul balcone uscìa, io soleva cantar giù per la via : ^ Mi sono innamorato d' una stella. „ Ora è deserto il memore balcone, or non echeggia più la mia canzone : la vaga stella è tramontata un giorno, ed io fedele aspetto il suo ritorno. Francesco d'Ambra Non ho che te!. ra che sai comprendere, cara al mio cor soltanto, r affetto che nell' anima dolce m' ispiri, e santo, pensa, ne' brevi giorni quando al mio sen ritorni, eh' io vivo in solitudine e non ho più che te ! — 59 — f Sul capo tuo si versano, commiste ai fior degli anni, le mie memorie, balsamo è il tuo virgineo riso, raggio di paradiso rompe le folte tenebre eh' altri addensò per me. Felice un dì, le trepide braccia ti tìa concesso, mia gentil, dischiudere a più soave amplesso. A' rosei sogni ardente volgendo allor la mente, conforti inenarrabili ritroverai sol tu. Ma, per qualunque tramite desìo t' adduca, o speme, non obliar le rapide ore vissute insieme. Altra dal labbro mio non avrà prece Iddio, che ognun ti serbi i palpiti eh' io ti serbai quaggiù. Carlo Benelli / 60 Amore è cieco e vede da lontano. ^ nventale più belle che tu sai, menami in casa chi ti tien di balla : son conti fatti senza 1' oste, e ormai la verità 1' ha da venire a galla. Per darle a bere a me, per darle a bere, ci vogliono altri giri, altre maniere ; perchè vent' anni non li ho spesi invano e amore h cieco e vede da lontano.. Piuttosto se di me ti sei seccato, trovi da ridir sul conto mio, parlami franco, ognuno ha il suo peccato ; però come sto dentro lo so io. A petto alle altre costerò pochino, ma tanto da non far da comodino ; perchè vent' anni non li ho spesi invano e amore è cieco e vede da lontano. Guido Signorini Sempre insieme. iuando con flebile soave accento io t' amo, credilo, dicesti a me, — 61 — segreto un palpito, da quel momento, con dolce vincolo m' univa a te. E come V angelo, che fida e pia neir uman tramite scorta ci fa, teco immutabile 1' anima mia, compagna tenera, sempre starà. Se mite V aura della tua vita, spirando ingenua, consola il fior, di gioia air estasi pura e gradita insieme schiudere potremo il cor. E se di torbido velo s' oscura r astro che illumina il tuo cammin, sfidando impavida duolo e sciagura saprò dividere il tuo destin. Come due rondini che vanno insieme in più benefico lido a posar, come d' un limpido rivo che geme, r onde discendono congiunte in mar, noi da un medesimo voler portati andremo unanimi nel mondo ognor, e fidi spiriti innamorati, godremo ascendere nel cielo ancor. Marianna Giàrrè-Billi 62 lo non amai fìnor. non amai linor, perchè un sorriso non vidi mai che m' inebriasse il core, non vidi un guardo ancor di paradiso, come mei pinse in sogno un giorno Amore. Ma se r incontro quel celeste viso — e Dio sa se lo cerco a tutte V ore ! non voglio dirgli : io t' amo, ma t' ho amato fin da quando il mio core fu creato. S' ei mi risponde che non vuo' il mio core, io piangerò da estate a primavera, e quando sarò vinta dal dolore, perchè il mio cor non mi dirà più: — Spera !.. andrò a trovarlo, e senza odio e rancore: mi guarda, gli dirò, s' io son com' era ! Poi gli occhi chiuderò con un sorriso e volerò tranquilla in paradiso. Francesco Ravioli Imo cordis. Dra le nubi io ti cerco e fra le stelle, ove s' indoran nuvolette snelle. l.pliJl ^^' 63 ove più tetra mugge la tempesta, ma non ritrovo la tua greca testa. Se udrai della foresta il cupo grido, ed il vento ulular di lido in lido, degli astri la mistica armonia che è sublime del cor malinconia ; deh ti parli, beli' angelo quel canto i lamenti del core e il vano pianto che amaro sgorga sempre eh' io ti chiamo e dico errando forsennato ; Io t' amo ! Eugenio Cave l^)anciulla, ricordi quei giorni d' aprile che meco, gentile, parlavi d' amor ? Neil' alma, nel core che sogni beati ! Nei campi, nei pmti che effluvi di fior ! ,'i-.(..\N()p^'.afH^i__.^p;i ficorsi,.. -:, , — t>4 — ci aiTÌde il creato com' era in quei dì : ma a noi più, fanciulla, nel volto, nel core bellezza ed amore ritornan cosi. Dal fato, dagli anni deluso, scorato, sol oggi m' è dato quei voti compir. Fanciulla ricordi quei giorni d' aprile ? Meglio era, o gentile, quei giorni morir ! L. U. Tarchetti , Dfs ailes ! „ Michelet Slssere un Silfo ! E volare e volare lungo le vie rosate all' oriente ; sovra le spume candide del mare scorrer sereno, gaio e confidente... E cullato dai zefiìri sognare baci d'amore e vergini scherzose... Essere un Silfo! E volare e volare ! 65 — Essere un Silfo ! E volare e volare ! interrogando i languidi ti"amonti ; le nuvolette d' oro accompagnare ne' quieti viaggi agli ultimi orizzi E cullato dai zeffiri sognare aifetti, ebbrezze e profumi di Essere un Silfo ! E volare e Salvatore Fj Un prezioso ricordo. ^Ico non posseggo che un capello d' di quella bionda sua testa divina ma più caro l' avrei d' ogni tesori se di lei fosse dono e non rapina Un sol capello non scema decoro al crin che 1' orna come una regi pur un capello sol eh' ella mi do mi dona un raggio de la sua cor Qual violetta, che tra 1' erbe uscìa d' un loco ameno di bei fiori ado io serberò questa memoria pia d' un dì che forse non avrà ritor: Come lo stame de la vita mia caro r avrò fino a 1' estremo gior e mi sarà, quando più amor m' ii la corda piii gentil de la mia lir 66 — ijenti un amoroso a sua l'aspetti a l'ara l beato sposo ;a memoria cara. Antonio Pebetti di porta. ì due siepi in fiore i romita via ; mge il dì che muore, con lei r anima mia. ; che mi circonda, ne profonda, ;or questo sgomento... : t' amo e mi rammento. Francesco d' Ambra 67 Donna, vorrei morir.. onna vorrei morir, ma confortato dall' onesto tuo amor ; sentirmi almeno una sol volta amato senza averne rossor. Vorrei poterti dar quel po' che resta della mia g'ioventù ; sovra r omero tuo chinar la testa, e non destarmi più. L. Stecchetti Risposta al vorrei morire. on dirlo più che tu morir vorresti a primavera e nell' aprii degli anni... Tanto crudel come lasciar potresti me solo in vita ed in im mar d' affanni ? No, spenta non è già nel tuo bel core quella fiamma gentil che accese amore, .'Vi — 68 — vorrei morir, non dirlo più se m'ami, dimmi che sol con me tu viver brami. Viviamo insiem e ti parran più belli l'aure d'aprii, e il ciel sereno e i fiori... Udrai più lieto il canto degli uccelli, il prato avrà per te più bei colori. Se spenta non è già nel tuo bel core quella fiamma gentil che accese amore, vorrei morir, non dirlo più se m' ami, dimmi che sol con me tu viver brami. L. Stecchetti Vani voti. erchè, perchè negli anni di tua vita fiorente non ci scontrammo, o donna ? Il cor mi batte con moto più frequente, a figurar le intatte tue sembianze virginee r ingenuo viso e il guardo umile e pio. Ah ! perchè non m' è dato coronarti d' un raggio immacolato, ricomporti sull' ara, idolo mio ? n so s' io ben rammenti, ma un dì della mia vita — 69 — panni d' averti vista, giovinetta : e le rote fuggenti d' un cocchio t' involaro agli occhi miei, lieve e rapida come foglia di fiore che si porta il vento. Con che pallido viso, con che occhi soavi una dolce d' aprile alba miravi ! Io tutto il dì coir anima infra mesta e giuliva andai raffigurando quella vaga sembianza fuggitiva, quel bianco viso, quello sguardo blando or nel mirarti dì quel dì lontano si rinnovella in me sempre il desìo.... Ah ! perchè non m' è dato coronarti d' un raggio immacolato, ricomporti sulF ara, idolo mio ? Enrico Paszacchi Non so far altro. ^^on so far altro che volerti bene, non so far altro che pensare a te : sempre alle labbra il tuo nome mi viene, sempre, sempre tu sei, donna, con me. — 71 — Ma jjuarda, guarda un po' com' è carino, dagli un baciò, accarezza il tuo bambino. Non dici una parola e te ne' vai ? Ah ! Dio non paga, il sabato, vedrai ! Arturo Pardo Chiamatelo destino. ^iSlo scontrai per la via ei tenne nssi i grandi occhi su me; sparve, e non so qual sia la sua patria, il suo nome e la sua fé. Ma quel suo sguardo fiso io veggo sempre cogli occhi del cor : misera, e in ogni viso l' incognito suo volto io cerco ancor ! Uè' labbri suoi 1' accento ignoro, ma sto spesso ad origliar, se me lo rechi il vento da tiualche plaga di lontano mar. Del mio moital cammino egli è la mèta oscura : altro non so... Chiamatelo destino, sento che 1' amo, e sempre 1' amerò ! Enrico Panzacchi 72 — Cascine. ' ilPM 3iie gentili e ombrose, pien di margherite ; ti e querce annose ; ogni. fior guernite. perchè ne '1 folto r ho baciata in volto ; 1 fragrante pmto : la detto, e m ha baciato ! Vbhturino Camaiti 'ollìel i vortici ;a danza se m' ami, sggiar ; il palpito ueiiH speranza, eli' è la gioia di sempre amar. J • — 73 — Tu Tieni, abbracciami stretta al tuo seno, moviamo libero veloce il pie ; io sarò celere come un baleno vezzosa e gaia sarò con te. Ambo delizie d' ignoto eliso libato abbiamo dal nappo d' or, e quelle gioie come nel viso così splendeano nel nostro cor. Leggera V aura sfiorava il crine ed il tuo labbro sul mio posò, sentì pur fremere r ansie divine, r ansie che amòre nel sen spirò. Meco fra i vortici di lieta danza vieni, se m' ami, a folleggiar; — 74 — la vita è il palpito della speranza, eli' h la gioia di sempre amar. E. Mendola. Perchè». jl^ iimmi perchè se alla campagna io sento un suono, un canto, tu mi vieni in mente?... Dimmi perchè se guardo il firmamento in ogni stella tu mi sei presente ?... Dimmi perchè da qualche dì mi pare che il mondo non sia fatto che di te?... Te ne' fior... te nell' aer... te nel mare... Sorridi ?... Dunque tu lo sai perchè !... Alkarpo Aj,kardi La prima lettera. Scrivere io ti volea più lungamente com' è degli altri innamorati usanza, 1 dolce stil d' un' anima che sente, su carta verde pari alla speranza ; — 75 — ma cento moti sconosciuti ancora han fatto trepidar la penna mia, il foglio sotto gli occhi si scolora e mi svanisce in sen la fantasia; la fantasia V e come il fior d' aprile che vive d' aure tepide e gentile : ma per soverchio ardor, come quel fiore illanguidisce, si disfoglia e muore. Carlo Benelli I Fiori. Io amo tauto i fiori. ^mali i fiori, o creatura bella, che sovra tutti tu riporti il vanto ; sul tuo labbro fiorisce la favella ingenua e schietta, ed ha sì dolce incanto che s'io mi fossi un fiorellin del prato vorrei posar sul labbro innamorato. Amali i fiori, o dolce creatura, che n' hai dipinto il bel volto divino, ti die la rosa il vivo fuoco, e pura la sua bianchezza il candido gesmino ; e s' io mi fossi un fior di primavera, vorrei posarmi sulla treccia nera. ii-adiso ; lUi il j^iglio, latemo viso e r altro figlio. » giardino anch' io angiolo mìo. santa, m t' ho scordata ; le in petto, è tanta i consumata, iorellin d' amore, atte il core. i' amore ; irioletta al mio dolore ; anche m' alletta IO cupo verde : i speranza perde ? )ella, miti i fati lorosa stella ;i innamorati, d' amore immai non muore. lOF. F. Balduzzi I I 77 Ad una Giovinetta. ^a!^ aolina^ tu il sai, dopo quei colli pieni d' olezzo e facili a salire si spiana un lago lieto d' aure molli, ma che infuria talvolta e fa morire. Or che siam soli, e eh' egli se n' è ito, di' dopo il bacio che ti die per via (Bimba, non mei niegar che 1' ho sentito) dopo quel bacio sai cosa ci sia? Alfardo Aleardi Fuori del seminato. oichè lo vuoi, non mi farò pregare ti canterò un rispetto montanino : dirò che gli occhi tuoi color del mare, la rosea guancia, il labbro porporino, la bionda chioma e del tuo riso il vezzo sono tesori che non hanno prezzo ; sono tesori che per farli miei se fossi re, lo scettro cederei. 1 — 79 — e fin che aperti gli occhi tuoi saranno i dolci versi miei ti culleranno. Ma t' ho promesso un canto montanino, e invece sono fuor del seminato^ riprenderò da capo il mio cammino, oggi però mi sento affaticato : udrai domani la canzon natia di cui risuona la montagna mia ; udrai domani il montanin rispetto \ oggi perdona, e scorda quel che ho detto. ] I Enrico Fiorentino \ * * * otto un' ombrosa pergola seduti ci parlammo d' amor V ultima volta, giù per le spalle della mia dolcezza la bruna chioma discendea disciolta. I sogni della nostra giovinezza sul fior de la ridente età perduti, noi salutammo insiem 1' ultima volta sotto un' ombrosa pergola seduti. Corrado Ricci ■fi — 80 Triste ritorno. ;; ornai ; le tue finestre ho salutate, ma son chiuse, deserte e senza un fiore, ho chiesto di tue nuove e me Fhan date^ ma così tristi che men piange il core. E m' hanno detto, ahimè ! che più non sei la dolce amica, de' prim' anni miei ; la dolce amica, che a' prim' anni amai e scolpita nel cor sempre portai. Ognun mi dice che sei tanto bella ma che facil si dona il tuo sorriso ; non più specchio del cor la tua favella, non più dipinta 1' anima nel viso. Il dì del mio ritorno è giorno amaro, addio lusinghe d' un sogno mio caro !... Oh ! men triste il mio cor, se alla tua porta m'avesser detto: — Non cercarla, è morta!... Enrico Panzacohi Tu ed io. IJ J ^* u sei r aurora ed io sono la notte te fresca come fiore appena nato. — 81 — io triste e stanco di continue lotte ; tu sogni forse un avvenir rosato, io veglio e piango a lacrime dirotte... tu se' r aurora ed io sono la notte. Tu se' ruscello, io tempestoso mare ; tu se' ruscel che scorre in mezzo al prato e in seno al fiume scende a riposare : io son mar senza porto condannato a frangermi fra scogli ed ululare, tu se' ruscello, io tempestoso mare. Ahi! ma la notte ha stelle e perle il mare, io non ho niente più fanciulla mia ; le mie speranze veggo tramontare r ore più belle io veggo volar via e i dilettosi inganni dileguare... Ahi ! ma la notte ha stelle e perle il mare. S. De CmARA Alia mia fanciuiia. A\ non è vero, che il primo amore è la più santa luce del core? Fra tanto avvolgersi d'affanni e guai tutto si scorda, ma quello mai ! Desso ci segue fino all' avel, e poi più bello rivive in ciel. — 82 — Di' non è vero, che in questa vita di tanti e tanti dolori ordita, saremmo poveri, poveri molto ; se ancor 1 amore ci fosse tolto? Forse la nostra gioia maggior dimmi, fanciulla, non è V amor ? Non è d' amore che il mondo intero parla nell' intimo del tuo pensiero ? E quando questa flebile nota per te suonava, lontana, ignota', di', non t' avvenne mai di pensar che prima o dopo bisogna amar? . Simile ai giorni del pellegrino, sovra deserto fosco cammino scorre la vita di quei che in petto non sente 1' alito d' un caro affetto ; io vorrei cento volte morir * pria che dividermi dal tuo sospir ! Oh no, fanciulla, credilo, sai, dimenticarti, non potrò mai ! L' ardente affetto che a te mi lega ha tal un fascino che non si spiega ; e ne' più tardi remoti dì t' amerò sempre, sempre così ! E tu in ricambio dimmi che in core com' io lo sento, senti 1' amore, dimmi che scordi per me ogni duolo, che il primo palpito t'accesi io solo, che desso è vergine, puro, sincer, e eh' io son 1' astro del tuo pensier. — 83 — Dimmi, neir estasi d' amor rapita, che in me compendi tutta la vita. È ver, che queste cose dilette più d' una volta me V hai già dette e eh' io le porto scritte nel cor, ma pur fanciulla, dimmele ancor ! Dimmele ancora, perchè ogni volta il cor con nuova speme V ascolta. Suir orizzonte delF avvenire ciò che ci aspetta non si può dire ; ma sovra il nostro mortai cammin, avverso o prospero volga il destin, stretti nel nodo d' amor più santo, saprem dividerci sorriso e pianto. Abbi costanza, fede, e più bella vedrem rifulgere la. nostra stella, che ancor celata sott' aureo vel se ne sta timida, timida in ciel. Avversa o prospera volga la sorte, sì. tuo voglio essere fino alla morte ! L ardente affetto che a te mi lega ha un tal fascino che non si spiega; e ne' più tardi remoti dì t' amerò sempre, sempre così ! Enrico Fiorentino 84 Ritorno. "^el capo suo che follemente amai, e pel dolor eh' ei mi costava appresso, che non m' avrebbe riveduto mai, alla vindice Diva io avea promesso ; ma un giorno un servo entrò dicendo : „ Ei viene „ e caddi a terra come fa chi sviene. Venne, guardommi, lo rividi in faccia... e intorno al collo gli gittai le braccia. Maria Ricci-Paternò-Castello Tardi !.„ uando il mio petto d' un segreto e santo incendio ardea per te senza uno sguardo mi passava accanto, senza un pensier per me. L' anima confidente a te s' aprìa, ma tu, ignaro o crudel, r affettuosa fanciullezza mia circondasti di gel. — 85 — Or vieni, e parli al mio povero core, che in tanto oblìo languì; e dal sepolcro suo chiami V amore di quei lontani dì. Vanne : 1' amor che un giorno io t' avrei dato risorger non potrà; eternamente ci divise il fato, eternamente : va !... Eterico Panzaccm October. uoio! Cantan le allodole ferme sulF ali del profondo ciel, e il sol d' ottobre tepido albeggia e rompe della nebbia il vel. Caldo di vita un alito sale fumando dall' arato pian ; muoio ! Cantan V allodole e le giovenche muggon da lontan. La vostra lieta porpora, roselline d' inverno, io non vedrò, le carni mie si sfasciano... domani al mio balcon non tornerò. Lorenzo Stecchetti 86 Ebbrezza d' amore. ual ti mostrasti, o Nina, jersera agli occhi miei! — Non è mortai costei - io ripetea fra me. Fosti maggior sovente d' ogni beltà più rara : ma questa volta, o cara, fosti maggior di te. Cantasti : alle tue note ora giocose or meste, di voluttà celeste ogni anima s' empì. Qual' altro labbro inspira tanta dolcezza e tanta V Anima mia, deh canta, deh canta ognor così! Ballasti : e mentre erravi qual zeffiro sui fiori, battean d'intorno i cori i moti del tuo pie. Rapito, inebbriato, al plauso universale ; costei non è mortale, io ripetea fra me. — 87 — Quasi ti vidi in fronte splender d' amor la stella ; e ogni emula donzella contusa si arrossì. Tutti dicean: — Le cede fin r agile farfalla. — Anima mia, deh balla, deh balla ognor così ! Sonasti : e V arpa istessa parve aver sensi e mente ; e r oscillar frequente sì palpitar ci fé, ch'io ne sclamai rapito in estasi divina: — Ah, questa volta, o Nina, tu sei maggior di te. — Di Saffo, di Corinna^ l'incognita magìa, degli astri 1' armonia, nella tua man si unì. Quasi ti vidi in fronte d'Euterpe la corona. Anima mia, deh suona, deh suona ognor così !, Ma tu sorridi, oh riso che quasi al ciel m' inalza ! Chi, sul mio cor che balza, tanto poter ti die? — 88 — Ah ! quel eh' io provo, o eara, eome ridir potrei? No, tu mortai non sei ; troppo lo sento in me. Sia benedetto il caso che a te mi rese amante ! Amore in quest' istante il mio desìo compì. Con quel sorriso, o bella, m' innebrii, mi conquidi : anima mia, sorridi, sorridi ognor così. Tu m' ami ed io ti adoro, benedicendo il fato : t' adorerei prostrato (juand' anche io fossi un re ; che ti éolmò natura di cento pregi e cento ; ed ogni giorno io sento che sei maggior di te. Tu m' ami, e il santo Imene, eh' io sospirando invoco, consacrerà fra poco quel laccio che ci ordì ; ed io t' adoro, e bramo giurarlo a pie dell' ara : amiamci dunque, o cara, amiamci ognor così ! *' Gabriele Rossetti — 89 — \C^.'J Angelo ! uando mi sento stanco quando il mio core è morto, così, così sorridimi, mio angelo bianco ; e mi vedrai risorgere. Quando triste son io, quando un cupo sconforto leggi in me, così stringimi, così, angelo mio ; e mi vedrai risplendere. R. Salustri Ultimo amore. jp^nche una volta ai facili. estri e all' arcane fantasie del canto io m' abbandono, o gentil mia, i)er te, e al dolce^riso, al timido tuo detto, dei languenti occhi all' incanto la virtù antica si risveglia in me. — 90 — Dimenticato il garrulo rumor del fóro, io torno ad ogni sogno della mia prima e già fuggita età ; e per affetti incogniti il cor mi trema, e ad una gioia agogno, che, a dirla, accenti il labbro mio non ha. Che se li avesse, o ingenua, non t' oserei di rivelar V ascosa idoleggiata idea che vive in me : forse al tramonto volgere non sento gli anni ? Forse è una sol rosa nella ghirlanda che offro in dono a te ? Bella tu sei, tu giovine, tu d' ogni grazia ornata ; e pur circondi di un velo melanconico i tuoi dì ; sopra il tuo spirto il turbine forse è passato di dolor profondi? Forse aneli ad un ben che non è qui ? Io, quando taci e il pallido tuo viso d' un pallor novo si veste, e chini gli occhi sospirando al suol, io ti contemplo in* estasi, # quasi fosse uno spirito celeste, che sta per sciorre al ciel, sua patria, il voi. — 91 — E dico : — In quali aerei sogni si perde V irrequièta mente ? Quando posa il suo core avrà quaggiù? Chi mai potrà comprendere tutto il secreto di quelF alma ardente ? Chi udir : — Se m' ami, V amor mio sei tu ? O sospiri o coUoquii fidati, o lunghi baci, o novi incanti o sommo ben d' un ricambiato amor ! Ma ove il pensiero indoinito mi trasse ?.. donna, già non m' odi, e innanti ti veggo a me pensosa e muta ancor. Torni air antica polvere quest' arpa inutil, poiché un sol pensiero un sospir solo non invola a te. O vision d' un rapido, istante, addio per sempre !... Il mondo intero silenzi e solitudini ha per me. Guglielmo Raisini Amore. rv, J^m la cardenia nata ne '1 giardino, a la cardenia candida. — 92 — chiedo : Chi ti donò bellezza, odore ? E la cardenia mi risponde : Amore. A la farfalla, che svolazza lieta su' 1 fiammante geranio, chiedo : Chi ti donò vita, colore ? E Ija farfalla mi risponde : Amore. A la fanciulla, che fra i ricci biondi si acconcia una camelia, chiedo : Che cosa dice a te quel fiore ? E la fanciulla mi risponde : Amore. A' 1 pastor, che sorride e che sospira fisando una casupola, chiedo : Che senti ? Chi ti parla a '1 core ? E il pastorello mi risponde : Amore. A r occhio tuo fulgente, angelo mio, a .r occhio tuo ceruleo, chiedo : Chi ti donò tanto splendore ? E r occhio bello mi risponde : Amore. Vetturino Camaiti * ella fanciulla dai grand' occhi neri come carboni, sempre rilucenti che infiammano d' amore e dàn pensieri d' un paradiso che non san le genti. - 93 nel tutta cupo fondo de la tua pupilla L 1 anima io verso a stilla, a stilla. Hai le tumide labbra di corallo e vi biancheggian due file di perle ; tra le gemme potrìan sotto un cristallo accendete il desìo solo al vederle ; no, che tesor non ha più vago il mare, io con un bacio le vorrei rubare. Ove tu guardi, o bella, nasce un fiore, e dove passi, un fiore a te s' inchina : o dea discesa, ti conduce amore che teco a paro a par sempre cammina, e frecciandomi il cor mi fa beato.... jii sì dolce morire innamorato ! Eugenio Cave Ricordo. ^I^'ei tu, fanciulla, che mMnfiammi il core, che mi scaldi la mente, e la mia lira già stanca d' inneggiar per folle .amore oggi s' inspira. Per te, che bella m'apparisti innante nel tuo pieno splendor tanto divina, riprese lena, le ritorte infrante, r alma tapina. , - 94 - Modesta come il fior che in sulla sera s' asconde fra le foglie infin che il sole ritorni a risvegliare in primavera le nostre aiuole, ti vidi il primo dì; ma quindi in petto altra speranza forse, altro desìo venne a turbarti l'alma e al primo affetto dicesti addio ! Eri più bella allor, che nel tuo velo ravvolta come nuvola d' argento che passa sotto il sole e via pel cielo la spinge il vento, solinga andavi, e nel raccorre un fiore per salvarlo all' ardor di un sol cocente, ti sovveniva mestamente in core r età fuggente. Cantavi allora per V ombrosa riva dolci note d amore, e 1' armonia dall' innocenza uscita, al ciel s' apriva diritta via. Così beltade a miti vezzi unita e tale incanto che nel cor matura r amor non folle che al gioir e' invita e al mondo dura. Oggi tranquilla, all' avvenir fidata^ com' aquila sorvoli alla pendice ; e sol ti curi di saperti amata, sogno felice ! — 95 — Ma dell' amato il cor scrutar uon preme a troppo bella donna, e mal si affida al suo rapido voi finche la speme in cor le arrida. Poscia comincia il pianto, e nella pena ogni gioia passata, ogni desire, va tosto con la vita, or or serena, ad imbrunire. Se ti fai triste al mio dolente metro, ne sai spiegarti come d' improvviso volger vedessi in avvenir sì tetro un paradiso pensa... e vedrai che amor non sempre giunge rapido al cor di giovinetta umile quando le sfiora il viso, o il cor le punge aura d' Aprile. E. BuOlS AMICI Chi nasce Lupo non muore Agnello. IJ e lo badavo a dir, te ne rammenti? Metti una volta, via, testa a partito, i miei di te non son punto contenti, ne voglion eh' io ti prenda per marito. — 96 — Ma tu con tutto il ben che m' hai vantato^ hai fatto sempre il sordo e lo scapato ; hai fatto la medesima vitaccia, fin che un bel dì ti chiusi l' uscio in faccia ! Ora mi mandi a dir proprio sul serio che sei pentito e cambiar vita intendi, che mostrerai d' aver core e criterio.... Ma a me, carino mio, non me ne vendi ! Ormai conosco di che panni vesti, e a far peggio di prima torneresti : per te alla porta mia c'è il chiavistello, chi nasce lupo, sai, non muore agnello ! Enrico Fiorentino Acqua in bocca! P ^©'he e' è chi non ti lascia ben avere, e ad ogni passo vuol guardarti a vista, io faccio finta di non lo sapere, e tu puoi creder quanto ciò mi attrista. Più che ci penso e più me ne va il core eh' io non t' abbia a costar qualche dolore. Ed hai ragione a dir. come si dice, che r amor da lontan non e felice ; ma pazienza ci vuole, e pensa in fondo che non e' è rosa senza spine al mondo. — 97 — Dio sa se ti vo' bene, e sta' sicura che non lo può scemar la lontananza ; però finche tra noi così la dura, ci resta sempre un filo di speranza : ci resta, non foss' altro, in noi celato il desìo d' un amor senza peccato, il desìo d' un amor, che prima o poi ha da finir come vogliamo noi. Per una goccia anche un -bicchier trabocca pazienza per adesso ; ed acqua in bocca ! Gino Orsi-Dugini Suir uscio. overa Lena mia tutte le sere penso : qui vidi il feretro passar. Gridava un prete : — Lesti, il miserere ! — E il medico : — Ha cessato di penar ! Due fanciuUine attonite guardando dicean: - Mamma, che pompa, che splendor! E due vecchietti il requie borbottando : — Povera tosa, de' suoi dì nel fior! — Parmi ancor di vederli, i lumi in seno al denso buio scomparian laggiù. Mormoravan le labbra : Una di meno ! Ma il mio cor dentro : Un angelo di più ! Enrico Panzacchi 98 Se avessi l'ali! e r ali avessi per poter volare di qui lontana andarmene vorrei, bramerei tutto il mondo visitare e tante cose poi racconterei; racconterei fra V altre cose belle quanti fiori ho veduto e quante stelle. Nelle vallate e sui monti scoscesi i più lontani, andarmene vorrei, mi crederiano un angelo nei paesi sovra i quali volando io passerei ; ma un angelo non son, ne so volare, quel nome in terra non mi si può dare. Forse im angel sarò quando disciolta fia r alma mia da questo vel terreno, forse allora potrò nell' ali avvolta levarmi a contemplare il ciel sereno : ma in terra allora non potrò tornare tutto quel che ho veduto a raccontare. Eva Cattermole Acqua cheta rovina i ponti. IJ 'incontro alle Cascine, abbassi gli occhi, t' invito a veglia e ti ficchi in un canto ; — 99 — mi segui in chiesa e stai sempre in ginocchi con una cera da dar giunta a un santo. Che questo è il modo di fare all' amore r insegna alla dottrina anche il Priore ; ma quando sto a aspettarti alla finestra sai tu che cosa dice la Maestra? „ Bada bambina mia, che in fin de' conti è r acqua cheta che rovina i ponti... „ Da un anno le mie fedi 1' ho levate, e tu i fogli gli aspetti da lontano : tre amiche mie si son già maritate io son qui sempre colle mani in mano ; e se alla scuola indugio un sol momento, perchè non dormo più dallo sgomento, « 1' altre ragazze lasciano il lavoro mi guardan fisse e bisbiglian fra loro : „ Oh ! la Maestra li fa giusti i conti, è r acqua cheta che rovina i ponti ! „ Carlo Benelli Kon me lo dite! {Teli me noi thatf.,) itemi che il Signor tutte le cose ha ricoperte d' un funereo vel. — 100 — ditemi che V aprii non ha più rose, che d' ogni stella è vedovato il ciel ; ma non mi dite, misera, che mai io più noi rivedrò ; voi non sapete di che amor lo amai, e quanto egli m' amò.... Ditemi che più in terra non m' avanza che una lunga giornata di dolor, sopra r occaso d' ogni sua speranza piangerà mesto e rassegnato il cor; ma non mi dite, misera, che mai io più noi rivedrò ; voi non sapete di che amor lo amai, e quanto egli m' amò ! E. Panzacchi Un sogno. ra la mezzanotte ed io sognava, sognava che giacca sul cataletto, e mentre all' altro mondo io mi trovava sentìa che il core mi batteva in petto. :M^ aveano avvolta in un lenzuolo bianco la croce al petto, ed i giacinti al fianco — 101 — giacinti è ceri, e in mezzo er' io distesa ad aspettar chi mi menasse in chiesa ; * chi mi menasse in chiesa non veniva, ed io sotto al lenzuolo irrigidiva. Giovinottino V ho veduto bene come tu singhiozzavi a me d' accanto, la morte non mi die simili pene, simile a quelle che mi die il tuo pianto: e comunque parca pallida, e brutta, ossuta, tetra, ed aggrinzita tutta, voleva dirti che la morte è bella, volea mentire e non avea favella. Quando si ama e s' è cotanto amata bella la morte non mi è mai sembrata. G. Testini Te sola! a te limgi, caro bene, non avrò conforto alcuno e dirò : Fra tante pene non mi resta più nessuno ; \ - 102 — solo a te lo spirto vola, • io non amo che te sola ! Quando lugubre e leggera la campana suona 1' ora che rammemora la sera, il sorriso dell' aurora, mesto r animo sorvola ed io prego per te sola ! Prego, e supplice al Signore io mi prostro e raccomando che dia tregua al mio dolore ; e quel bacio che ti mando tu r accetta, ti consola eh' io lo mando per te sola ! G. Gloao I miei amori. ^mo r alba che s' irrosa in un ciel di primavera ; amo il mar che senza posa frange il flutto alla scogliera amo i pallidi tramonti quando il sol co' raggi d' or bacia il vertice dei monti e in quel bacio se ne muor. — 103 — Amo il fior di campo, e quelli che in giardin rimanda Aprile ; amo i dolci ritornelli della rondine gentile ; amo r alito del vento che mi viene a carezzar, e il ruscel che lento lento reca il suo tributo al mar. Amo il cervo che saltella, giù pel piano, su pel monte, amo il cigno che s' abbella or nel lago ed or nel fonte ; amo il suon d' amica lira che mi giunge da lontan, e il tapino che sospira e per via mi chiede il pan. Della luna amo il pallore, e le tenebre silenti ; amo il mesto trovatore nelle rime e nei concenti ; amo il bello, amo V onesto, della gloria amo la via, ma assai più di tutto questo amo te, fanciulla mia. Enrico Fiorentino 104 L'erba si conosce al seme. e tu sapessi il bene che ti voglio, d' intorno a me non ronzeresti mai ; per arrivare a smovere uno scoglio forza ingegno ci vuole, e tu non V hai. Così glie tempo perso inutilmente, è un voler che di me sparli la gente; amici, dunque, amici se tu vuoi, ma a conti pari, e ognun pe' fatti suoi. Grazie alla mamma mia, che me li ha fatti gli occhi mi servon di lontano un miglio : le ragazze lo so come le tratti, e r agresto per uva io non lo piglio. Il meglio che puoi fare, a parer mio, è girar largo e ringraziare Dio : di menarti per bocca non mi preme, che tanto V erba si conosce al seme. Gino Orsi-Duoini on pianger, non gioir se nella muta faccia mi vedi i segni dell' affanno : — 105 — io non mi dolgo d' averti perduta, e lacrime per te gli occhi non hanno. Se volgo indietro il guardo sconsolato, non cerco te fra V ombre del passato ; cerco un sogno gentil della mia mente, il resto, o cara, è meno che niente ! Non piango te, ma la gentil sembianza di che fantasìando io ti vestìa, e i miei fervidi sogni e la speranza eh' anco una volta il viver mi fiorìa : piango i più caldi baci del mio core dati a due labbra che mentìan d' amore ; piango un sogno gentil della mia mente, il resto, o cara, e meno che niente ! Enrico Panzacchi * Belle che siete uate in paradiso N'andai cercando di cogliere un fiore. Canti popolari toscani. bocciato allo spirar d' aura leggera, odoroso, leggiadro e gentilino, me lo daresti un fiore, o Primavera, dei tanti che fan bello il tuo giardino ? Lo poserò sopra ima chioma nera, a un core amante lo porrò vicino. — 106 - E' sentirà come quel cpre in Detto palpita mosso da soave anetto ; palpita mosso da desìo sincero^ come fa sempre amor quando gli è vero ; oh dammi, dammi un fiore, Primavera, pel core amante e per la chioma nera! Coglilo pure nella siepe, al prato, giù nella valle o in cima alla collina, coglilo quando il sole e tramontato, o quand' egli si leva la mattina ; purché sia bianco bianco e delicato nelle sue foglie, come neve e brina. Fra i veli d' una candida cintura, il fiorellino tuo farà figura, che la purezza del siio molle stelo s' addice a quella del più casto velo. Ma se alla sposa si vedesse il core, scomparirebbe lui, povero fiore ! Marianna Giarrè-Billi Nembi d'estate. anciuUa mia, V hai tu veduto il nembo uando d' Estate avvolge là natura ? ' alza la polve su dell' aria in grembo, guizzano i lampi, il ciel tutto s' oscura, — 107 — e crescono la tema ed il frastuono, la pioggia, il Yento, ed il fragor del tuono. AUor del tuo giardin gemono umili suir incurvato stelo i fior gentili, allor d' ogni elemento in tanta guerra, sono i tuoi vasi capovolti a terra : e a quella desolata, orrida scena ti serpe lo sgomento in ogni vena. Ma se in breve ti volgi e guardi il cielo, laggiù, laggiù,* vedrai come un sereno strato, che rompe delle nubi il velo e in quello rosseggiar Y arco-baleno, che presto avviva, col suo bel colore, ogni foglia, ogni cespo, ed ogni fiore. Il lampo è spento, il tuono s' addormenta, la pioggia cade ma sempre rallenta ; quello strato seren laggiù distinto ha già lottato colle nubi, e vinto : splende più bello il sole, ed ogni stilla sul calice dei fior s' ingemma e brilla. A questi nembi tristi e passeggieri tu pur soggetta vai, fanciulla mia, e piangi, e infuri, e strepiti e t' anneri quando ti fai pigliar da gelosia ; tal che in vederti avvicinare appena mi serpe lo sgomento in ogni vena. Ma un guardo, un detto, un mio bacio soltanto fugano il nembo e t' asciugano il pianto ; — 108 — al raggio del mio amore, il petto ansante si frena, e si compone il tuo sembiante : mi guardi, tiri su la treccia sciolta.... sorridi... e torni bella un' altra volta ! Enrico Fiorentino Un proverbio sbagliato. l aver sentito te, quando ti presi, m' avresti messa più che in paradiso ; e a dir la verità, sui primi mesi il benestar mi si leggeva in viso. D' uggia, di malumore e d' altri guai non avrei avuto a lamentarmi mai ; ma a un tratto il bianco è divenuto nero, e tutto il bene s' è ridotto a zero. a • Per una svista, anche commessa a caso, mi tieni il broncio e mormori fra i denti ; ogni parola mia ti dà nel naso ; le occhiate ed i sospir son tradimenti. Più che per te mi farei fare a pezzi, e più tu mi maltratti e mi disprezzi. Oh, non è vero, e il core era indovino, il buon . dì non si vede dal mattino ! Carlo Benelli 109 Due nomi. I. I)atevi alla finestra, o bambinella, che siete vaga e gentilina tanto : io vi contemplerò come una stella che può mirarsi e non andarle accanto ; dell'alma vi dirò dolce sorella, v'invocherò pietoso angiolo santo. E sempre nella nona ora del giorno sotto il vostro balcon farò ritorno. Vi chiamerò... vi chiamerò... che amore il nome vostro insegnerà al mio core ; al mio povero cor che già vi dice, se vi guardo negli occhi : Beatrice. II. Se negli occhi mi guardi tu vedrai eh' io pur gli ho fissi al lume d' una stella tu forse un giorno, dopo me, verrai, spirto felice ad abitare in quella, e se al tuo giunger là mi cercherai non mi ti celerà V esser più bella. — 110 — Dove un canto udirai rizza il pensiero seguendo noi per tutto V inno intiero ; e fra V altre confusa in armonia tu riconoscerai la voce mia ; la voce mia che, sola, in mezzo a tante, nota ti si farà chiamando : Dante. Marianna Giarrè-Billi Un notturno di Chopin. (Ad ***) orse l'incanto che diffonder sai con la voce, cogli occhi e col sorriso, e le dolcezze che prometti o dai di molte fantasie sognato eliso, . non valgono, adorata, il novo intenso audio, eh' io provo e non so dir perchè. uando nel mio segreto io ti ripenso, tutta r anima mia piena è di te. E son felice allora; e tutta agogno la mia fuggente gioventù sacrarti, allor mi sembra un vuoto e triste sogno il tempo che vissuto ho senza amarti ; nella luce ideal che ti riveste vorrei, beato, dileguarmi allor, come dilegua in grembo alle foreste r umile aroma d' un solingo fior... Enrico Panzacchi Ili — i sento qui ne '1 core una puntura, che benavere non mi fa un istante. De la morte, lo sai, non ho paura, ma non vorrei morir da te distante. Di me, che ti vo' bene, abbi più cura ; mi sento qui ne '1 core una puntura. Quando ripenso a' baci che m' hai dato, a' tuoi giocondi sfolgoranti occhioni, e a '1 chiasso che facea laggiù ne '1 prato, non posso trattenere i lucciconi. Piango come un ragazzo, e son dannato quando ripenso a' baci che m' hai dato. Io r ho sempre davanti il tuo bel viso, più fresco e più gentil de la viola ; per un momento sono in Paradiso, ma poi mi sale un nodo su a la gola. Più fresco e più gentile de '1 narciso io r ho sempre davanti il tuo bel viso. L' allegria se n' e andata e V appetito, un boccone non mangio a desinare, son giallo come il burro, ed insecchito, ma che ci provi gusto a far penare ? Per me, senza il tuo amor, tutto è finito ; r allegria se n' è andata e V appetito. — 112 — Mi volto e mi rivolto dentro a 1 letto, senza .poter dormire un' ora sola. Rosicchiano due topi sopra a '1 tetto, io rosicchio le povere lenzola. Il segnai convenuto ancor lo aspetto ; mi volto e mi rivolto dentro al letto. Tutti i giorni ti scrivo e vo alla Posta, per vedere se Iddio ti ha tocco il core, e se ci trovo un rigo di risposta. Ma tu non credi, pare, a '1 mio dolore ; una vipera in cor tu ci hai nascosta. Tutti i giorni ti scrivo e vo alla Posta. Se tu non smetti, la farò finita, {)erchè così non' posso andare avanti ; a mi pesa un po' troppo questa vita : ho già passati un par di mesi in pianti • Se questa volta poi non sei pentita, se tu non smetti, la farò finita. Venturino Camaiti Occhi fatali! so che gli occhi tuoi belli e fatali hanno un impero sul mio cor violento; lo so che son venefici gli strali, eppur mi lascio avvelenar contento. — 113 — Morrei degli occhi tuoi senza V imperio ; e il velen nei lor sguardi io bevo a stille : or s' io debba morir di desiderio o del grato velen di tue pupille, questo prescelgo : e fino dentro gli occhi con delirante voluttà ti miro e un dì col capo sopra i tuoi ginocchi dal petto esalerò V ultimo spiro. E da' miei labbri non udrai nemmeno un lagno contro così nova sorte, perchè qual sia la sorte del veleno • è dolce il ber dagli occhi tuoi la morte ! Enrico Fiorentino Indovina ! uando del suo splendore i primi raggi a noi 1' aurora stende, un' imago gentil, che ho impressa in core, soavemente a ridestarmi scende. Schiudo le braccia... ed ella una parola mi mormora dolcissima, e s' invola. Dimmi, fanciulla mia, queir imago gentil sai tu chi sia ? 8 — 114 — Quando la mia giornata più lenta scorre e più deserta, e tutta mi sembra sconsolata la terra, ed ogni mia speme distrutta, sorge pietosa e V anima già stanca una gentile imagine rinfranca. Parla, fanciulla mia, queir imago gentil sai tu chi sia ? Quando più bruna avanza per tanto arco di ciel la notte, ed io, nella romita stanza, tregua ai destini invoco... Ecco sul mio capo librarsi, e suscitarmi in core un imago gentil sogni d' amore. Rispondi, o bella mia, queir imago gentil sai tu chi sia ? M. MORANDI La vita di famiglia. Casa mia, casa mia, benché piccola tu sia tn mi sembri nna badia. Proverbio toscano. uando un capello bianco t' assicura che trentòtt' anni son volati via. — 115 — e i pensier gravi dell' età matura smorzai! 1' ultimo guizzo alla follìa ; quando nel cerchio di modeste mura, fatti albergo di riso e d' armonia, puoi dir senza rimorsi, ne impostura: Questa famiglia, questa casa e mia. Quando seduto alla mensa frugale, di te contento e della tua giornata sapori un pane che non sa di sale; fra le celie di due vispi angiolini, e sotto gli occhi della donna amata, oh com' e dolce ritornar bambini ! CU^RLO Benelli A te! ersare a te vorrei tutta quest' alma entro la bocca, e con ardente amor, de' crini morbidi baciar la ciocca. Vorrei su questo sen ansioso stringerti, dirti che t' amo ; iTfi — 116 — dirti che pura sei siccome un giglio colto dal ramo. Vorrei languire al profumato antelito de' tuoi sospiri, viver vorrei, vorrei nutrirmi all' aura che tu respiri. Tu sai eh' io sono sventurato e misero senza un sorriso, oh ! r amor tuo dischiuderà a quest' anima il paradiso. Amami dunque ; e ne^ tuoi lumi tremuli specchio del core, lascia che lieto un dì vegga sorridere pensier d' amore. Deh ! non sprezzarmi ; come errante pallida stella del mare, de la mia vita tra le cupe tenebre, torna a brillare. Torna a brillare e 1' atra notte illumina eh' io chiudo in seno ; recami ancor lieta e splendente l' iride d' un dì sereno. L. ClRUTTI 117 — D' Autunno. mi, donna, sederti all' ombra mesta d' un albero che perde le sue spoglie e sentirti cader 1' aride foglie sovra la testa? E sul cespo veder V ultime rose assiderarsi per la fredda brezza, mentre un color di morta pallidezza copre le cose ; mentre pei campi taciti la pigra nebbia si volse qual funereo manto e ti saluta con 1 ultimo canto r augel che migra ?.. Se un' arcana dolcezza al cor ti danno questi d' autunno pallidi splendori, vieni, mesta compagna i nostri cori s' intenderanno. Enrico Panzacchi 118 Reminiscenze. a queir istante che lacrimando ti diedi afflitto V ultimo addio, r anima stanca va sospirando geme il cor mio. Solo, non parmi bella la vita come r appresi dal tuo sorriso : ogni mia gioia mi par rapita da te diviso. . Neir alta notte, quando all' intorno regna il silenzio, miro le stelle, e a lor domando del tuo ritorno liete novelle, se ti percuote nuova armonia che ti commuova, t' inviti al pianto, è il mesto accordo dell' arpa mia, essa è il mio canto. Quand' io vagando mesto sul lido, gli ardenti sguardi un dì rammento, per te un pensiero mesto confido all' onde, al vento. Talora occulto d' esserti accanto credo, e ti veggo bella, pensosa, di 'me chiedendo, sciogliere il pianto presso una rosa. — 119 — Ond' io ti sogno, cinta di fiori, fra i serpeggianti placidi rivi, e vagar mesta sui primi albori tra dolci clivi. Poscia chinata V agii persona ove sorride la violetta, tesser ti veggo una corona per me, diletta! Forse ti dicono, o mia fanciulla, quelle convalli ricche di fiori che furon desse la prima culla de' nostri amori? Allor che all' ombra d' un ampio noce assisa ascolti d' augello il canto, sappi e' t' apporta con la sua voce tutto il mio pianto ; ei del lontano tuo giovinetto mesto ti parla in sua favella; ti dirà : Lungi da te, diletto non v' ha, mia bella. Senza un sorriso, senza uno sguardo, non vive 1' alma, non batte il core ; e ovunque vado, dovunque guardo trovo dolore. Quand' io ti penso pei profumati pinti di fiori, brevi sentieri, • mi parlan sempre de' dì beati i miei pensieri. — 120 — Quando, sul vespro, riedo al mio tetto senza la gioia d' un tuo saluto, sembrami il loco privo d' affetto gelido e muto. Anche V usato bacio materno più non m' infonde pace ed amore, più non ritempra 1' affanno interno che m' ange il core. Nelle notturne ore silenti che inondan 1' anima di pio mistero, a te fra il duolo ed i lamenti vola il pensiero. Or ti ritrovo su molli, piume placidamente addormentata ; or ti discerno al fioco lume addolorata. Nel mio silenzio sempre ti chiamo ma le mie voci trasporta il vento ; di viver stanco penso che t' amo... e m' addormento. Salvatore Palomba Rivincita. l cantarmele a me, sulF onor mio, è fiato perso, tu le canti al muro. — 121 — La pazienza, da' dai, la perdo anch' io, e spuntar quésta qui glie un osso duro. Fin eh' eran dubbi, gua', mi contenevo, e tra .me e me : Son uomini, dicevo : v' è chi sta peggio : prendi l' altre a specchio e lascia fare a Dio eh' è santo vecchio. Oggi però te 1' ho trovata in tasca con la sua brava busta e sottoscritta ; e hai voglia di saltar di palo in frasca e strillar più di me perchè stia zitta... Che son donna lo *so, ma son capace di fare anch' io quel che mi pare e piace. Così r è pari e patta ; e un po' per uno non fa, tu lo vedrai, male a nessuno. Carlo Benelli Stille di pianto. Consoia il mio esìgilo, mitiga ii mio dolore, perchè ogni mio desiderio sospira a te. Imitazione di Ceisto. anno rimesso foglia e son cresciute sovra '1 sepolcro tuo le pianticelle. Fuor di sotto la neve io 1' ho yedute uscir languide, bruche e poverelle ; ed^ ora eccole lì, ci son piovute proprio dal cielo, le gemme novelle. j — 122 — Tu pur, bambina mia, quando vivevi come loro su su vaga crescevi ; ma il gelo che ti venne a ricoprire, piccinina, ti fece morire ; ne a ridarti la vita è più bastato nemmeno il pianto che ho su te versato. Vidi giù lentamente il sol calare ed attristarsi la piaggia fiorita, come se bruna si volesse fare per il lamento della sua partita : ora, sul monte lo veggo levare, e ogni cosa con lui torna alla vita. Te pur, bambina mia, vidi languire, poi lenta lenta come il sol morire ; ond' io più della piaggia sconsolata ho messo bruno e mi son lamentata : ma su pel monte ho potuto guardare... Non t' ho rivista come il sol tornare ! Marianna Giarrè-Billi Chi me lo rende? h Dio, chi me lo rende?... Io l'ho perduto ed era il sogno delle notti mie, certo qualcun di voi V avrà veduto errar lontano per deserte vie... — 128 — Ah! per pietà, se mai lo rivedete il dubbio che m' assai, deh ! gli tacete ; ma ditegli eh' io fo di notte giorno aspettando nel pianto il suo ritorno. Lucevan gli occhi suoi come due stelle, due baffettini avea che parean seta : m' invidiavan però tutte le belle, che lo sapean la mia fiamma segreta. Or si burlan di me, perchè son sola, e il sogno delle mie notti s' invola... Chi mi rende i suoi baci, o reo destino, chi rende i baci a me del mio gattino ? Carlo Benelli Ruggero. er Neda, la figlia d' un ricco Barone, un paggio, Ruggero, si strugge d' amor ; ma Neda al sospiro del biondo garzone ha chiuso sdegnosa V accesso del cor. Neir armi, alle giostre, negli aspri cimenti si slancia Ruggero con nobile ardir ; ma lauri, bandiere, grandezze, portenti, nonstrappan dal petto di Neda un sospir. — 124 — Da Neda, la figlia del ricco Barone, Ruggero è ispirato, leggiadro cantor; ma pure se a Neda la blanda canzone carezza 1' orecchio, non penetra al cor. E un giorno Ruggero, scorato, piangente, a tanto martirio vuol mettere un fin, e a sempre fuggire la bella inclemente, ei spezza la spada, si fa pellegrin. E là sovra V alpe quelF egro si muore, confitto nel seno gli han trovo uno stil... Perchè non schiudesti 1' accesso del core, fanciulla, al sospiro del paggio gentil? Or tutte le notti vaganti per 1' aria un' ombra si pinge di Neda al pensier ; e forse queir ombra che va solitaria è r anima stessa del biondo Rugger. Enrico Fiorentino Presentimento. n giorno mi dicesti : — Il nostro affetto sarebbe fonte d' eterno dolor. Se tu sapessi quando me V hai detto, quel che ha sofferto il mio povero cor ! — 125 — Credi forse che Y intimo sospiro, il sol eh' io m' abbia, possa soffocar ? E dire all' alma in mezzo al suo delirio : Ripiomba nel tuo j^elo e non amar? Ah, tu dunque non sai di quali tempre sieno i dardi che Amore a me vibrò... Il mio destino è quel d' amarti sempre, ed il destino revocar chi può? Mi dovesse costare anche la vita la fiamma ond' ardo, e che mi strugge il cor, la morte istessa mi sarà gradita, pure che ad essa mi conduca amor. Enrico Fiorentino Non m'ha risposto! o la chiesi ai primi rai del maggiore astro lucente, al tramonto la chiamai col sospiro dell' amor ; Ile fu pago il core ardente niun rispose al mio dolor. Io la chiesi ai mesti canti dell' augello innamorato ; — 126 — la implorai con lunghi pianti alle nubi, all' erbe, ai fior ; scongiurai tutto il creato : ni un rispose al mio dolor. Io la chiesi al suono arcano delle selve e dei torrenti, al naugghiar dell'oceano, al fulmineo fragor ; ma fur vani i miei lamenti : niun rispose al mio dolor. Io la chiesi nel mistero delle notti tenebrose ; con la brama del pensiero la implorai nel muto orror : r eco sola ahimè ! rispose un singulto al mio dolor. Or la mente erra smarrita ; tolta in dubbio è la costanza : senza pace, senza aita, sol d' affanni io nutro il cor... Chi mi parla di speranza chi risponde al mio dolor? Pietro BARACcm 127 Promesse non mantenute. on ti ricordi più di quella sera che mi facevi le promesse belle ? Ora vorresti dir che fu chimera, ma il mar le udì, le udirono le stelle. Ma il cor che ti battea non fu menzogna tanta ebbrezza si sente e non si sogna : ma il bacio che mi desti è caldo ancora sulla guancia che trema e si scolora. Makia Ricci-Paternò-Castello In riva al mare. ieni, la notte è placida, le stelle si sorridono d' amor ; r aura è piena di balsami e di miti rugiade inonda i fior. Teco sedermi io voglio laggiù solettamente in riva al mar, e ne' tuoi occhi, o Delia, vo' lungamente i miei occhi fissar. — 128 — Vieni, il vasto silenzio spumeggiando il maroso ai nostri pie rompa : io rapito e tacito un solo accento attenderò da te , un accento, che V anima ti chiese con desìo lungo e fedel... Forse fia che V impetrino gì' incanti della notte, il mare, il ciel Enrico Panzacchi Fior di siepe. fiorellin di siepe all' ombra nato, povero fiorellin non conosciuto, tu, come r amor mio sei disgraziato, tu, come r amor mio non sei veduto ; senza un riso di sol morrai serrato tra queste spine dove sei cresciuto ; e senza un riso di speranza muore ignoto r amor mio !... Povero amore ! Lorenzo Stecchetti r 129 * * u m'ami! Il lessi nel dolce foco che dal tuo sguardo rivela il cor, Più della sorte non sarò gioco, non più bersaglio fatto al dolor! Sopra il tuo seno, fanciulla mia, potrò lo stanco capo posar, e in preda a dolce malinconia le arcane gioje d' amor provar. Saprò che un' alma pura ed eletta meco divide gioje e soffrir ; saprò che 1' estasi sempre m' aspetta del tuo virgineo casto sospir. E mi fien dolci tormenti e pene teco divise, mio bel tesor, che non v' ha duolo che vinca il bene d' un tuo sorriso, d' un tuo rossor. Che tu mi resti fedele amante sol questo chiedo prostrato al ciel ; che questo tenero sublime istante per me prolunghisi fino all' avel. '•■•'qr?-- — 130 — Pria che la sorte malvagia e ria tutta dispieghi Tira su me, avrà conforto V anima mia nella certezza della tua fé. E sarò lieto, quant' altri il possa, qui dove tutto serve al dolor, se m' è concesso fino alla fossa regnare, o vergine, sopra il tuo cor. BlNDO BlNDI * e fosse vero che ciascun di noi ha per il mondo un' anima sorella, e che s' ei cerca un poco, o prima o poi deve finir per incontrarsi in quella, e svaniscono allora i mali suoi, e la vita per lui diventa bella... Se fosse vero ! Anch' io direi che in fondo non si sta tanto male in questo mondo. Se fosse vero ! Il male è solamente che non è vero niente, niente, niente ! Z. \'T-T.':: 131 Le mie simpatie. oi mi accusate che i miei concenti nuotano in nembo di troppi fior, sì, mi son cari questi innocenti, queste opre belle del Creator. In lor si vela tanto mistero d' amor, di pena, di voluttà ; che ogni movenza del mio pensiero armoniosa con lor si fa. Se miro un volto di giovinetta dimesso e mesto, puro e gentil, mi torna in mente la violetta eh' orna le siepi del novo aprii. Quando alle spine del nostro esiglio, cara fanciulla tu avanzi il pie, svelto dall' urna d' un bianco giglio sospira il canto d' intorno a me. A una sembianza d' allegra sposa, che in mezzo ai balli gemmata appar, [ •■•'"•• 133 A mezzanotte. o ti vorrei veder da sola a solo a mezzanotte tra' cipressi neri ; discingi o caro il funebre lenzuolo e vieni a me nel buio dei sentieri : r upupa iniqua sollevando il volo sventoli pure odor di cimiteri, io ti vorrei veder... Ah ti vedessi a mezzanotte tra' neri cipressi ! Fu così breve 1' amor nostro ! Un' ora... poi nella densa eternità ravvolto: un desiderio di mirarti ancora in fondo al core mi lasciò sepolto : esci dal freddo della tua dimora, esci, diletto, e mostrami i tuoi rai.., ti seguirò per non lasciarti mai ! Maria Ricci-Paternò-C astello Fior prediletto. overo fiore - dove sei nato, chi dal tuo lido - t' avrà strappato? Sei chino e mesto - come il mio core, povero fiore ! ^a aa queiie già viste assai aiversa ; — 137 — se i canti s' inspirano di subito ardor, fanciulla che senti nel giovine cor ? Un senso di magica dolcezza t' invade la fronte già pallida sul sen ti ricade ; qual fronda di palmite al soffio dei venti, la chioma tua s' agita e trepido allor, balzare ti senti più celere il cor. Assorto in queir estasi soave il pensiero, dai voli dell' anima li scuopre il mistero. E i labbri che anelano dischiudersi ardenti rispondono ai palpiti del giovane cor: quel eh' ora tu senti è r ansia d' amor. Carlo Bbi^elli tt un riso innamorato ; — 139 — ama talora, all' ombra tua sed vergine afflitta e sola tornare ai sogni d' un' età che ]tiù mai non rivola ; tornare ai dì che ad uom iidc il ben de la sua vita, ed a ricambio d' ima fé sì misera, fu tradita ! Oh ! infelice ! Appena eli' era al riso de' vera' anni, e udì fremer d' intorno la e non provò che affanni ; la faccia asconde nella bianca d' ogni conforto priva ; e sol dal pianto rattenuto e dai sospir par viva. Quando in essa s' avvivi aspre svelano i morti raì : ma pur leggiadra sì come : non la vid' Ìo giammai. Oh ! quante volte ho stretta n la sua man sospirando ; e un dì, sovvienmi ancor : „ 1 a lei dicea tremando. Ma un sorriso sul labbro non non di S]>eranza un detto ; in quel silenzio gelido, soÌ( la mia sentenza ho letto. ■' - Vfrr-/ • — 140 — Neir incanto de' dolci anni primieri veduta t' avess' io ! Forse avresti a me volti i tuoi pensieri, pietosa air amor mio. Al tuo fianco, beato del tuo aiFetto, ti^tto obliato avrei ; e sarebber fra il riso ed il diletto volati i giorni miei ; e se il mio amor potea, cara fanciulla, farti felice appieno, turbato mai dell' anima tua, nulla avrebbe il bel sereno. Ora, poiché al mio core una dolcezza non apre la speranza, sento che breve e carco d' amarezza è il viver che m' avanza. Sul cor posarmi lentamente io sento omai di morte il gelo ; ne duolmi già dell'aspro mio tormento, solo avrò pace in cielo ! Tornerà fra gli avelli taciturna all' ombra tua gemendo ; tornerà fra gli avelli, e sopra un' urna il mio nome leggendo, da suprema pietà Maria commossa {)er lui che amolla tanto, orse fia che non neghi a quella fossa un prego, un fiore, un pianto. — 141 — AUor mia cetra, che tacente e sola penderà da un tuo ramo, siccome scossa al suon di sua parola ripeteralle : „ Io t' amo ! „ Guglielmo Raisini * * o cantava : per te morir vorrei, se ne '1 morir tu mi giurassi fede ; per un sorriso tuo, vedi, darei ogni speranza che il mio cor possiede. Ella cantava : quelle tue parole scendon soavi a rallegrarmi il cor. Anche la notte per me splende il sole. La vita è bella quando arride amor. Venturino Camaiti Ad una fanciulla. i vidi, Olga, brillar nella divina integrità de le virginee forme ; ma venne il dì de la fatai rapina che amore ardisce sul pudor che dorme. — 144 — Tu pur le labbra posami su queste labbra ardenti ; i tuoi baci cocenti la notte asconderà. Ahi ! per gli amanti scorrono troppo fugaci 1' ore ; già del mattin 1' albore in Oriente appar. Ma se gli amplessi sciolgono questi veloci istanti, i nostri cori amanti non ponno separar. Celeste Mattioli ir y Senza speme! *Ri., fi a donna mia che sempre m' accompagna sorridendo al pensier che la saluta, è un vago fiore in arida compagna, è raggio in aura d' ogni luce muta ; è la ^de d' un cor che è senza speme, è il sorriso d' un' anima che geme. Povero fiore, invan per me sbocciato su d' una tomba ti schiudeva il fato ! — 145 — Povero raggio, invano a me tu arrivi, r orrore d' un deserto mi descrivi ! Ne sorriso, né fé più mi conforta, morta è la speme, la mia bella è morta ! Saverio Nurisio Pensiero malinconico. i chiedesti, o bella oppressa, una nota del mio canto : te '1 promisi, e la promessa si fa sacra ai dì del pianto ; e r afflitta fantasia m' ispirò quest' armonia. Come r onda incalza 1' onda {)er le curve della riva, ' età mesta e la gioconda sui mortali è fuggitiva, e ci lascia un segno appena come r orma su V arena. La bellezza è fior gentile, è la rosa, o Dio, rapita, che diffonde un breve aprile lungo il verno della vita ; ma nei spiri del dolore si consuma il divin fiore. 10 — 146 — Un alloro han dato i cieli a chi vince un' ardua mèta, ma lo strappano i crudeli dalla fronte del poeta, lo spargono di trine, o v' intrecciano le spine. Nella casa del potente brillan' ori e perle e drappi, move il j)iè la danza ardente, il piacer corona i nappi ; ma la noia antica e smorta batte spesso alla sua porta. Le speranze, un lenimento danno alF aspre umane croci, ma sorridono un momento, poi si perdono veloci,' come i giuochi irrequieti che fa il sol sulle pareti. Sol conforto nel viaggio della stirpe fulminata è il preteso e bianco raggio d' una fronte innamorata, due begli occhi ed un crin nero vagheggiati nel mistero. Mi chiedesti, o bella oppressa, una nota del mio canto : te '1 promisi, e la promessa si fa sacra ai dì del pianto ; e r afflitta fantasia m' ispirò quest' armonia. Prato 147 Il bacio. 1 ruscello, amor mio, bacia la sponda e bacia il venticel la foglia e il fiore, lo stesso sole par che baci V onda, quando la sera si nasconde e muore ; ogni ben della terra, angiolo mio, in un bacio d' amore ha posto Iddio. E se mi è dato di baciarti in viso avrò goduto in terra il paradiso : il paradiso in terra io goderò quel dì che dal tuo labbro un bacio avrò ! T. Gherardi Del Testa Il primo amore. o lo conobbi nell' età primiera il giovinetto che m' accese il cor ; tanto r amai, che mio pensier sol era di partire con lui speme e dolor. Oh ! come mi parea bello e gentile quando vèr me il vedea movere il pie, e il suo parlare a un' armonia simile promessa eterna mi parea di fé. — 148 — Cora' era bella la sua chioma bruna carezzata da mite venticél, allorquando splendea vaga la luna come candida gemma in mezzo al ciel ! giovinetto, la tua ricordanza sì dolce parmi, che m' avviva il cor, or che V ultima mia mesta speranza come un raggio di sol celasi e muor ! Eva Cattermole A Giulia. ^^IKio, Dio come sei pallida, mi fai paura, eppur mi piaci ! Se tu se' ombra che nei sogni amai, t' accosta, che ti baci. Sai tu ? Neil' ora che la notte arriva per le tenebre mute veggo agitarsi come un' onda viva di forme sconosciute ; pari alle nubi, pari agli astri belli, portan celesti impronte ; ed or mi sembra che con lor favelli, guardando la tua fronte. — 149 — Lascia coi rosei fior la giovinezza gareggiar di splendore ; tu nova per insolita bellezza, risplendi nel pallore. Maria Ricci-Patebnò-Castello È in Cielo. la donna che vagheggia il pensiero mio ancor non scese ad abitare il mondo, essa vive con gli angeli e con Dio, e niun degli astri è, come lei, giocondo; e la terra sarebbe il paradiso se vi splendesse il suo celeste viso. Al mio pensier la sua beltà rivela, ma 1 occhio indarno; di mirarla anela. e la tristezza che il mio core assale nessuna donna a consolarla vale, e questa di morire ardente brama è la voce di lei che a se mi chiama. Saverio Nurisio 150 Una burrasca. uando scoprii che mi tradivi, o bella, gettato in Arno, mi sarei quel dì, ma per voler di una pietosa stella r Arno era asciutto, ed io son sempre qui Vissi; ma il mio destin crudele e tetro io forza non avea di sopportar, e mi vedesti colle mani dietro e col cappel sugli occhi attorno andar. Per molti giorni errai così ; ne mai la rea procella nel mio cor cessò, e se a gettarmi in Arno non tornai fu perchè in Arno V acqua non tornò. Ben sai però che dopo la burrasca splende di nuovo il sole. Ecco perchè oggi mi vedi colle mani in tasca e col cappello sulle ventitré ! Z. ^1 Ad una rondine. I. rondinella, s' avvicina il giorno in cui lunge n' andrai da questo lido ; i — 151 — ma ti preffo un altr' anno al tuo ritorno, vieni a riw sopra il mio tetto il nido. Vieni : rivola al mio verone intorno, e mi chiama col tuo solito grido. Io ti risponderò che nel mio core con la stagione non cambia V amore ; non cambia no, con la stagion novella, e lo vedrai, se torni, o rondinella. E se torni un altr' anno, lo vedrai, che r amore per me non cambia mai. II. O rondinella, perchè non tornasti a fare il nido a la finestra mia? Di me quest' anno ti dimenticasti, di me che piansi quando andasti via ; il mio povero tetto abbandonasti, ed ora non so più dove tu sia. Spira d' aprile il venticel più mite, e le siepi son già tutte fiorite ; di sua verzura la campagna adorna primavera che lieta a noi ritorna ; a noi ritorna lieta e desiata.... Ma la rondine mia non è tornata ! III. rondinelle che di qua movete a cercar primavera in altro suolo, — 152 — una compagna che perduta avete del vostro allegro e numeroso stuolo, ditemi in carità, se lo sapete, ove raccolse moribonda il volo ? Era vaga, era vispa, era gentile, e a me tornava in sul fiorir d' aprile ; ora tant' altre ne vedrò tornare, ma de la mia non mi potrò scordare: non la potrò scordar perchè V amai ; e r amore per me non cambia mai ! lY. Oh ! benedetta sia la primavera e il vostro arrivo, rondinelle amate ; cortesemente de la mia preghiera nel tornare vi siete ricordate, e la compagna eh' io vi chiesi ov' era, con affetto gentil mi riportate. (*) Ha stese V ali, ma non vola adesso, e porta seco un ramo di cipresso ; un ramo di cipresso è un dono mesto, ' ma de V eternità simbolo è questo. Vuol dir che meco 1' è venuta a stare, e che in eterno non mi vuol lasciare! Marianna Giarrè-Billi (*). n 21 marzo cou gentil pensiero mi fu donata una Rondinella imbalsamata. — Era un mesto, ma gradito ricordo. 153 Consiglio. erchè, fanciulla, così lieta in vista e così afflitta in cor? — Non curarti di me, sono una trista che rinnegai 1' amor ! — Rinnegasti V amore ? Oh ! poveretta, che lungo giorno di dolor t' aspetta ! Vedi quel bruno cespo di viole ? — Lo vedo : e che vuol dir ? — Cosa farien senza rugiada e sole ? — Dovrebbero morir ! — Dunque, o fanciulla, non voler che cada su fiori estinti il sole e la rugiada ; trista è la notte di pianeti priva, anima scompagnata indarno è viva ! Ma tu che appena parti da' tuoi vent anni, o giovane pellegrina al dolor, non disperarti ! A vent' anni è 1' amor come V aurora, tramontato una volta, ei nasce ancora. Prato Chi ami? ria venne un Conte e con sospiri accesi mi pòrse un vago fior ; — 154 — del suo dono gentil, grazie gli resi : ma non gli diedi il cor. Poi venne un Duca ; e nel panier mi pose un braccialetto d' or. Dissi anche. a lui cento leggiadre cose, ma non gli diedi il cor. Poi venne un Re, del suo gemmato serto m' offerse lo splendor ; tremai superba del gran dono offerto, ma non gli diedi il cor. Alfine un pensieroso giovincello venne, e mi chiese amor ; era mesto, era povero, era bello, ed io gli diedi il cor. Prato Un gran peccato. er lo mio damo in estasi d' amore un bacio su la bocca m' ha scoccato. Oggi pieno di sdegno il confessore m' ha detto che quel bacio è un gran peccato, Ah ! mamma, se un peccato gli è il baciare, pili non ti bacerò per non peccare. R. Villani r 155 Mai! uel dì che melanconico lo sguardo in te levai^ come di morte un brivido mi fé' di gelo il cor ; pure il mio labbro mai non ti parlò d' amor. Più fido braccio a reggerti oggi del mio non hai : ben mille cori invidiano r avventurato onor ; pure il mio labbro mai non parla a te d' amor. E se il pensier che m' agita indovinar non sai, io la terrò ne 1' anima caro e celato ognor ; ma a te il mio labbro mai non parlerà d' amor. D. G. De Bacoi Cercare e morire. immelo dunque ove trovar poss' io, vecchiarella, il giovinetto mio? — 156 — — Tu, domattina^ appena canta il gallo, vestiti del color della pianura, corri pei campi, e i labbri di corallo apri a chiamarlo, o bella creatura ! Si vestì del color della pianura, corse pei campi, e i labbri di corallo aperse invan, la bella creatura. — Dimmelo dunque ove trovar poss'io, o vecchiarella, il giovinetto mio ? — Appena canta il gallo domattina vestiti del color della collina, e su vi sali, e se cercar lo sai più soletta così non tornerai. La povera figliuola, alla mattina si vestì del color della collina ; su vi salì, la povera figliuola, lo cercò, lo chiamò... ma tornò sola. — Dimmelo ancora ove trovar poss' io, o vecchiarella, il giovinetto mio ? — Doman di fior coronata la fronte, vestiti in neve del color del monte, e sali, e sali, e sali, o giovinetta, sulla cima, cantando, egli t'aspetta. Di fiori air alba incoronò la fronte, si vestì in neve del color del monte ; — 157 — e saliva e saliva la fanciulla, sotto la pioggia non sentiva nulla. E giunta in cima avea le chiome sciolte molli le vesti, e lo chiamò più volte; ed a lei rispondeva solamente r aria montana e il mugghio del torrente ; ond^ ella inginocchiossi, e giunte in croce le fredde mani, non avea più voce. Quivi morì !... Ma V anima salia recando dall' angelico suo velo una nota di più nell' armonia che trema per le molli aure del cielo. E il giovine crudel che costò il pianto e la morte a colei che V amò tanto, dopo molti anni e molto tedio in core nova sentì necessità d' amore, ma perchè di colei s' era scordato, chiese, richiese, e più non venne amato ! Prato * * * uando a la notte silenziosamente veglio e ricorro col pensier la vita un giorno così dolce, oggi dolente, un giorno così cara, oggi sgradita. — 158 — sento d' odiarti, perchè pel tuo amore ora è la vita mia tutto dolore, ma quando ti riveggo io sento allora, io sento che ti voglio bene ancora ! Corrado Ricci L' anello ^l^rimo pegno d' amore, ecco l'anello che mi desti una sera alla Novena: caro lo tenni piiì d' ogni gioiello, d' ora in là mi parrebbe una catena. E poi che tra noi due tutto è finito, quel che ne debbo far pur troppo intendo ! Guarda : ridente me lo posi in dito, col pianto sulle ciglia te lo rendo. E se da me lo porterai lontano senza che voce di pietà ti tocchi, per non vederlo sopra un' altra mano, dirò alla morte che mi chiuda gli occhi. Carlo Bknelli r 159 — L' amore. uando non ti volevo tanto bene discorrevo con te senza paura^ ed ora tremo quando sono insieme perdo la grazia e la disinvoltura ; e tremo tutta e faccio il viso rosso e mi confondo e vincermi non posso e mi confondo e perdo le parole.... Oh ! trista condizione dell' amore ! F. A. Qual pregare? o t' ho veduta accanto a la Madonna ne seppi più qual de le due pregare, tu sei la mia regina e la mia donna ; quella da bimbo appresi ad adorare : tu del mio core ti sei fatto un regno, essa lo serba puro e di te degno. E se al mattin le dico : Ave Maria^ saluta il nome tuo la prece mia ; — 160 - e la sera nel dir Salve^ Begina^ mi volgo e guardo se mi sei vicina ; e se le chiedo in morte il paradiso/ in vita me lo* dona un tuo sorriso. Saverio NuRisia Dubbio. 1 bene che ti vo'...? Ma non lo sai ? Non te r ho detto tante volte e tante ? Non furon sempre u^ali e sempre sante le prove che n' avesti e che tu n' hai ? Il bene che ti voglio.- ? E quando mai ha potuto scemare un solo istante? Oh, se parla per gli occhi anima amante, guardami adesso e lo conoscerai ! Guardami adesso ; e almeno abbine in questa smania crudel che mi consuma il core un nuovo pegno, un giuramento nuovo. Ne scuoter, no, queir adorata testa, ne chieder più come si esprime amore se intendere non puoi quello che provo! Carlo Benelli 161 Altro è parlar di morte altro è morire! icevi eh' eri tanto innamorato, e lo dicevi in sì dolce maniera, che nemmeno per sogno avrei pensato che tu volesse dir ciò che non era : piuttosto che restar da me diviso, giuravi un dì che ti saresti ucciso : oggi però ne devi convenire, altro è parlar di morte, altro è morire! Ci siam lasciati : nel tuo cor si perde la memoria perfin del mio sembiante; ucciso non ti sei, ma vivo e verde rigiri in cerca d' una nuova amante. A quest' ora se tu m' avessi amato saresti beli' e morto e sotterrato. Felice te, che ancor ti si può dire : altro e parlar di morte, altro è morire ! Enrico Fiorentino Povera Gina! 1 distesa laggiù povera Gina, dove r erba è più folta e colorita... 11 — 162 — bella morticina ! par fatta per lei quella fiorita. lo diceva sempre : Io vo' morire and' è lieta la terra e il eie! sereno, mi possa guarnire rose e di viole il capo e il seno ! o' morire in mezzo all' allegrezza le diffonde giulivo, il sol d aprile, a dolce carezza ìlla tepida e molle aura gentile. or che freschi di novella fronda rivestono gli alberi di fìo)', luce gioconda lega la festa de' suoi raggi d' or, distesa de' color più belli, dan lievi farfalle a lei d' intorno, ,ntano gli augelli il comparire al tramontar del giorno. era Gina ! L' ora della vita ù felice per lei ultima fu. nita, è finita.... overa Grina, non patisce più ! MaKIAMNA GrIAERÈ-BlLLI 163 * * * I^S^he vorrà dir eh' io non mi sento bene quando parliamo insieme, o mio diletto? Una smania di piangere mi viene ed un singhiozzo che m' affoga il petto. Deh, spieganti amor mio, che vorrà dire, eh' è quest' ambascia che mi fa morire ? Forse eh' io sogno troppo liete cose e troppo triste intorno a me si stanno?- son presagio tali voci ascose che queste ore beate finiranno? Deh, spiegami, amor mio, che vorrà dire, eh' è questa smania che mi fa morire ? E. GOLISCIANI Desolazione. IJ riste, misero, obliato vola intorno il mio sospir ; poche gioie ha il mio passato, senza riso è 1' avvenir. — 164 — Dove andò la sorridente primavera de' miei dì ? Come foglia nel torrente da quest'anima fuggì. L' universo, agli occhi miei, solitudine si fé' ; più r ambrosia degli Dei io non chiedo, o vita, a te. Più non credo alla speranza, la bellissima infedel ; il desìo che sol m' avanza è la pace dell' avel. Enrico Panzacchi Una speranza. Vergin santa, o madre mia d' amore, a voi confido tutti i miei pensieri, se d' allegrezza sono o di dolore, a voi li svelo candidi e sinceri. Oggi vi dico : ho una speranza in core ; Vergine santa, fate che s' avveri. E se s' avvererà, mattina e sera, quando reciterò la mia preghiera, — 165 — quando verrò, come son usa a fare, a por le rose sopra il vostro altare, io non sarò più sola ; in compagnia ci avrò il mio sposo, Vergine Maria. Martanis'a Giarre-Billi * o non l'ho più veduta e non desìo di scontrarla mai più sulla mia via ; pur le dolci promesse io non oblìo, le promesse d' amor che mi mentìa. Ne' più deserti luoghi e gì' interrotti sogni d' angoscia, nelle lunghe notti sempre mi sta dinanzi V amor mio... È pur di riscontrarla io non desìo ! Corrado Ricci La mia cameretta. ammenti? In altri giorni hai visitato la cameretta mia. Lisa gentile. — 1(Ì(Ì — e tu candidamente m' hai narrato che r appressarti all' abituro umile per un misto di tema e di diletto tremarti il core tu sentivi in petto. Dopo molt' anni a visitarmi torni tranquilla in viso e con fronte secura, e nel muovere il piede a' miei soggiorni non provi in cor ne gioia, ne pam-a ; e sai perchè? Perchè denti'o al tuo core non ha per me più un solo accento Amore. Guglielmo Raisini Addio! ^■Milasciami, tu m' hai detto ; nessun gaudio mortai più mi consola. Triste cosa è 1' effetto d'un cor che piange, e a pianger basto io sola Come fanciullo al Cielo ne' ridenti miei giorni a te pensai ; oggi si squarcia il velo... Credetti essere amato e m' ingannai. Ti fuggirò... Più santo fia 1' obbedir, che il comandar pietoso : la cagion del tuo pianto è il sol mistero che scrutar non oso. m ■ — 167 — Così r anima incerta vagherà sulla via dello sconforto, pari a nave diserta, senza una stella che la guidi in porto. Ma tu il volesti. Muore quanto lucea di speme al viver mio... Oh, se t' arrida amore non obliar quest' ora e questo addio ! Carlo Benelli o piangeva a' suoi piedi, e le chiedea pietà curvato e vinto ; annodandosi un nastro ella dicea: — Mi sta come dipinto ! il dì dipoi d' un' altra donna in traccia io correa per là via. Ed ella mi chiamò, m' aprì le braccia, m' amò per gelosia. Lorenzo Stecchetti — 168 21 Giugno 1877. (S^is^uando torna 1' aprile e tra le fronde gli uccellini cinguettano d' amore, quando del rivo su le molli sponde 1 erba rinasce ed ogni siepe è in fiore, anche 1' annosa querce rigermoglia, sente la j)rimavera e mette foglia ; e d' un po' più di verde livestita, povera vecchia, par ringiovanita. Come me, quando viene un dì cortese con soavi memorie a consolarmi^ del tempo che passò scordo 1' offese e la vita nel cor sento tornarmi. Oggi, ancor io, come la siepe in fiore e gli uccellin che cantano d' amore, come r erba e la querce rivestita, povera vecchia, son ringiovanita. Marianna (xiABRfc-BiLLi A ventun' anno. ^f'o' miei stornelli ho salutato il sole, ho risposto alla luna il mesto addio, -r- 169 — cresciuto ho il fior sopra le verdi aiuole, dell' onda ho accompagnato il mormorio, ho ripetute le sante parole che giovinetto apprese il labbro mio. Ma sole, luna, fiori, onda e preghiera non han prestigio per chi più non spera ; onda, preghiera e fiori e sole e luna per me non hanno più lusinga alcuna ; lusinga ne prestigio or più non hanno, perchè mi sento vecchio a ventun' anno. Mauro Gori Senza core. ' io fossi un mago e se potessi fare il tuo bel corpo un' ora trasparente, traverso il petto ti vorrei guardare per veder se .e' è un core, o se e' è niente ; e quando dentro il core ti vedessi, direi che gli occhi miei sbagliano anch'essi ; direi, fanciulla, per non dir di peggio, o che il tuo non è core, o eh' io vaneggio. Sopra il tuo volto non ho mai veduto un sorriso, una traccia di dolore : dunque il tuo core, o poveretta, è muto, se pur t' ostini a possedere un core. — 170 — 1 core che t' ostini a possedere !Ì poterlo una volta vedere... iando ancor 1' avessi ben guardato, che non ò vero e che ho sognato. Enrico Fiobentino Fossi!... fossi un re ti cederei il mio trono : fossi il giardinier del paradiso, tutti i fiori miei ti farei dono, del più dolce angelico sorriso... ì re non sono, ne del ciel cultore, offrirti non posso che il mio core ! isi un gran poeta, a te vorrei poema più bello dedicare ; se fossi pittor, ti ruberei egli occhi tuoi che fanno innamorare : ì poeta non son, non son pittore, offrir non ti posso che il mio core ! ssi lì mare, ti farei tappeto perle, di coralli e rena d' oro, fossi un mago ti direi il segreto r trovar sulla terra un gran tesoro... 1 io mago non son, non son il mare, non ti posso che il mio cor donare. 0. 171 Stornelli e baci. erchè mi chiedi uno stornello e ridi, bionda, che prima d' oggi io mai non vidi ? Credi tu dunque che de carmi il foco si raccenda ogni dì quasi per gioco? E musa indifferente e sconosciuta possa ispirar la fantasia già muta? Eppur tu '1 sai, mei dice il tuo rossore, che lo stornello è una canzon d'amore. E una canzon d' amore e dolce suona sol quando sulle corde amor la intuona : perchè '1 mio canto al suo voler risponda ama un poco il cantore, o bella bionda ! Ama, e lasciati amar !... Così !... Ma rendi colle tue labbra il bacio che mi prendi ! Brava!!..: Così!! Così!!... Fanciulla mia, non farò che stornelli in vita mia ! G. Magherini-Graziani Sull' alba. ella che dormi, svegliati, se vuoi vedere in ciel — 172 — r alba che sta per sorgere cinta di roseo vel. L' ali scuotendo, zeffiro sul tuo veron colpì, per dirti anch'esso Vergine, sorgi e saluta il dì. Di luce, canti e balsami un paradiso al cor, paghi saran di schiuderti l'alba, gli augelli, i fior. Mentr' io vèr te volgendomi starotti a riguardar, come si guarda estatici il sol che nuovo appar. Deh ! se fugar le tenebre dell' alma mia vuoi tu, vieni al verone affacciati senza tardar di più. Perchè fanciulla, sappilo sta nel tuo biondo crin, nella tua cara immagine r alba del mio mattin ! # Lunge da te, di vivere sembrami in lutto e duol, come in un tetro carcere anche se brilla il sol ! Il sole è bello e splendido ma in ciel non v' ha per me, astro gentile e fulgido che rassomigli a te ! Enrico Fiorentino 173 Amore e neve. di, Ghituccia? — Il vento batte rombando ai vetri, paiono bianchi spetri gli arbori di lontan ; fiocca la neve ; e il mondo squallido, uggioso e muto, di fuora è un gelo acuto che lo schermirsi è van. Tu, alla stagion fiorita non rieder col desìo ; qui, sul mio cor ben mio, la vita inebriam. Mentre la fiamma crepita, Ghita che resta a fare ? Stringiamci al focolare e amiamo, amiamo... amiani ! Enrico Panzacohi Il sogno. o questa notte in sogno V ho veduto, era vestito tutto di broccato. — 174 — le piume sul beiTetto di velluto, ed una spada d' oro aveva allato. E poi m' ha detto con un bel sorriso : Io non posso più star da te diviso ; da te diviso non ci posso stare, e torno per mai più non ti lasciare ! E quando mi son desta ho pianto, ho pianto, che mi vedete ancora gli occhi rossi ; ed ho pregato il cielo e ho fatto tanto perchè indormita un' altra volta io fossi. Perchè volesse in sogno ancor parlarmi vorrei dormire e mai più ridestarmi ; così mi desterei nel paradiso, ei non sarebbe più da me diviso. (t. Bexedict Indugio. e come bella sei, tu fossi buona e per davvero mi volessi bene, non guarderesti tanto alla persona, né a cercare più quel che ti conviene ; ed io potrei così, senza ritegno, tirar sicuro di coglier nel segno ; ma il dubbio mi vien sempre a trattenere che tu in due staffe il pie voglia tenere. — 175 — Quel che penso lo dico tale e quale, oramai tanto il morto è sulla bara, e se e' è tempo a riparare il male falla finita, e sii con me più chiara. Se no... di' pure che V ho fatto il fiasco, ma senti nella rete io non ci casco, finché avrò gli occhi e i mezzi di sapere che tu il piede in due staffe vuoi tenere. Guido Signorini Consiglio. ammi, quanto ti par, dammi di grullo, di' che non vedi in me capo ne fondo, che tu mi hai preso in uggia e per trastullo, per me, so come sto, né mi confondo. Chi vuol dire la sua deve andar, piano, se sano vuole andare, e andar lontano : altrimenti, .a cercarle con lo stecco si prendon, per lo più, de' granchi a secco. Per prudenza ad alcuno io non la cedo, e per lanterne lucciole non piglio ; mostrami il viso pur quando ti vedo, e butta giù (juell aria di cipiglio ; 176 tanto con quel che t' esce dalla bocca la parte che mi fai la non mi tocca: a giudicar quanto una cosa vale, meglio esser ciechi, sai, che veder male, Gino Orsi-Dugini lo f amerò. o t' amerò finche le rondinelle faranno in primavera il nido lor ; io t' amerò finche le tortorelle faran sentire il lamentìo d' amor... Io t' amerò finché V erba fiorita lusingherà il desìo del mite agnel- lo t' amerò, beli' alma di mia vita, finche amerà la rosa il venti cel... Io t' amerò finche non consumata risplenderà la face dell' amor... L' anima nostra è per amor formata, io t' amerò finche mi batte il cor. G. Stanzieri 177 Semplice istoria. ì immi chi sei fanciulla mia gentile che mi rapisci co' begli occhi il core ? Chi ti donò quel fiorellin cF aprile che tu ribaci con sì mesto ardore ? ' • Forse è tributo del giardin precoce pegno del fede! d' ogni mattina ? Ove il cogliesti, presso d'una croce? Oh ! la tua storia intendo, o poverina ! Ne' lieti dì che t' arrideva il fato tu folleggiavi pel giardin giuliva, ma lui che tanto amavi, il tuo adorato, la speme tua, la sorte ti rapiva ! Or so chi sei, mia fanciullina bella, che m' hai commosso co' begli occhi il core, ma te felice, cui propizia stella la mamma ognor conserva e il genitore. A. Casati Fate finta di non lo sapere ! vete gli occhi che paiono stelle, avete un viso che d' angiolo pare 12 — 178 — bellissima voi siete fra le belle, ma lo sapete e lo date a mostrare... Se ancor più bella volete parere, oh, fate finta di non lo sapere ! Nel canto superate un usignolo, ed agii siete come una cervetta ; d' amanti ce ne avete un lungo stuolo, lerchè siete leggiadra e graziosetta... le ancor più bella volete parere, oh, fate finta dì non lo sapere ! Sdegnate stare alle compagne accanto, e più superba ogni giorno vi fate ; voi siete di bellezza un vero incanto, ma lo sapete, e troppo lo mostrate... Se ancor più bella volete parere, oh, fate finta di non lo sapere ! Onorata Grossi * sai perchè quando tramonta il giorno e ferma l'ala affaticata al volo, empie V aura talora intorno intorno del suo canto più mesto V usignolo ? Perchè tra i rami, dove fa ritorno, trova il suo nido abbandonato e solo. — 179 — Ma se v' accoglie la fida compagna, dolci note discioglie e non si lagna : che sente ornai fra quelle amiche fronde una voce, d'amor che gli risponde; sente che a sera, quando ferma il volo, quel nido non è più deserto e solo. Così mesto anche te, di tua giornata parve il tramonto nel solingo tetto : e da r anima tua desiderata^ per le miti virtù che chiude in petto, una donna gentile ha consolata la tua dimora con soave affetto. Almeno le tue gioie e le tue pene teco dividerà chi ti vuol bene ! Goder può forse di conforto alcuno in questo mondo chi non ha nessuno ? Ah ! dolcezza non v' è, non v' è diletto senza pace nel cuore e senz' affetto ! Marianna Giarrè-Billi Abbandonata. on sai cosa m' hai tolto quando calavi nella fredda bara ? Amor teco è sepolto perchè la vita solamente è cara ; — 180 — or r anima dolente come straniera di quaggiù si sente. Teco dormir vorrei laggiù dove tu dormi o mio diletto ; un dì ne' sogni miei vagheggiavo dal cor più dolce letto. Altro volesti; e sia nel sepolcro, con te, la casa mia. S' è ver che amore è vita, che faccio, grama, sulla terra, omaiV La sua coppa gradita m' inebriò, s' infranse ; io vissi assai aura nata pe' fiori vento funebre te li spense. Muori ! Enrico Panzaoohi Insonnie. £entre alla febbre che mi brucia il petto conforto io cerco nella notte algente tu, sotto i lini del tepido letto, posi tranquilla, o mia bella dormente. Così, sotto la tua finestra asjjetto che ne baci il veron V alba nascente e in quel bacio di luce io ti trasmetto r innamorato mio sosjjiro ardente. — 181 — Ma di' fanciulla, quando al far del giorno sorgi, e pel vano de' socchiusi scuri entra il mattino d' un bel sole adorno, non vedi mai, volg-endo a caso i cigli disegnata dall' ombra in su jje' muri una figura che la mia somigli ? Ets^rico Fiorentino E morto l'amor mio. I] \j 1 morto r amor mio che amavo tanto, ahi, dal dolor più reggere non posso! L' han portato lassù nel camposanto e gli han buttato anche la terra addosso. Dimmelo te, te che lo sai, gran Dio, se mai lo rivedrò 1' angiolo mio ! Dimmelo te, gran Dio... Ma il mio lamento vola e si perde su 1' ali del vento. Ora è tanto che piango e che lo chiamo ma non torna a baciarmi un' altra volta ; su quella fossa e' è passato un ramo d' edera, e 1' erba e' è già nata folta. Dimmelo te, te che lo sai, gran Dio, se mai lo rivedrò 1' angiolo mio ! Dimmelo te, gran Dio... Ma il mio lamento vola e si perde su 1' ali del vento. Renato Fucini 182 Impressione. ^i vidi sulla via del cimitero, il dì dei morti, e più non t^ incontrai. Io non so chi tu sia, ma col pensiero ti scorgo sempre e dentro al cor mi stai. Mi sovviene che a mezzo del sentiero per lasciarti passar mi soffermai... Eri vestita mestamente in nero • tu mi volgesti il guardo, io ti fissai. Oh, bella afflitta mia, dimmi in qual canto remoto ora t' ascondi, eh' io possa con 1' amor tergerti il pianto e ritornarti i cari occhi giocondi e il suon de' miei poveri carmi ; e intanto coprir di baci i tuoi capelli biondi ? Enrico Fiorentino M' ingannasti ! leggere credea nel tuo bel viso r eco fedel dei palpiti del core, ma stolto m' ingannò quel tuo sorriso in cui vedevo sol speranza e amore. — 183 — Speranza e amore io solo ci vedea e air inganno spietato io non credea ; non credea che sì crudo avesse il core, e mi tradisse nel mio primo amore ! Emma de' Baroni Demarco La sera. (A te) oichè invan ne le lunghe ore diurne io piangendo t' invoco, angelo mio, deh tu almen fra le quete ombre notturne pietosa vieni a sussurrarmi „ addio ! „ Solenne è V ora in cui V aria si annera quasi dolente del giorno che muore ; e più cara del giorno è a me la sera : la sera è mesta come il nostro amore ! Oh ! quando movi pe' viali ombrosi, come invocata vision celeste, pria di pascere in te gli occhi bramosi io sento r onda de la conscia veste. E il rumor lieve de' tuoi passi, e 1' ora che spira più soave all' improvviso, e r infocato mio petto ristora coir ala che ha lambito il tuo bel viso. . — 184 — Allor con passi vacillanti, incerti mi arresto all' ombra de le amiche piante, perch' io possa, non visto, almen vederti e sentirti vicina un breve istante. Poi bevo il raggio de la bianca luna che tra'l folto degli alberi si sjjezza quando ha baciato la tua chioma bruna, cupido anch' esso de la tua bellezza. E i delicati del tuo crin lucente e del tuo vel profumi (onde fan prede r aure notturne) io suggo avidamente, r orme calcando del gentil tuo piede. Che, se per caso, un fiorellin negletto di premere m' avvien lungo la via, quel fiorellino io me lo pongo in petto come un ricordo de la donna mia. Ma, nel seguirti coli' orecchio intento, se tra il rumor de 1' onda che si frange una parola tua mi reca il vento, mesta, qual nota d' usignuol che piange ; oh ! ({uella dolce tua parola mesta io la raccolgo collo spirto anelo, e nel mio core eternamente resta come una voce che mi vien dal Cielo ! Allor vola la mente in più serena sfera, da vaghe fantasie rapita, ove spezzata la fatai catena, teco mi sembra di rifar la vita ; i — 185 — e correr teco per le dolci chine de' tuoi poggi nativi e i fior più belli coglier tra il verde de le tue colline per intrecciarli a' tuoi bruni capelli. Poi con le mani carezzar le folte anella del tuo crine e poi disfarle per vederle ondeggiare a V aure sciolte, poi su le nevi del tuo sen baciarle ! E fervida il mattin scioglier preghiera teco al Signor che ti creò sì bella, e udir la mesta tua canzon, la sera vagheggiando il seren de la tua stella : e allor soave ad infiorarmi il verso piover da gli occhi tuoi la poesia, per cantar la beltà de V universo raggiante in volto de la musa mia ! E, ogni giorno più amante e più beato nel mio dolce d' amor vaneggiamento, sugger da le tue labbra il molle fiato per dare a V alma mia novo alimento. cari sogni, o fantasie gioconde, ah ! perchè mi fuggite a 1' improviso ? Dove sei, angel mio? Chi mi nasconde la mesta voluttà del tuo sorriso ? nuvole d' argento, che fendete, come candidi cigni, il firmamento ogni lume di cielo a me togliete or che m' è il raggio de' suoi occhi spento. — 186 — Come triste è la sera e come roco mormora il vento fra le piante annose ! Il suo beir astro che parca di foco^ anch' esso il capo per dolor nascose. Addio, stella d' amore, addio romite aure notturne : ombrose piante addio ! Per pietà del mio duol aeh non mi dite, non mi dite ove andò 1' angelo mio ! Antonio Peretti Non mi parlar d'amore. al fianco mio discostati, non mi parlar d' affetto : mi sveglia un' eco lugubre questa parola in cor. De' miei capelli d' ebano, del giovanile aspetto non ti fidare, incauta, non mi parlar d' amor. Affanni inconcepibili effondo a me d' intorno, non ti bagnar di lacrime, fuggi dal mio dolor. — 187 — Forse in un mondo estraneo potremo amarci un giorno, ma qui, fanciulla, fuggimi, non mi parlar d' amor. Mario Foresi * a se il mondo è una lagrima di pianto, perchè si nasce e vi si resta tanto ? E se il mondo è una lagrima di amore, perchè si muore ? Ma perchè si muore ? J. COPPI-TOSCANELLI Gelosie. uando chiedesti se amato avrei senza speranza, come un fratel, feci il più sacro de' giuri miei e la promessa tenni ledei ; solo una volta commossa appieno la tua pupilla d' amor brillò. — 188 — Solo una volta m' hai stretto al seno e un ciel di ^ioia mi si svelò. Or io gemente, tu lieta in vista per vie diverse muoviamo il pie, de' miei dolori non ti fai trista, e il duol più acerbo mi vien da te. Mentre scherzando ti dici mia e doni agli altri sorrisi e fior, cangi in inferno di gelosia il paradiso del nostro amor. Carlo Benelli L' ho perduto ! h ! r ho perduto lo mio dolce amore, perduto, e a me non farà più ritorno ! Pur ei m' amava tanto ed ogni giorno" mei ripeteva e in lui parlava il core. Scherzare io volli col suo grande affetto ed or ne porto cruda piaga in petto. Ah ! quella che a lui feci aspra ferita la sento in core, e mi torrà di vita. Emma de' Baroni Demarco 189 Messaggio. i aline, rispetto mio, vanne da lei per cui gemo d' amor tacitamente ; dille che V ansia del mio cor tu sei ; ed ella il sol pensier della mia mente. Dille che sempre le sarò fedele, pur che meco non sia tanto crudele ; che dolci mi saran le sue catene pur eh' ella ^iuri di volermi bene. Dille, rispetto, che a far me beato un lampo de' suoi bruni occhi è già molto, che nel sorriso del suo labbro amato il paradiso mio tutto è raccolto. Dille che d' ogni mio desir più santo essa è la mèta, perchè V amo tanto ! E dille infin che più d' ogni tesoro m' è cara lei perchè tanto V adoro ! Quando parlato in tal guisa le avrai, chiedile almeno un rigo di risposta. Attendi; e se perplessa la vedrai dille che un rigo sol poco le costa ; dille che un rigo a lei non costa niente e me rende felice eternamente, che un' espressione dal suo labbro uscita nulla è per lei ; mentre è per me la vita. Enrico Fiorentino 190 Herina. leni, Neriiia, siediti lieta su' miei ginocchi, e ti scintilli cupida la voluttà negli occhi. Vieni, ed il collo cingimi con le soavi braccia ; io nel tuo sen che palpita nasconderò la faccia. Squarci la terra i fumidi visceri suoi profondi, crollino i cieli e riedano infranti a nulla i mondi, a me non cai ! Se il roseo labbro sul labbro mio serri, Nerina, impavido sfido la morte e Dio. Lorenzo Stecchetti Vieni ! leni, che lieto mar si frange al lido e un' auretta gentil sommessa geme : — 191 — sembra il sospiro d' un amante fido e al cor favella sol d' amore e speme. T^ aspetta al mar la gondoletta mia, e il core te sol brama e te desia ; vieni, o diletta, e cangia in un eliso il mare a me col dolce tuo sorriso. Emma de' Baroni Demarco Fuggi ! ggì lontana, fuggi lontana, eh' io non ti vegga mai più, mai più, non dir che 1' ami... Perchè inumana esser vuoi meco?... Non dirlo tu. Lo so, lo veggo : negli occhi tuoi s' egli t' è appresso, veggo il fulgor, sento i tuoi fremiti, e tu non puoi dir che non l' ami d' immenso amor. Questo mio core, già altero e forte contro lusinghe, contro beltà, or come un povero dannato a morte non può sperare, sperar non sa. — 192 — Fuggi lontana : fin la memoria delle ore corse sperdasi. Orsù ! Sparisca il sogno d' amor, di gloria ; eh' io non ti vegga mai più, mai più I Rafbel Perchè. erchè dei brevi istanti che al fianco tuo passai non si cancella mai la rimembranza in me ? Perchè quando dal mio s' allontanò il tuo core il sovvenir d' amore non togliermi, perchè? Ah ! la perdessi almeno questa ragion tiranna che il mio martìr condanna e non lo sa calmar ! Perchè se più non m' ami io deggio amarti ancora, e fino air ultim' ora t' adorerò, perchè ? De Lanzierts j 193 Dove passate voi V erba ci uasce e nel mese di Maggio ci fiorisce, (.ANTI POPOLAEI TOSCANI. ' ti vorrei chiamar fior di giunchiglia, fior di giunchiglia amabile davvero ; ma se ti guardo nelle brune ciglia mi par s' addica più, fior del pensiero. Fior del pensiero e mammola de' prati non valgono i tuoi sguardi innamorati, viol' a ciocche, gelsomini e gigli non trovo un fiorellin che t' assomigli. Fra quanti mai ne posso nominare, uno che a te per grazia s'avvicini pensa e ripensa non lo so trovare nelle siepi, ne' boschi e ne' giardini. Non ha neppur la verginella rosa la gentilezza del tuo cor di sposa, e per aver che t' assomigli un fiore, dovrà chiamarsi fiorellin d'amore. Marianna Giarr^-Billi 13 Sursum corda. avvmci, sirena, co' bracci infocati ; — 194 — voliamo intrecciati sui nuvoli d' or. La terra è una scena d' eterne procelle : lassù fra le stelle più bello è r amor. Confusi da veli, da chiome e da baci, da spire procaci due corpi in un sol, voliamo de' cieli per r ampio zaffiro, sia tutto un deliro, un fremito il voi ! Mario Foresi * * * non t' invito al canto, t' invito al mesto pianto a sospirar con me; vieni, vivremo insieme, e suir amara speme io gemerò con te. — 195 — Che è mai, ohe è mai la vita ? E speme inaridita d' un immortale amor. La vita è una speranza che per la rimembranza si cangia in rio dolor ; è luminosa aurora che ratta si scolora, mina al tramontar : e al fervido desìo negato è pur V oblìo se il disinganno a})})àr. Solo al dolor ti chiamo, il pianto tuo sol bramo sospirerai con me. Vieni, vivremo insieme, e sulla morta speme io gemerò con te. CoKRADO GaRGIOLLI Fiore e bacio. e si fosse, amor mio, di primavera, andrei cogliendo un fior eli in nel prato, :) — 196 — lo poserei su la tua treccia nera, lo adatterei sul crine inanellato : più d' una gemma assai, più d' un monile vi splenderebbe quel fiorel d' aprile. Ma siam d' inverno e bianca è la montagna, non trovo un fiorellin per la campagna ; a me la sorte fu di gemme avara, che mai porrò su le tue treccie, o cara ? lo porrò questo labbro innamorato dove avrei posto il fiorellin del prato, e '1 bacio mio risplenderà siccome un fior d' aprile su le brune chiome ! Leopoldo Cempini * Binando ti vidi - fra lo splendore di lieta festa - fu muto il core : ti vidi mesta - e sospirai : ti vidi piangere -et' adorai. L. MORANDI Un amante. eco l'estremo bacio che il mesto cor t' invia ; — 197 — ecco r addio, ricevilo, per sempre poi m' oblia : esaudì, esaudì Y ultima prece eh' io volgo a te : scordami, e più non chiedere quel che sarà di me ! Un sol tuo detto, un rapido girar dei tuoi begli occhi me schiavo umìl mirarono piegato ai tuoi ginocchi : tosti regina : libero io me ne vo da te: scordami, e più non chiedere quel che sarà di me. Non io ribelle infrangere cercai le mie catene ! M' eran, lo sa quest' anima, lo sai tu stessa, un bene. Come ti amai ! Ma rapido cessò r affetto in te : scordami, sì, ne chiedere quel che sarà di me. Ne t' odio, no, me misero ! Benché infedele, io t' amo : te nelle notti vigili, te sola invoco e chiamo: adoro, e... debbo dirtelo? fino il capriccio in te : s' anco tu fossi un dèmone, saresti angiol per me. ì — 198 — Lo vedi : incanutiscono queste già bionde chiome ; pur, finche il cuor mi palpiti benedirò al tuo nome ; e quando la memoria mi parlerà di te, parrà che il cielo schiudasi anco una volta a me. Ma, tu rompesti il laccio che le nostr' alme univa. T' amo, ti basti, o femmina ; non domandar s' io viva : quando mi scacci, e vivere debbo lontan da te, e che t' importa il chiedere quel che sarà di me ? Non mi parlar di patria : patria non y'è, se al core non parla d'ineffabile dolce di donna amore. La patria amai nel giubbilo finche fui caro a te, e r amo ancor, ma in lacrime- Che sarà mai di me ? Non consolarmi! È inutile, è strano ogni conforto ! Tu più non mi ami, fingere devi eh' io sia già morto. Che vuoi di più? Dimentica eh' io vissi sol per te : — 199 — felice sii, ne chiedere quel che sarà di me. Addio : qualor nel volgere degli anni una sciagura ti sovrastasse, chiamami ; non cangia amor natura : se non potrò rispondere e ritornare, a te, morto sarò ; compiangimi, ricordati di me. AUor di me ricordati *e deir affetto mio ; le sconsolate ceneri non ricoprir d^ oblìo : amami allor ; con gli Angeli favellerò di te.... Ora ? M' oblia, né chiedere quel che sarà di me. X, Godiamo. nfiora il davanzal del tuo verone, infioralo di rose e di verbene ; canta, fanciulla mia, quella canzone dove tu giuri di volermi bene. ì — 200 — troppo in amor son gli uomini incostanti, viviamo adesso di profumi e canti ; tropico son gli anni e la beltà fugaci, viviamo adesso di carezze e baci. Godiamo ! Quando verranno i giorni del dolore e avrem la faccia illanguidita e mesta, batter ti sentirai più lento il core, per lunghe veglie io curverò la testa. Rinchiusi allora in solitaria stanza, di memorie vivrem, non di speranza ; . solo i ricordi dell' età fuggita riviver ci faranno un' altra vita. Godiamo ! Carlo Benelli Fiore appasito. eco, fanciulla, il fior che 1' altra sera timidamente mi ponesti in petto: non rassembra più un fior di primavera, tanto è mutato il suo leggiadro aspetto : avvizzito oramai, perso ha il colore, e perderà le foglie ad una ad una... Vedi? Fra poco del tuo vago fiore non resterà più particella alcuna. — 201 — Ma se è ver che il tuo don si volse in nulla, se a' miei baci non ho quel caro fiore, oh, giuramoci almen, cara fanciulla, che non morrà sì presto il nostro amore. Ugo Rubbiani Felicità perduta. el sen colpito al vivo un giovane pastor narrava agli echi, al rivo le pene del suo cor. Felicità svanita che non puoi rivenir, dolor de la mia vita, non pensi il sovvenir ? L' amor mi fea beato or misero mi fa ; m' amò, poi m' ha lasciato la cruda mia beltà. Ruscel se andando al mare ti puoi con lei scontrar, dille che stille amare m' hai visto qui versar. A. Zanakdini 202 Aprile. ome uno sciame d' api impazienti fremono nel mio petto i versi miei, e via pe' campi splendidi e fiorenti volar, volar desiano ove tu sei, a sugger da' tuoi labbri il fior de' baci. Ora eh' è tutta palpito la terra amiam ; gli aprili passano fugaci, poi lunga notte dormirem sotterra !.... Luigi Pinelli * aci : non è più credulo alla speranza il core ; più che fugace giubbilo, soave m'è il dolore. Al labbro mio non chiedere nota d' allegro canto : ahi, troppo mal sorridere può chi neir alma ha il pianto ! — 203 — Taci : quaggiù durevole non è, non è la gioia; spesso da un riso sgorgano lunghi giorni di noia. Però non e più credulo alla speranza il core ; e più che breve giubilo soave m' è il dolore. Maria Riooi-Paterxò-Castello Bada ben! MQfiloiìie nel fondo d' un azzurro lago dorme il suo sonno la nordica vile, dorme nel fondo del mio cor Y imago tua, funesta e gentile ; e prego che non venga a risvegliarti un inquieto palpito più mai , ah, la tremenda voluttà d' amarti troppo ho provata, il sai ! Io t' ho sepolta in un mucchio di rose, perfida bella, e tu risuscitasti, t' incatenai fra le braccia amorose e tu ti svincolasti. — 204 — Or bada ben ! Se a' tuoi baci letali lusingando m' astringi anche una volta, Desdemona rea, tra' miei guanciali tu resterai sepolta. Eis^Rioo Panzacchi Tu! IJ u del mio spirto sei la poesia, tu r incantesimo dell' alma mia : della mia vita tu sei V amore, tu la mia ebbrezza, tu il mio dolore. A te d' accanto non so che dire : se non ti vedo mi par morire ; schiantarsi V anima sento nel petto, tanto è lo spasimo di questo affetto ! Un bacio, un solo potresti darmi che avesse forza di soffocarmi ; altro non brama, non chiede il core, che sul tuo seno, morir d'amore. G. Gloag, 205 V usignolo. a una terra lontana io son partito dove un dimora che t' ha in cor ferito : da una lontana terra io son venuto per recarti un sospiro ed un saluto. Al nido mio ritornerò dimane, e : sola (io gli dirò) da sera a mane r ho vista, e mesta, e della vita stanca perchè la luce del suo amor le manca ; e in queir anima ho letto un sol desìo : di meco sciorre il volo al nido mio. (Guglielmo Raisini Cosa voglio. osa voglio da te sempre mi chiedi quando ti cado, o giovinetta, ai piedi ; voglio adorarti eternamente fiso nel volto tuo eh' è fior di paradiso ; voglio leggerti ciò che pensi e brami, voglio dirti che t' amo e udir che m' ami^ — 206 — voglio arrestare il voi, 1' ore fugaci, voglio i tuoi sguardi, le carezze, i baci.... E cento cose che non puoi capire.... E cento cose... che non posso dire X. A me le pere? nsomma, quando tu lo dici a babbo, . che mi vuoi bene, e che mi vuoi per moglie ? Ohe ! non son donna da pigliarsi a gabbo e con inganno, sai, non mi si coglie. tu lo dici a babbo, e amici cari, quella Y e la porta e tutti pari ! Sai, non si scaldan seggiole a Firenze, quaggiù air amore non si fa per chiasso, e se, carino, t' hai certe tendenze vattene pure, ti ci mando a spasso ; ma infin che ho gli occhi buoni per vedere, a me, capisci, non- si dan le pere ! X. Non torna mai! tutto sparve e in terra non m' avanza Che ima lunga giornata di dolor! — 207 — Sparve e con esso ancora la speranza^ fuggì con esso ogni bel sogno d' or. Se partir vedo un dì la rondinella, penso che lieta a maggio tornerà ; so che se langue il fior si rinnovella, e nuovi incanti sullo stelo avrà... L' astro che impallidisce a notte scura torna a brillar quand' è sereno il ciel, si ritinge di verde la pianura quando scompare da la terra il gel. Tutto ritorna : il fiore, V astro e il verde, riede V augello da lontano mar ; ma un bel sogno d' amor quando si perde, è scritto in cielo che non può tornar ! Giselda Fajani Non bramo che morir... ?ddio giorni beati, ore felici addio ; non cerco che V oblìo non bramo che morir. Sparirono i sorrisi sparirono gì' inganni : 1 amor, li ardenti affanni, r ansie del cor sparir. — 208 — Pallido ho il volto, muto il labbro, e il guardo ho spento neir alma ho lo sgomento, e il disinganno in cor. Se veglio in mille strazi sofFron gli offesi affetti ; se dormo, maledetti sogni, mi fan terror. Ovunque in terra i sguardi tenda, e gli orecchi intenti, non odo che lamenti, non trovo che martir. Ma se mi volgo al cielo fra gli astri aspiro a Dio, non cerco che V oblìo, non bramo che morir. PI P. Come nasce Y amore. aper V origine vuoi de r amore, quando puoi leggere in ogni core che sol vedendoti nasce V amor ? — 209 — Piuttosto chiedimi come nel seno r amor che susciti può venir meno, ed io sollecito risponderò. L' amor che subito per te mi ha colto, bella, mirandoti soltanto in volto, vive con V anima, con lei morrà. X. La derelitta. on cercate sul mio volto lo splendor de' lieti dì ; come fior dal verno colto nelle lagrime morì. Sparso il crine, ondeggia al vento, nudo il collo, e scinto il seno, che mi vale ogni ornamento? Non mi vede il caro ben ! 14 — 210 — Non chiedete perchè bassa la mia fronte è china al suol, Clizia anch' ella il capo abbassa (piando in cielo è morto il Sol. Dorme V arpa, o solo al pianto io la desto, o all'ombra in sen... Che mi vai di gioia il canto ? Non m' ascolta il caro ben ! Non cercate sul mio volto lo splendor de' lieti dì.... Come fior dal verno colto nelle lagrime morì. F ELICHE Romani La margherita. a donna mia sul margine di un prato ha raccolta una bianca margherita, ad una ad una poscia le ha strappato tutte le foglie con le rosee dita, e quando l'ha finita di sfogliare i suoi begli occhi ho visto lagrimare. Angelo mio ! quanto ha mentito il fiore se ti disse che a te non serbo amore ! — 211 — Quegli occhi belli non sarian bagnati se avessero ([uesf occhi interrogati, bagnati que' begli o(*chi io non vedrei se i labbri suoi posassero sui miei. E. Mancini Statua di carne. a che recondita sede del core mosse la lacrima che sulle ciglia tua vidi tremar? Era un ricordo di lontano amore che d' improvviso io venni a suscitar ! Mentre baciandomi dici : „ Sei mia ! „ e sento i battiti impetuosi del tuo forte cor, forse, ahi, mi fugge per ignota via l'anima tua che non conobbi ancor! Forse da un fervido desìo portata, vola a rivivere in un cielo d' amor conteso a me ; e il simulacro d' altra donna amata, sotto i caldi tuoi baci io son per te. Enrico Panzacchi 212 oi che salite questo verde monte e il silenzio cercate dov' è più folto il bosco e chiaro il fonte^ anime innamorate, pietà di me! Sul margin della via seggo soletto e gramo ; ahi ! grave, amanti, è la sventura mia ! Pietà di me! Non amo. Lorenzo Stecchetti Libero amore. ra una sera al par di questa : pura splendea la luna in ciel, come un dolce sospir della natura, errava il venticel di ramo in ramo. Dunque ? le chiesi ; e a lei porsi una bruna viola del pensier : — 213 — gli occhi volgendo alla fulgente luna — So che mi dici il ver, rispose — e t' amo ! ly unirsi a me per non lasciarmi mai ella giurommi allor : mi die il segno di fé che domandai, e tinse di rossor la fronte bella. Abbandonata sul mio seno or dice : Non affrettiam quel dì, fin che son sogni che mi fan felice splenda, amor mio, così la nostra stella. Carlo Benelli Viola. utto che possa il tuo gentil sembiante ricordare al mio cor m' empie d' affetto, così il tuo fiore lo baciai tremante e poi geloso lo posai sul petto ; e poi geloso lo posai sul cuore per non farlo appassir, povero fiore ! E se dovessi stanotte morire, sarei contento d' una cosa sola : — 214 — di farmi senza pompa seppellire, senza termi dal petto la viola; di farmi seppellir nudo, ignorato, ma eoi tuo fiore sul mio cor posato ! Enrico Fiorentino Serenata d'un angelo. J^^lzati, o bella, e il tuo balcon disserra : un angelo son io, che dei tuoi luminosi occhi il desìo ha richiamato in terra. Le carezze di Dio per il tuo viso, figlia dell' uoni, scordai ; e son calato giù dal paradiso che non vedrò piìi mai. Apri, la notte è scura, sento neir ali V aquilon gelato, e tutta la natura par che mi gridi intorno il mio peccato. Lo spirito errabondo io vo' rinnovellar sopra il tuo core : dammi i dolor del mondo, io ti darò de gli angeli V amore. Enrico Panzacchi 215 * oi, che gentili e nobili sensi serbate in core, vedete le mie lacrime, mirate il mio dolore ; mi amava, e più non palpita il suo bel cor per me ; folle, obliato, instabile.-. per sempre ei mi perde. Scorreami come un zeffiro la vita de 1' amore ; ora l' incerto tramite fronda non ha, ne fiore. Mi amava,, e più non palpita il suo bel cor per me ; folle, obliato, instabile... per sempre ei mi perde. Sorelle, ranmientatevi le angoscie di chi muore ; sorelle mie, pregatemi la pace de '1 Signore ! Mi amava, e più non palpita il suo bel cor per me ; Folle, obliato, instabile... per sempre ei mi perde. A. Pardo — 216 Non lo conosco! on lo conosco! — ti fuggì di bocca un giorno mentre ti passai davanti^ e r angoscia che n' ebbi ancor mi tocca, ne mai la proveranno anime amanti. Ma pur più assai de V inatteso accento, il loco e r ora accrebbero il dolor : però che le tue labbra, in quel momento, interpreti mal fide eran del cor. A che, dimmi, nel vel de la menzogna nascondere il timor che ti percote ? Forse un senso di sdegno e di ram})ogna rivelato volesti in quelle note ? Non giova, no, non giova, o mia diletta, per poco amareggiar 1' altrui pensier : ingrato è il premio che quaggiù ci aspetta, se tace in noi serenità del ver ! Del tuo poeta non tentar la sorte, se indagar non lo sai ne V ansio petto anch' ei nutre un desir, del tuo più forte, che lascia indietro ogni più santo affetto. — 217 — E ignorar tu non dèi che- costan pianto le gioie riserbate. a V avvenir per chi, libero in seno, il dolce incanto sa pregustar d' un guardo e d' un sosinr. Dunque se avvenga mai che caso o amore dinanzi a te m' adducano improvviso, e debba il labbro tuo, malgrado il core, scusare il moto che ti turba il viso, come colei cui replicar non cale, abbassa gli occhi e non guardarmi tu : benché il rimedio sia peggior del male, d' una menzogna è tollerabil pili. Gino Orsi-Duoini La vidi e l' adorai ! idi un giorno per la via di beltade il più bel fiore, era tutto leggiadrìa, tutto grazia, tutto amore. Sì colpito ne restai, eh' io la vidi e 1' adorai ! Mi restò cotanto impresso quel bel volto innamorato. — 218 — eh' io non penso più che ad esso e a (jnel dì che V ho incontrato : ne scordarmi potrò mai, eh' io la vidi e V adorai ! Oh ! se fossi un augellino vorrei starle ognor d' attorno, e di sera e di mattino, fosse notte o fosse giorno, vorrei dirle co' miei lai eh' io la vidi e 1' adorai ! Enkico Fiokentino * * on vedi il mio dolore, non vedi il pianto mio? Il povero mio core palpita sol per te. « E tu r antico affetto hai posto ne 1' oblìo, hai spento nel tuo petto pur la pietà di me ! A. Pardo - 219 L'olivo benedetto. nvece del cipresso te V ho dato il ramo dell olivo benedetto ; tienne di conto e mettilo legato sul quadrettino a capo del tuo letto ; tienne di conto, sai dove gli è nato, che una promessa e gli è d' eterno affetto. E se a quella promessa mancherai foglia per foglia me lo renderai ; e me lo renderai foglia per foglia dove la pianta sua mesta germoglia ; e me lo renderai molle di pianto quando m' avrai portata al camposanto. Passata la chiesina a pie del ponte cui delle Grazie dà il nome Maria, e che prima fu detto a Rubaconte, a man sinistra in cima ad una via sparsa di croci, è San Miniato al Monte, ove sepolta andrà la spoglia mia. Andrà sepolta là dove vedrai un arboscel che non si spoglia mai ; — 220 — un arboscel che vive solo solo, e si nutre di lacrime e di duolo ; e si nutre di lacrime e d' affetto, al par di me, V olivo benedetto. Marianna Giarrè-Billi Dorme ! e le soavi forme somiglia la mia bella a fior dorato, e spira, or eh' ella dorme un profumo di mammole il suo fiato. Tacito io siedo accanto e contemplando la casta bellezza, rapito a queir incanto, provo nel core insolita dolcezza ; Qui, dove tutto tace, il suo palpito ardente al mio risponde, e nel ritmo fugace i suoni di due vite in un confonde. Buoni geni d' amore dorme la donna mia soavemente ; veglio sol io quel core, sogna me sol la placida sua mente ! PiNELU Luigi 221 E troppo strazio! immi confessalo tu più non m' ami... D' un colpo uccidimi, ma non di mille ! Nel core, o barbaro, forse tu brami la morte infondermi a stille a stille; ed or nel dubbio mi fai languir... È troppo strazio, troppo soifrir! Parole magiche tu mi dicevi, era il tuo angelo consolatore ; lo sguardo tenero in me volgevi con tutta r estasi di un primo amore ; ed or nel dubbio mi fai languir... È troppo strazio, troppo soffrir ! - 222 — Ora svaniscono a poco a poco le dolci imagini, quei cari accenti, io vedo estinguere tutto il tuo fuoco. L' antico palpito tu più non senti, ed or nel dubbio mi fai languir... È troppo strazio, troppo soffrir! E. Del PRErrE lo l'attendo! le mie compagne m' han dimandato perchè m' adorno con tanta cura ; ma non san forse eh' è ritornato il mio diletto dalla pianura ? Fra brevi istanti mi fia dappresso ; udrò sua voce, potrò mirarlo... Ma per me sempre sarà lo stesso ? Ah, eh' io ne tremo nel ripensarlo ! Più d' un m' ha detto che tutti i giorni mi fo più cara, mi fo più bella. :?'«^:^ — 223 — che son la rosa de' miei contorni, che del mio cielo sono la stella. Eppur superba, no, non so io, ma sento in cor che lo sarei * se dirmi udissi dall' amor mio : — La più gentile per me tu sei ; d'altri paesi n'ho viste tante e ayeano dolci sguardi e parole, ma ninna il core, il tuo sembiante : erano stelle davanti al sole. Dio come tarda ! Ne ancor m' è appresso... Oh' egli m' avesse dimenticata ? i Che più non fosse per me lo stesso? De la mia morte 1' ora è suonata. GiiauELMo Ratsixi Il dittamo. ^' u me r hai reso il dittamo odoroso, jjiuttosto che tradirmi, e hai fatto bene ! A dirmi che tu m' ami sei ritroso, perchè sai che mentir non ti conviene ; ed io lo so che dentro il seno ascoso hai segreto un poter che ti trattiene. — 224 — Un dì verrà che dirmelo vorrai, ma sarà troppo tardi e non potrai ; allora chiedi a chi ti turba il core i miei baci, il mio pianto ed il mio amore ; chiedili allora... e di' che li riprenda da una povera morta, e te li renda ! Marianna Giarrè-Billi Volubilità e costanza. ai pianto, sì : perchè negarlo ? Forse la cagione son io del tuo dolore? Sempre alla mente questa idea mi corse quando geloso ti posai sul core. Il ])aradiso delle braccia tue invocato, non chiesto, aprivi a me ; e godemmo così felici in due (juante dolcezze ha V universo in se. L'ago del tempo, anche per noi veloce, indisse i giorni che non tornan più ; ne comprendo oggi sol che la tua croce è il nodo stesso che stringesti tu. — 225 — Per noi, fragili, è amor come il serpente, e lava di vulcano è il suo respir ! Non lo credevi un dì ; ma poi sovente t' ho sorpresa quei detti profferir. Spezzala dunque, se ti pesa tanto, questa catena che al mio sen t' unì : così svanisce ogni terreno incanto, ogni affetto mortai passa così. Ricinto il fianco di trapunta vesta, serti «di fiori ti componi al crin : e r ora dell' addio sia la tua festa, degli spasimi tuoi segni il confìn. Lanciati pur nelle contese sale, e prendi la farfalla ad imitar ; ma, ve', che al volo non ti manchin 1' ale, e che la fiamma te 1' abbia a bruciar. Da me divisa, non udrai lamento ne voce di richiamo aspro e crudel : fra quel che provi e quel che dentro io sento esser dee solo testimone il ciel. E se alcuno dinanzi alla mia porta, che nuove di te chiegga incontrerò : „ Qui fu gentile ospite un tempo.. E morta ! „ sommesamente a lui risponderò. 15 — 226 — Questa menzogna che per te pietoso, prima sul labbro mio risuonerà, più dell' affanno che terrò nascoso, r estrema prova del mio amor sarà. Carlo Benelli Il mio santo. ^more, amor, perchè mi fai patire, perchè tanto m' hai preso a tormentare ? Io vado a letto e non posso dormire, tutta la notte io veglio a sospirare : vado alla Messa e non la sto a sentire e non vedo né il prete, né V altare ; e se lo vedo, del divino manto m' apparisce coperto un altro santo ; un altro santo che mi par sì bello, eh' io mi metto in ginocchio e adoro quello; e r adoro con V anima e col core come r adorerei nostro Signore. Mariani^a Gtarrk-Btlli i 227 Due ricordi. _,uando, fisso ne i cari occhi celesti, la prima volta ti parlai d' amor, „ ìson guardarmi così ! „ tu mi dicésti, ed un sospiro ti volò dal cor. Suono non v' ha, ne delicato accento la tenerezza di queir ora a dir ; so che ognor la ricordo e ognora io sento il dolce soffio di quel tuo sospir. Però di tanto amor V astro divino improvviso d' un vel si ricoprì ; per colpa no, ma per fatai destino, ad altra mano la tua man s' unì. Quando venisti a rendermi la croce che un giorno ti donai pegno di fé, tu la baciasti e con un fil di voce „ Addio ! „ dicendo, t' involasti a me. Pallida in volto con lo spirto affranto, sulle ciglia velate dal dolor, viva una stilla ti brillò di pianto, e quella stilla mi rimase in cor. — 228 — Separato da te per un tragitto di tanta terra e tanta onda di mar, senza speranza, eternamente affitto vivo, e due cose non so più scordar : r una, è il sospiro che dal sen t' usciva il dì che primo ti parlai d' amor ; e r altra... oh, V altra è quella stilla viva che, al tuo partire, mi rimase in cor. Enrico Fiorentino A Caterina Lugo. plendeva il Sol d' estate in sulla vetta del colle aprico e lieto di verzura, con dolce mormorio sopra 1' erbetta r acqua scorreva giù limpida e pura, scorreva in rio lungo le selve ombrose, a rinfrescar le fragole odorose ; miti eran V aure, allor che fior da fiore vaga scegliendo trovasti 1' Amore. E r Amor ti svelò le sue dolcezze dov' è il ciel più sereno e più ridente, ti parlò di speranze e di allegrezze dov' è più lieta e semplice la gente. — 229 — Di Cozzile neir umile Chiesuola, di volerti per sua ti die parola ; e là dove ogni cosa è buona e schietta la parola d' Amor fu benedetta. Kitornerà V estate, e a te novello invito porgerà la selva ombrosa ; e il colle aprico ti parrà più bello, poiché lo rivedrai contenta e Sposa : lo rivedrai dicendo : „ All' aria pura, fra le limpide fonti e la verzura, dove vi nasce e, delicato, il fiore... ma più dolce di lui vi nasce Amore. Marianna Giarrè-Billi V stelle nuove. (21 Giù ff 110 1878) Queste stelle nuove, più che astri, i quali si accendono improvvisamente per poi estinguersi, devono esser consi- derate come stelle variabili ; dalle quali si devono aspettare incerti e ì)revi periodi di splendore. Mantegazza Hasb-egna scent i fi ra. ' e qualche stella in cielo, capricciosa, che, fra le sue compagne vagabonde, oggi si mostra bella e luminosa, domani impallidisce o si nasconde. — 230 — Arde... sfavilla... palpita di vita... ahimè... voltati in là... guarda... è finita. Ove s' accese, tu la cerchi invano ; è beir e spenta... o se n' andò lontano. Forse ritornerà... ma che m' importa, se pria lieta rifulge e poi s oscura? Di quel che viene a fare o che ci porta col suo falso splendor, chi m' assicura ? Oh, da una stella che varia e s'innova nulla di buono attendere mi giova ! E a Dio ne chiedo di più miti rai una, per te, che non si muti mai. Una che splenda limpida e verace come riflesso d' un amor sincero ; la stella del conforto e della pace che più cara vagheggia il tuo pensiero. Ah ! s' io vedrò del suo lume sereno la dolcezza gentil scenderti in seno, come non mi toccasse altro desìo, sorriderò del tuo sorriso anch' io. Marianna Giarrè-Billi A Gigi. (21 Giugno 1879) ^uando verso l'aprile io veggo i fiori sbocciar vaghi, odorosi e profumati, — 231 — e sento del mattino ai primi albori gorgheggiar gli uccellini innamorati, cara mi torna e mi consola il cuore la ricordanza dei trascorsi dì.... Te ne rammenti ?.. Anche per noi 1' amore era un sorriso, un' armonia così. Ma passò questo tempo, e s' è portato dietro pur quello in che più brucia il sole ; anche V autunno è ormai beli' e passato... siamo alla brina... eppur non me ne duole. Arde una fiamma sotto il nostro tetto che ogni gelo disfida... e accanto a te, finche avrò un po' di pace e un po' d' affetto la primavera tornerà per me. Marianna Giarrè-Billi Alla mia vicina. 1 veroncello della mia dimora il tuo prospetta balcone infiorato : ti vedo di mattina, di buon' ora e quando il dì da poco è tramontato ; il tuo bel viso subito innamora, è mesto, peregrino e delicato. — 232 — L' alba in fronte ti bacia, o mia vicina, e sei per me la stella mattutina ; ti bacia nella fronte il Sol che muore, e sei della mia sera astro d' .amore. Benedetta tu sia, vicina bella, astro d' amore e mattutina stella. 8' io fossi nato sulla tua riviera e non dovessi all' Arno mio tornare, innanzi al tuo balcon da mane a sera le più dolci vorrei rime cantare ; e arcanamente in sì grata maniera il tuo per sempre col mio cor legare. Ma è d' uopo che ritorni al suol toscano, e fra non molto ti sarò lontano ; prima eh' io parta, deh ! se non ti nuoce, fammi sentire il suon della tua voce ; che cos' altro di men vuoi tu eh' io brami? Parla, per dirmi sol come ti chiami. Un fiore, un umil fiore, il più sparuto di quanti al davanzal ti fan ghirlanda, accompagnato da gentil saluto, bionda vicina, al tuo poeta manda ! Quel fior, qui sul mio sen, da niun veduto, poserà, come in solitaria landa. Lo mostrerò soltanto al mio paese, il fior della più bella Genovese : — 233 — e il fior che mi darai, sera e mattina di te mi parlerà, bella vicina ; di te mi parlerà, vicina bella, astro d' amore e mattutina stella. Eis^Rico Fiorentino Quel che voglio. egger ne' tuoi beg'li occhi quello che senti in cor, poi struggermi d' amor a' tuoi ginocchi ; e contemplarti in viso, e il nome tuo ridir, e r ansie mie lenir nel tuo sorriso : divider teco il pianto, solo gioir con te, cercar nella tua fé un nuovo incanto. Finche del viver mio •giunga r estremo dì, amato, amar così... Questo vogl' io ! Pietro BARACcm 234 Cuore ingenuo. ^^erchè fuggi il g*uardo mio o garzon del mio pensier? Stammi accanto, e fa che anch' io possa un palpito goder. Ah ! che dissi ? Incauto core, il segreto appalesò ! Cruda legge del candore al silenzio mi dannò ! Pure io t' amo, e quest' affetto dal mio cor non uscirà; stammi accanto, o mio diletto, se non altro, per pietà. Ma tu tremi e la parola sul tuo labbro s' arrestò... Giusto ciel ! T' amassi io sola ? Sospettarlo il cor non può ! Il pensier d' una rivale dentro il sen mi spezza il cor ; mi dannò, destin mtale, alle pene dell' amor. X |T- . — 235 — Se non m' ami, oh, dillo almeno ! * Scaccia il dubbio dal mio cor, e morrò convinta appieno rassegnata al mio dolor! A. Perrotta Amore è vita. uando d' amor la nota dolce che ai mesti riconforta il cor, t' era, o fanciulla ignota, non t' è parsa la vita un gran dolor ? Non hai sentito in petto una mistica voce susurrar? E il i3or non t' ha mai detto che paradiso della vita e amar? Ama dunque, o fanciulla, finche degli anni ti sorride il fior... prima che in seno al nulla ritorni in polve il vergine tuo cor! Vano e che in altra sfera • r amor rinasca che morì quaggiù, sotto una zolla nera tutto finisce e non ritorna più ! — 236 — Ama dunque, o fanciulla, finche degli anni ti sorride il fior... Prima che in seno al nulla ritorni in polve il vergine tuo cor ! G. Emilio Ducati Non mi sogna! orridendo ella s' era addormentata, e s' era desta pur con un sorriso. — Sognai, disse, la mamma, e V ho baciata, se ben rammento, in vi«o. Ho sognato le tremule farfalle da r ali inargentate e sfolgoranti, gli augelletti che allegrano la valle di gorgheggi e di canti. Ho sognato anche V iride, i ridenti prati, le rose del mio bel giardino, gli astri del cielo e V onde rilucenti del lago adamantino. lo le dissi : — E di me non hai sognato, di me, fanciulla, che cotanto t' amo, che ti bacio, che sempre averti a lato ardentemente io bramo ? — 237 — La spietata sorrise, e : — No, rispose ; tu piangi sempre, ognor cupo tu sei, sei mesto, e solamente allegre cose veggo ne' sogni miei. Ugo Eosa Commiato. donna, anch' esso il nero tuo ciglio scorrerà su queste carte, e del cantor sincero r alma ricca vedrai, povera F arte. L' occkio de gli altri vola su questo libro e non v' ha parte il core ; tu in ogni mia parola, arcani leggerai sensi d' amore ; e, quale in picciol fiume traspare il fondo del petroso letto, vedrai nel mio volume r anima ingenua che mi scalda il petto. La rima come il pianto, sollievo dà. Nqn per desìo di gloria io sciolgo a r aure il canto, ma de l'anima mia scrivo la storia. — 238 — Una sentenza amara a me suonò : „ Le fantasie son fole : o giovinetto, impara che il secolo vuol cose e non parole ! „ Ma un dì eh' io vidi aspersi d' una tua dolce lagrima segreta i miei poveri versi, io r orgoglio sentii d' esser poeta. E benedii la nota che accende di pietade i cor gentili, la cui virtude è ignota a gli spiriti bravi, a 1' alme vili. Conobbi eh' era santo il vate che, del ver fido (custode, nel libero suo canto biasima il vizio e a la virtù dà lode. Ei giudice severo scruta le gesta de 1' età passate e nude innanzi al vero fa sorger da 1' avel 1' ombre scettrate. Ei d' amor canta, e pura stilla la gioia del commosso petto... Ah, in questa valle oscura, genti, e un ben supremo anche il diletto ! Pur come loto immondo usa i versi gittar 1' età profana e il vate inutil pondo gridando va de la famiglia umana : — 239 — e spreca V oro a piene mani a chi, ricco sol d' a^ile gola, ripete su le scene in nota musical la sua parola. musa ; e tu pur godi al cieco biasmo che su te ricade. Degno de le tue lodi or qual tema può dar l' imbelle etade ? Che, mentre gli altri accusa degli ozi suoi, pur se medesma illude, e a te contende, o musa, quella, che indarno in se cerca, virtude. In voce di pedante la libertà del genio al genio fura ; ne vede V arrogante che il libro del poeta e la natura, e quella è poesia che un affetto svegliando ad un pensiero, fa si che il lettor sia costretto ad esclamare : „ E vero, e vero ! „ Poi co' soavi detti sa dolcemente penetrar ne' cori ; perchè gli umani petti chi giunge ad ammollir li fa migliori. Ma tu perdona, o cara, se il mio dir s' inacerba a l'improvviso: la mia parola e amara, ma basta a raddolcirla un tuo sorriso. — 240 — Oh, mi sorridi ! e nove rime più belle avrà la cetra mia; che la virtù che move da gli occhi de la donna è poesia. Ed or pietosa a queste rime, deh ! volgi tu V occhio benigno : tu, le censure oneste raccogli, e sprezza il cinico maligno. Tu sai che non mi cale d' encomio che ragion di se non rende^ ne meco il biasmo vale che il fallo men de la persona offende. Ma la mia rima in duolo tu pure ami saper perchè si vesta? Domanda a V usignolo perchè la sua canzon sia sempre mesta. Antonio Peretti CANTI TOSCANI 16 Rompou le zolle con le splendici* armi, alternando il lavor con questi carmi. Bestini — La Pia, RISPETTI. il^J iovanottino, non si fa così, si fan le cose lecite ed oneste ; mi tieni per 1' amante d' o^i dì, ne tieni un' altra per il dì di feste. Giotanottino, se così farai, r amante d' ogni dì tu perderai ; siovanottino, se farai così, tu perderai 1' amante d' ogni dì. * Ti credi, o bello, che non sia peccato rubare un core e non lo render mai ? Ma da qual prete ti sei confessato ? E' non t ha dato penitenza assai. — 244 — Ritoma a confessarti, o beli' amora, facciam la pace e rendimi il mio core ; e' non t' ha dato penitenza, o Dio ! facciam la pace e rendimi il cor mio. ^ Giovanottin che passi per la via, non ci passar, che non canto per te ; canto per lo mio amor eh' è andato via, eh' è mille volte più bellin di te ; ed è più bello e pare un fiordaliso, è sceso in terra, e nato è in paradiso. $ Vedete là quel rosignolo in pianto ? Col suo bel canto canta il suo dolore ; così fo io se qualche volta canto, canta la lingua e addolorato è il core ; canta la lingua e il core è addolorato, chi mi voleva bene or m' ha lasciato ! — 245 — Vo' siete la più bella creatura che al mondo rilevasse Adamo ed Eva. Al collo ci portate la cintura, al capo una corona Amor poneva; al seno ci portate un cor d' argento : fate morir gli amanti a tradimento ; al petto ci portate un core d' oro : fate morir gli amanti di martoro ! $ Il giglio t'ha donato la bianchezza, la rosa t' ha donato il suo colore, e la camèlia la sua candidezza, il gelsomino lo suo grato odore : cosi son io che t' ho donato il core ; festeggio quel bel viso pien d' amore ; così son' io che il core t' ho donato, vagheggio lo tuo viso delicato. ^ Bella, non eri nata, eh' io t' amavo ; ora sarebbe il tempo eh' io t' avesse. — 246 — Tua madre partoriva, ed io pregavo acciò una bella femmina facesse ; e davanti al compare me n' andavo, acciò che un nome bello ti mettesse ; ti mise nome Rosina d' amore, per farmi consumar la vita e il core ; ti mise nome Rosina incarnata: e per farmi morir, bella sei nata ! ^ Non vi stupite, se teiigo degli estri o non sapessi troppo ben cantare : in casa mia non ci è stato maestri, e manco a scuola son'ita a imparare. Se volete saper chi fu mia scuola, su questi poggi V acqua e la gragnuola ; volete voi saper lo mio imparare? Andar per legna o starmene a zappare. ^ albero di perle caricato, colonna a cui s' aj)poggia 1' alma mia ! Da grande e da piccin t'ho sempre amato, ^elice chi t' ha messo in signoria ! — 247 — Felice chi t'ha messo sulla bocca, due belle labbra che bei baci scocca ! ^ Voglio piantar nel mezzo d' una via un albero fiorito a gigli d' oro. La vostra grazia consuma la mia ; vostre bellezze son cagion eh' io moro. Quelle bellezze, e quel bel bianco velo ; parete un giglio colto e posto in cielo. Quelle bellezze, e quel bel bianco volto : parete un giglio in Paradiso còlto. ^ j gentilina, o gentilina ròcca garofanate son vostre parole, e r alito che v' esce dalla bocca odora più che un mazzo di viole ! Odora più d' un mandorlo e d' un pino la bella bocca, e il bel parlar divino: odora più d' un mandorlo, e un innesto la bella bocca, e il bel parlare onesto ; odora più d'un mandorlo, e d'un fiore, la bella bocca, e il bel parlar d' amore. — 248 — La sera per il fresco è un bel cantare, le fanciuUette di^corron d' amore : una coir altra avviano a ragionare, e dicono : — L' hai visto il nostro Amore ? E dicon : — Dov' e andato il nostro Damo ? — I' non lo vedo e nel cantar lo chiamo : e dicon : — Dov' è andato il nostro Amore ? — E' non lo vedo, e V ho sempre nel core ! Chi r averà di noi potrà ben dire, di avere il Paradiso e non morire ! Chi r averà di noi potrà dir forte, di avere il Paradiso, e non la morte ! ^ La vostra mamma quando v' ebbe a fare la stiede quattro mesi in ginocchioni: ed altrettanto io stiedi a pregare che vo' veniste buona sopra i buoni; poi vi mandonno a scuola da imparare, che imparaste le lettere d' amore. Quando che cominciaste a compitare, con que' bei modi mi cavaste il core. — 249 — Con que' bei modi e la bella maniera, messi la mano al petto, e il cor non e' era ! Con que' bei modi e con quella virtù : messi la mano al petto, e un e' era più ! ^ Quanto gli è bello il ciel quand' è stellato, quanto gli è bello il Sol nel firmamento ; quanto riluce il tuo viso incarnato, quanto riluce una tazza d' argento ! Quanto riluce la tua faccia bella quanto di notte una lucente stella ! ^ Sospiri miei, andate ove vi mando, andate all' Amor mio gentile e bello ; ditegli che una lettera gli mando, che, se la legge, 1' è scritta piangendo. E se la legge, è scritta con amore, sigillata col sangue del mio core. E se la legge, è scritta con desìo^ sigillata col sangue del cor mio. — 250 — T' ho sempre amato e sempre ti vo' amare e sempre in vita mia ti vorrò bene ; e per le lingue non ti vo' lasciare, giovine bello, se da te non viene : sempre ti voglio amar, rosa fiorita, finché nel mondo durerà la vita; sempre ti voglio amar, candido fiore, finche nel mondo durerà V amore. $ La Luna s'^'è venuta a lamentare in sulla faccia del divino Amore ; dice che in Cielo non ci vuol piii stare, che tolto gliel' avete lo splendore ; e si lamenta, e si lamenta forte, r ha conto le sue stelle che son smorte. E gliene mancan due, e voi V avete, son quei due occhi che in fronte tenete. $ E siete bella e parete un incanto, rostre bellezze mi danno dolore. — 251 — E quando non vi vedo, piango tanto, e mi si parte V anima dal core ! E r anima dal core mi si parte : mi fa morir costei fatta per arte ! E mi si parte V anima dal core : mi fa morir costei fatta d' amore ! $ n lunedì voi mi parete bella, il martedì vo' mi sembrate un Sole ; il mercoldì siete fulgente stella, il giovedì un bel mazzo di viole : il venerdì più il volto vi si abbella, il sabato non v' hanno più parole. Quando vien la domenica mattina, sembrate onesta rosa in sulla spina ; al lunedì tornate un' altra volta : siete una rosa in sulle spine cólta. ^ Due rose rosse son le vostre guance, due archettini d' amor le vostre ciglia. — 252 — Avete gli occhi che pajon due lance, r aria, là terra se ne meraviglia. Avete gli occhi che son tanto belli, me r han passato il cor come coltelli. Avete gli occhi che fanno all' amore, tirano i raggi al Cielo, e vanno al core. Avete gli occhi che all' amore fanno, . tirano i raggi al Ciel, e al cor mi vanno. Avete gli occhi e tante cose belle, tirano i raggi al Ciel, vanno alle stelle ! ^ Anch' io vo' moglie e la vo' contadina, e che non abbia più di quindici anni, almen la vuo' pigliar che sia bellina, sappia stare al telaro e cucir panni : sollecita all' alzarsi la mattina, mi voglia bene e non mi faccia inganni. Anch' io la voglio ricca e sia dabbene, giovine e bella, e che mi voglia bene ! Son nato poverino, e non son degno di vagheggiar sì nobil creatura ! — 253 — La povertà la guasta ogni disegno, che mi.son messo troppo in grande altura, Ma voi per gentilezza i' voglio amare : e tu per povertà non mi lasciare ! $ Dio del Cielo, che pena è la mia, aver la lingua e non poter parlare! Passo davanti alla Ragazza mia, la veggo, e non la posso salutare ! « E la saluto senza far parole, giacche la lingua mia parlar non puole ; I la saluto col core e colla mente, giacche la lingua mia non può dir niente. ^ Se per dolcezza mi si aprisse il petto, allor vedresti il misero mio core ; conosceresti s' io ti porto affetto, e veramente se ti porto amore ! Queste parole V ho scritte nel petto, e v' è una letterina in mezzo al core ; — 254 — e questa letterina parla e dice : ,, Vo' siete del mio cuore la radice ! „ E questa letterina dice e canta: „ Vo' siete del mio cor radice e pianta ! „ ^ Bello, se' nato fra li bianchi fiori, e battezzato fra i superni Dei. Le rose ti donorno i suoi colori, le palme del giardino li trofei. Credo che i genitor fosser pittori a dipingerti bello come sei... E ti dipinser nobile e reale, tu se' un Angel del ciel... ti mancan 1' ale ! ^ Air Amor mio gli voglio dare un vanto : egli è il più beir Amore che ci sia ; egli ha una bella voce, egli ha un bel canto, e ha preso a consumar la vita mia !... E ha preso a consumar la vita e il core : foglia d' ulivo, e mazzo di ogni fiore ; — 255 — e ha preso a consumar la vita e V alma : foglia d' ulivo, e mazzolin di palma. ^ E' son passato da una selva bella, coperta di ginepri e verdi allori ; e dentro e' era una specie di stella che a nome si chiamava Bubacori ! Tutti mi dicon che voi siete quella mi pare di conoscervi ai colori ! Mi pare di conoscervi al bel volto, mi dicono vi lasci : io non ascolto ! ^ Quando ti presi a amar la gente disse : „ Lasciala andar, che t' abbandonerà ! „ Queste parole nel mio cor V ho infisse, ora conosco eh' è la verità ; quest'% la verità, quest' è la fede, e m' hai burlato come ognun lo vede ; quest' è la vera fede e verità, e m' hai burlato come ognun lo sa. — 256 — Modo non v' è che viva allegramente, me ne sto con ragione appassionato, perchè ho sentito dire fra la gente che da voi, Bella, un dì sarò burlato. Però non trovo pace, ne riposo ; pensando al vostro amor pericoloso ; però non trovo pace in nessun lato : se tu mi vuoi lasciar, fammi avvisato. ^ Giovinottin che da lontano riedi, hai camminato tanto, e non sei lasso ? E r erba ti fiorisce sotto i piedi, faresti innamorare un cor di sasso ! Un cor di sasso, un' anima crudele ; Giovanottin, conservati fedele ! ^ Credevo che V amor fosse un bel giuoco, quando m' incominciai a innamorare, ora mi pare una fiamma di foco, che non la spengerìa 1' acqua del mare : — 257 — quella del mare e quella dell' Usciana^ né quanti fiumi mena la Toscana. ^ E questo gli è il paese degli astiosi, e il vicinato della gelosia, quanti ve n' ha di questi dispettosi ! Non voglion che venghiate a casa mia. Non ci venite, fate a mo' di quelle, son più^ ricche di me, graziose e belle : non ci venite, a mo' di quelle fate, son più ricche di me, belle e garbate- f^ Avevo una compagna sola, sola, e tutti i miei segreti a lei dicevo ; compagna, mi sei stata traditora me r ha' levato 1' amante che avevo ! Cara compagna, non me 1' avei a fare ; sapevi eh era mio ? Lasciarlo andare ! 17 — 258 — Compagna, che di te me ne fidavo, e tutti i miei segreti a te dicevo ; e tu eri innamorata del mio Damo, ed io, meschina ! non me n' avvedevo ! Compagna fosti, e compagna sarai : e lo mio Damo me lo renderai. ^ E lo mio Amor lo voglio ricomprare, valesse più di tremila fiorini ; ne vendere lo voglio, ne impegnare, manco me V hanno amare i miei vicini : i miei vicini non me V ameranno, e ne vivo, ne morto V averanno ; vicini miei, voi non me V amerete, e ne vivo, ne morto voi V avrete ! ^ Chi ti ci fa venir? Chi ti ci chiama? Chi ti ci fa venir mal volentieri? ^ Vanne pure dov' hai fissa la Dama, vanne pure dov' hai fissi i pensieri. - 259 — Vanne pure dov' hai pensier sicuro che tu venga da me, non me ne euro. Vanne pure dov' hai fissa la Dama ; chi ti CI fa venii' ? Chi ti ci chiama ? * . Ti pensi, Bella, d' aver preso il te E se r hai preso, non lo pelerai. Ti pensi pur eh' io viva da balordo ? Ma conosco g-li amori che tu hai ! Questo lo dico a te, bella Ragazza, di questi tordi non se ne spelazza. Questo lo dico a te bella Bambina, di questi tordi non se ne cucina ! 9 È questo il vicinato del mal dire non ci si puole una volta passare. Se ci si passa, cominciano a dire : — Questo è 1 innamorato della tale ! Sia questo vicinato maladetto ! Dov' è la pace, mettono il dispetto ! — 260 — Sto vicinato maladetto sia ! Dov' è la pace, metton gelosia ! ^ Facciam la pace, caro Bene mio, che questa guerra non può più durare ; se non la vuoi far tu, la farò io : fra me e te non ci è guerra mortale. Fanno la pace Principi e Signori, così la posson fare du' amatori : fanno la pace Principi e Soldati, così la posson far du' innamorati : fanno la pace Principi e Tenenti, la posson anche far due cor contenti. ^ Dacché partii da voi Speranza amata, io vivo sempre in mar di confusione, e passo inquieto il giorno e la nottata senza trovar giammai consolazione. Ma spero che verrà quella giornata, ^,he ognuno spiegherà il suo dolore. — 261 — Benché lontano io sia, ti voglio dire : per te son nato, e per te vo' morire ! ^ Parti foglio gentil, vanne e consola, la dolce Bella mia, carca d' affanni : e dille che sopporti di star sola, che sette mesi non saran cent' anni! Per quante volte spunta in ciel V aurora, amata Bella, di vederti panni; mi pare di veder quel tuo bel viso, air apparir del Sole in Paradiso ! ^ Cosa mi giova, misera! vedere i' acqua sì chiara in una bella fonte ? Vederla chiara, e non poterla bere, non si potere accostare alla fonte ? Non si potere accostare alle ciglia : i' ho r Amante, e un' altra me lo piglia ! Non si potere accostare alle prode : i' ho r Amante, e un' altra se lo gode ! — 262 — E che t'ho fatto, dolce Anima mia? Dalla mia casa ti se' allontanato ! Non t' è piaciuto stare in grazia mia, in altre parti ti se' ritirato. In altre parti ci hai il core e la Dama, in queste parti e' hai chi tanto t' ama ! '9 Ero disposta di non ti parlare se t' incontrassi in mezzo d' una via ; r ho fatto il voto, e tu non mei guastare, non posso far di meno, Anima mia ! L' ho fatto il voto, non ti parlar più, non posso far di men... così fa' tu ! Se tu sapessi quanto è il mio dispetto nel vederti con 1' altre far 1' amore ! Se tu mi dessi in core uno stiletto, Bello, non patirei tanto dolore ! Se in core uno stiletto mi ci metti, Bello, non patirei tanti sospetti ! — 263 — Quando passaste '1 poggio, Anima mia, credevo quasi morta di restare !... Sempre dicevo nella mente mia : che qualche volta dovevi tornare ! Or che se' torno, contento è il mio core : eccoci insieme a ragionar d' amore ! ^ Eccomi, Bella, che son già venuto, che li sospiri tuoi m' hanno chiamato : e tu credevi d' avermi perduto, dal ben che ti volevo, son tornato ! Quando son morto, mi farai un gran pianto ; dirai : — E morto chi mi amava tanto ! Quando son morto, un gran pianto farai, padrona del mio cor sempre sarai ! ^ Se vedo sopra i rami un augellino, mi par che dica nella sua favella : — Io vengo di Pistoia, o Giuseppino, e i saluti ti fo della tua Bella ! — 264 — Io gli rispondo : — Volgine il cammino, e tosto fa ritorno alla tua cella: e vedrai que' begli occhi, e quel bel volto, che m' hanno il cor di mezzo al petto tolto, * Sogno Imeneo che mi s' aggira intorno, e cingermi mi vuol di sua catena, mi dice : — In breve giungerà quel giorno che finirà d' amor la cruda pena ! Lo vedo comparir su carro adomo, che per le mani cinta a me ti mena ; ne posso fare a meno in quel baleno, eh' io non mi trovi vinto nel tuo seno ! ^ Sento un fischio venire da lontano, quello senz' altro è lo mio Amor che viene : eccolo là che se ne vien pian piano, e' torna a riveder chi gli vuol bene ! E' torna a riveder V afflitto core, è lo mio Damo che torna al su' Amore ; e' torna a rivedere il core afflitto, è lo mio Damo, che non va diritto. * — 265 — Ferma palma celeste, unica spera, quando che parli tu, il Sol si oscura ; la regina tu siei di primavera, che ne stupisce il mondo e la natura. Chiunque che ti mira, si dispera, vedendo la tua angelica figura : che delle Belle siete la maggiore, e nel giardino siete il meglio fiore ! $^ Del verde prato sei T erba novella, e di Cupido la diletta figlia; del firmamento la Diana stella, del giardino d' Amor la meraviglia. Deir alto mare sei la navicella, e beato quel giovin che ti piglia : del mio povero cor la condottiera, fra r altre Belle porti la bandiera ! $^ Bella se cor non hai di tigre fiera, verso di me tu non sarai avara : amami. Bella, almen solo una sera, perchè soffro per te gran doglia amara. .-- 266 — Io ti giurai la fé pura e sincera, e te la manterrò sempre più chiara. Se tu non vuoi che disperato mora, ama chi t' è fedele, e chi t' adora ! ^ O Rondinella che vieni dal mare ascoltami, ti vo' dir due parole : e dammela una penna per volare, che scriver vo' una lettera al mio Amore ! E quando V avrò scritta e fatta bianca, ti renderò la penna che ti manca. E quando 1' avrò scritta e fatta d' oro, ti renderò la penna, o bel tesoro ! E quando V avrò scritta e fatta bella, ti renderò la penna, o Rondinella ! E quando 1' avrò scritta e messa su, o Rondinella, portagliela tu !... La tortora che ha perso la compagna, la fa una vita molto dolorosa: la va in un fiumicello, e vi si bagna, e beve di queir acqua torbidosa : . — 267 — cogli altri uccelli non ci s' accompagna, negli alberi fioriti non si posa : si bagna V ale e si percuote il petto, ha persa la compagna... Oh ! che dispetto ! ^ Potessi diventare un uccellino ! Avessi r ali e potessi volare ! Vorrei volare su quel bel giardino, dove sta lo mio Amore a lavorare -, e gli vorrei volare intorno intorno, e ci vorrei restar la notte e il giorno. $ Un' ora senza voi non posso stare, e poi mi converrà di starvi tanto ; non posso più ne bere ne mangiare solo a pensarvi sento il core infranto ! E mi si strugge il cor come la cera ; non poterti veder mattina e sera ! E mi si strugge "il cor come la brina; non poterti veder sera e mattina ! '• '^-l — 268 — Ho visto una sirena in proda al mare, n pie d' un masso, che forte piangea ; ho visto tanti pesci lacrimare dalle dolci parole che dicea... Ho visto tanti pesci stare in pianto : pensa che farò io, che t' amo tanto ! Avete gli occhi eh' entrano in battaglia altr' arme non v' occorre per ferire. Se r uno dà di colpo, V altro taglia... questi son colpi da farmi morire ! Questi son colpi che li manda Amore : passano i panni, e se ne vanno al core. Questi son colpi dati per diletto, passano i panni, e se ne vanno al petto. ^ Guardate che disgrazia è im po' la mia, aver la lingua e non poter parlare ! Riscontro 1' Amor mio giù nella via, lo scontro e non lo posso salutare. Quando lo scontro, abbasso gli occhi a terra : la lingua tace, e lo mio cor favella. — 269 — Quando lo scontro, abbasso gli occhi, amore l La lingua tace e parla lo mio core. ^ Sarebbe meglio mai t' avessi visto la lingua non t' avesse mai parlato : non averci il mio core tanto tristo, né meni V avrei io tanto addolorato. E non avrei questo mio core in pene^ bello, per amar te, non ho mai bene ! E non avrei questo mio core in guai; bello, per amar te, non ho ben mai I ^ W affaccio alla finestra e vedo fuora^ vedo la casa del mi' innamorato : e li e' è un alberin che mi dà noia, sia maledetto chi ce V ha piantato ! Quando queir alberin sarà grandetto, vedrò la casa del mio giovanetto ! Quando queir alberin sarà spiantato, vedrò la casa del mi' innamorato. — 270 — Passo per questa via cercando i fiori e non ci trovo altro che neve e ghiaccio ; mi ci han trovato i vostri occhi amatori, e m' hanno preso come il tordo al laccio. Siccome il tordo, i' non posso uscire, le tue bellezze mi ci fan venire ; siccome il tordo, non posso scappare, le tue bellezze mi ci fanno stare! ^ Quando passi di qui passaci onesta, che la gente non dica che ci amiamo. Tu abbassi il capo e io abbasso la testa, e noi due di buon cuor ci salutiamo. Di tutti i Santi ne vien la sua festa ; un dì verrà la nostra se ci amiamo ! Di tutti i Santi la sua festa viene ; verrà la nostra, vogliamoci bene ! ^ Giovanottino m' hai ridotto male, vado alla Messa, e non so dove sia. — 271 — Sapevo le parole del Messale, adesso non so più l' Avemmaria : quant' era meglio non t' avessi amato ! Sapevo il Credo, e me lo aon scordato Traditorello, m' hai rubato il core almen tu me l' avessi domandato ! Se chiesto me 1' avessi con amore, colle mie proprie man te Y avrei dato. te r avrei dato oggi colle mani : piuttosto che rubarmelo domani. n Era di maggio, s' io ben mi ricor< quando ci cominciammo a ben volere ; eran fiorite le rose nell' oi-to e le ciliege diventavan nere : ciliege nere e pere moscatelle, siete il trionfo delle donne belle. — 272 — Ciliege nere e pere moscatate, siete il trionfo delle innamorate. '9 E son venuto, Bella per comprare questi due occhi che in éonte tenete ; non ho portato somma di danare, che non sapevo il prezzo che chiedete; non ho portato ne oro, ne argento, vi lascio lo mio cor per pagamento ; non ho portato ne argento, ne oro : vi lascio lo mio cor ricco tesoro ! ^ V insegnerò come fanno le citte, quando ballan con un mal volentieri ; se ne van per la sala ritte ritte, fanno le viste di avere dei pensieri ; ma quando ballan con chi loro piaccia, non hanno V ale ma volan di braccia ; e quando ballan co' su' innamorati, -^aion tanti serpenti avvelenati ; — 273 — e quando ballan co' suoi favoriti, allora i lor pensieri son guariti! ^ Non posso più cantar, che non ho cuore, r ho dentro al vostro petto rinserrato : m' ha detto che più uscire non vuol fuore, che ci sta troppo bene accomodato. M' ha detto che mai più non vuole uscire : per voi è nato; e per voi vuol morire ! M' ha detto che più mai uscir non puole : per voi r è nato, e per voi morir vuole ! ^ Bello che ne vieni dal levante, dove si leva la mattina il Sole, delle bellezze n'hai portate tante, dove tu passi, lasci lo splendore ! Dove tu passi, lasci il lume acceso : le tue bellezze mi han legato e preso ! Dove tu passi, lasci il tuo chiarore, le tue bellezze m' han legato il core ! 18 — 274 — Avanti che ti lasci, o fior di lino, . tutte le lingue morte parleranno, e le fontane getteranno vino, i poggi d' oro si ricopriranno. Se si ricopron, lasciali coprire : per te son nata, per te vo' morire ! Se si copron, li lascia coprir forte ; per te son nata, e per te vo' la morte ! $^ Se vuoi veder chi t' ama e chi t' adora, ti prego. Bella, farti alla finestra ; non dico mica che n' uscite fuora, perchè, la notte, non è cosa onesta ! Se, Bella, alla finestra vi farete, chi v' ama e chi v' adora lo vedrete ; se, o Bella, alla finestra ti farai chi t' ama e chi t' adora lo vedrai ! ^ Misero ! Mi volevi confortare, avei bisogno d' esser confortato ! — 275 — Non ti sapesti, o misero, g'uardare, che i lacci dell' amor t' hanno arrivato ! Ma misero è colui che s'innamora sul fior degli anni suoi troppo a bon' ora ! ^ Bella, che per rubare hai 1' arte in mano ; bella che per rubare il laccio hai teso ; non dico che tu sia ladra di mano ; sei ladra d' occhi, perchè il cor m' hai preso. M' hai preso il core e tu sei ladra d' occhi, bella, che per rubar la man mi tocchi ! ^ Subitamente che noi ci vedemmo subitamente noi e' innamorammo ; uno sguardo d' amor noi ce lo demmo : di non lasciarsi più ce lo giurammo : ce lo giurammo, sospirando forte, di non lasciarci più sino alla morte. — 276 — Mi voglio innamorar leggier leggiero, mi voglio innamorare leggermente ; mi voglio innamorar del forestiero, del paesan non ne vo' saper niente. Al paesano una rosa fiorita, al forestiero gli vo' dar la vita ; al paesano un mazzo d' ogni fiore, al forestiero gli vo' dare il /Core. ^ La lepre va pascendo V erbe fresche, non vede il cacciator che V imprigiona ; il tordo se ne vien dalle foreste, e quando sente il fischio, s' abbandona ; il pesce in mare nuota per dolcezza ; così face' io, cara la mia bellezza : così face' io, Bellina, e tanto t' amo, che son rimasto al fischio, al canto, all'amo; così face' io. Bellina, e t' amo tanto, 3he son rimasto al fischio, all' amo, al canto ! — 277 — In questo vicinato delle belle beato chi ci puole navigare ! E' ce n' è tre che pajano sorelle, e fanno al tocco dello innamorare. So' innamorato di quella maggiore, quanto il Sole riluce di splendore; so' innamorato di quella mezzana, riluce quanto la stella Diana: so' innamorato di quella piccina, riluce quanto il Sole la mattina. ^ Ho visto per pietà muovere un sasso, un legno tramutarsi dal suo loco; Bella per me non movereste un passo, ed io per voi starei sempre nel fuoco. Starei nel fuoco a consumar mia vita : vo' siete un' ambra. Sole, e calamita. Starei nel fuoco a consumar mio core : voi che tirate calamita e amore. Quattro colonne d' or reggono il mondo, e voi. Bellino, in mezzo a comandare. — 278 — L' erba tagliata gli fiorisce in tondo e verde e secca la fate sgranare. Attorno attorno^ ci fiorisce il faggio, come le rose nel mese di maggio ; attorno attorno, ci fiorisce il fiore, come le rose nel mese d' amore ; attorno attorno, ci fiorisce il melo, come le stelle fioriscono in Cielo. ^ Un verde praticello senza piante è r immagine bella del mio Amante : un mandorlo fiorito all' acqua in riva è dell' Amante mio V imagin viva : tutti i raggi del Sole d^lle Stelle sono r imagin di sue luci belle : il dolce olezzo delle giovane fiore ; è r imagine vera del mio Amore ; Amante, Amante ! Amore, Amore, Amore ! Oh, vienmi tosto a ricrearmi il core ! 9"^ 79 — Siete più bello il lunedì mattina, massimamente il martedì vegnente ; mercoledì una stella brillantina, il giovedì uno specchio rilucente; il venerdì un bel mandorlo fiorito il sabato più bello che non dico ; si arriva alla domenica mattina, mi parete figliol d' una regina ! ^ Mamma se non mi date il mio Beppino, vo' andar pel mondo, e ma' i' vo' ritornare... Se lo vedeste quanto gli è bellino, mamma, vi farebbe innamorare ! E' porta un giubboncin di tre colori, e si chiama Beppino ruba-cori: e' porta un giubboncin rosso incarnato ! e si chiama Beppino innamorato ! ^ Bella che siete nata in Paradiso, n' andai cercando di cogliere un fiore. — 280 — N' avete tanti in quel pulito viso, son bianchi e rossi, e son d' ogni colore ! N' avete tanti in quelle bionde trecce, che paion un giardin di rose fresche. N' avete tanti in quelle' trecce avvolte, che paiono un giardin di rose colte. W avete tanti in quelle bianche mani, che paiono un giardin di melagrani. ^ Io me n' andava pe' una selva bella, dov' erano cipressi e freschi allori ; dentro ci stava una ragazza bella, per nome . si chiamava ruba-cori ; la guardo la rimiro e mi par quella, mi par di riconoscerla ai colori ! Mi par di riconoscerla al bel viso o fresco giglio colto in Paradiso ! Mi par di riconoscerla al bel volto: o fresco giglio in Paradiso colto ! — 281 — La prima volta che m' innamorai, m' innamorai con uno sguardo solo ; m' innamorai di voi, non ci pensai ; feci come la starna al primo volo: feci come la starna al primo passo: mi sia cavato il cor, se pili vi lasso! ^ Oh, quanto tempo V ho desiderato un Damo aver che fosse sonatore ! Eccolo qua che Dio me l'ha mandato tutto coperto d' ogni più bel fiore ; « eccolo qua che vien pianin pianino, a capo basso e suona il violino. ^ Son piccinina ed ho quattordici anni, poco m' intendo di fare all' amore : non so se tu mi burli, o se m' inganni, mi vuo' recare alla tua discrezione : ' — 282 — alla tua discrezion mi recherò : secondo che tu m' ami, io t' amerò ! ^ Conosco il vostro stato, o fior gentile ! Non è dover che v' abbassiate tanto d' amarmi me, che son povera e vile, cjie voi de' Belli ne portate il vanto ! E voi de' Belli il vanto ne portate conosco ben che voi mi canzonate ; voi mi burlate, ed io non vi canzono, ma siete bello, e perciò vi perdono. ^ \ Ti vengo a visitar, bella Maria, ti vengo a visitare alla tua casa : in ginocchioni per tutta la via bacio la terra dove sei passata. Bacio la terra, e riguardo le mura, dove tu passi, o nobil creatura ! Bacio la terra, e riguardo le tetta, dove tu passi, o vaga Giovinetta ! — 283 — Bella, che sulle piume riposate, e un Angiolo del Cielo mi parete, i' venni apposta, e feci le fermate per lodar le bellezze che vo' avete ; e que' bei fiori, che in petto portate dolci saranno a chi parlar solete. La Dama del mio cor l' ho salutata, con la sua madre che 1' ha nutricati Amor mio bello, quanti mancan che ci hanno apposto questi traditoi Ci sposeremo, e li farem contenti, insiem sopporterem tanti dolori!... Insiem sopporterem dolori e guai, ci vorrem ben, non ci lascerem mai insiem sopporterem dolori e pene, non ci lascerem mai, ci vorrem ben ■9 E r ho ben vista un' aquila voi andarsi a riposare nel giardino : tre penne d oro la vedea portare, in bocca ci portava un gelsomino : — 284 — al collo ci portava un Breve santo, passava sette cieli il suo bel canto ! Al collo ci portava un Breve solo, passava sette cieli il suo bel volo ! '9 Vado dì e notte solo a passeggiare, vado in suU' ora del dolce dormire : e s' io ti sveglio mi par di peccare perchè non dormo, e non lascio dormire. Dormi mia Bella, e dormi pur secura, ch'io ne sarò guardian delle tue mura. Dormi mia Bella, e dormi pur tranquilla, eh' io ne sarò guardian della tua villa ! 9 Giovanottino, mi garbate tanto, più che non garba il mare alla Sirena ; quando che non vi vedo, piango tanto, e mi si gela il sangue in ogni vena ; quando che non vi vedo e non vi sento, mi ricordo del nome, e mi contento ; — 285 — quando che non vi vedo e non vi tr( mi ricordo del nome, e me ne giovo. Quando incontri i miei occhi, e fai e poi li abbassi, e pieghi il mento a] ti prego prima darmene un avviso, perchè in quel mentre io tenga il core a Perchè in quel mentre io tenga a freno che mi vorrebbe uscir dal grande am Perchè in quel mentre io tenga il core i che mi vorrebbe uscir pel gran dilett Dimmi, Bellino, com' i' ho da far* Fer poterla salvai- 1 anima mia? ' vado in Chiesa e non ci posso star nemmen la posso dir 1' Ave Maria ! V vado in chiesa e non posso dir nier che ho sempre il tuo bel nome ognor pi l' vado in chiesa e non posso dir nuli che ho sempre il tuo bel nom fin dalla e che comporto per voi Anima mia! — 287 — Perchè mi trovo innamorato solo... Fu troppo in alto la mia fantasia ; ma s' io girassi l' uno e l' altro polo, meglio di voi davver non troverìa ; e troppo in alto li mie' occhi alzai, e di vostra beltà m' innamorai. Ho preso a amare un sasso del tu* tj^uello che regge tutta la casata, bella Raguzza che avete il cor duro, una pietra di marmo lavorata : è una pietra dì marmo messa a oro : una volta son nato, e mille moro : è una pietra di marmo messa a arge una volta son nato, e moro cento ! Dio lo volesse i' fossi un uccellii Avessi r ale da poter volare ! ' K^^ — 288 — Vorrei volare su quel finestrino, dove sta lo mio Amore a macinare. — Macina, mugnain, che l'acqua è fonda... — Non posso macinar ; V amor mi abbonda ! — Macina, mugnain, che V acqua fugge... — Non posso macinar ; V amor mi strugge ! ^ Vo' cantare un Rispetto piano piano a quel Giovanottin che è pien d' amore ; vorrebbe confessar, non è Piovano, saper vorrebbe a chi ho dato il core ; fatti Piovano, e poi confesserai : a chi ho donato il cuore lo saprai. 9 Amor che passi la notte cantando, ed io meschina sento e son nel letto ; volto le spalle alla mia mamma e piango, di sangue son le lacrime che getto ; — 289 — di là dal letto ho fatto un grosso fiume, da tanto lacrimar non vedo lume ; di là dal letto un grosso fiume ho fatto, da tanto lacrimar son cieca affatto. ^ Giovanotti cantate, ora che siete, ora che siete giovanetti e belli; quando sarete vecchi non potrete, sarete disprezzati, o poverelli ; sarete disprezzati più de' fiori, quando son secchi, non e' è chi gli odori ; • sarete disprezzati dopo i gigli, quando son secchi, e' non e' è chi li pigli. ^ Stattene zitta, brutta cicalinay i tuoi Rispetti m' hanno stomacato ; se tu durassi fino a domattina, non canteresti un Rispetto garbato ; 19 Jà — 290 — staitene zitta, e vattene alla paglia, canta meglio di te asin che raglia ! ^ Ora intesi ci siamo col cantare, addio, raggi del Sol, splendor del mare ; e col nostro cantar ci siamo intesi, addio, raggi del Sol, coralli accesi. Nome di Dio, egli è la prima volta che in questo luogo non ci aveo cantato : bisognerebbe aver la lingua sciolta, e veramente un bel parlar beato ; \ bisognerebbe aver lingua latina 5: per salutarvi voi, bella Kosina. 9 ; Tu che canti pel fresco, o mio augelletto, ■p il giorno non ti sento mai cantare ; '^ se ti potessi chiappare all' archetto, il tuo bel canto lo vorre' imparare ! — 291 — Il tuo bel canto e le tue belle rime, manda la voce tua sopra le cime; il tuo bel canto e le tue rime belle, manda la voce tua sopra le stelle ! '9 Or che cantaste voi, canterò io : e quanto vi rispondo volentieri.! Tolto avete il me' cor dal petto mio, non potevo cantar se voi non e' eri ; il cor dal petto m' avete cavato, se voi non e' eri non avrei cantato. 9 E r Amor mio me V ha mandato a dire, che suoni e canti e me lo dia il bel tempo ; per quanto posso lo voglio obbedire, piangere e sospirar son sempre a tempo ; per quanto posso, rider vo' e cantare : che a pianger sono a tempo, e sospirare. — 292 — Voglio cantare e voglio star contento, non più malinconia mi voglio dare ; i miei pensieri li vo' dare al vento, e la fatica a chi la vuol durare ; i miei pensieri li vo' dare al Sole, e la fatica a chi durar la vuole. ^ Quanti ce n'è che mi senton cantare, diran : — Buon per colei e' ha il cor contento? S'io canto, canto per non male fare, faccio per isfogar quel e' ho qua drento ; faccio per isfogar mi' afflitta doglia, sebben io canto, di piangere ho voglia ; faccio per isfogar 1' afflitta pena, sebben io canto, di dolor son piena. ^ Tutti mi dicon che canti, che canti, non è dover che la prima sia io ! Cantin quest'altre che ci hanno li Amanti, son poverella, e non ce l' ho già io ! — 293 — Oantin quest' altre, li Amanti ce 1' hai)" son poverella, e il mio non cel vedrao « Non posso pili cantar come solevc perchè ho perduto il fior della mia vo perchè ho perduto un Amante che avt ohi m' aiuta a cantare, alzi la voce ; chi m'aiuta a cantare, l'alzi forte; per un' Amante mi cònvien la morte. La mattina pel fresco è un bel ca quando le Dame sentono 1' amore ; e stanno in su quell' uscio a ragionare — chi r averà di noi quel bel garzon( E stanno in su queir uscio a far censi — chi r averà di noi quel fresco gigl La sera per il fresco è un bel ca che le Ragazze discorron d' amore ; r ^ ■ • V." — 294 — da una all' altra vanno a ragionare, dicon : — Chi 1' averà quel fresco fiore ? Chi r averà di noi potrà ben dire, di avere il Paradiso, e non morire ! Chi r averà di noi potrà dir forte, di avere il Paradiso, e non la morte ! Quante canzoni e quante canzoncelle, la famigliuola me le fa scordare ! A chi manca le scarpe, a chi pianelle, a mezzanotte mi chiedon mangiare. Mira, se mi son trova a tal partito : la più piccina m' ha chiesto marito ! A la più grande glielo vorrei dare: . iei non lo vuole, e mi fa disperare ! Son disperato, e in ogni modo canto, fosse qualchedun altro un canterìa : mi si distrugge il cor dal pianger tanto, la voglia di cantar m' è andata via. Mi si distrugge il core a poco a poco, e fa come la cera intorno al fuoco ; — 299 — Non posso più cantar son' affiochita ; la vo' mandare una lettera al Papa : un' ora di vegliar, sare' guarita ! $ Ed io degli stornelli ne so uno, e me lo canto la • sera al sereno, e lo mio Damo non ci vuol nessuno. ^ Quando passi di qui passi cantando: ed io se sono in letto ti rispondo : volto le spalle a mamma, e sempre piango. ^ La buona sera ve la dò col canto, e vi saluto voi palma d'argento, che fra le belle ne portate il vanto. ^ Fiore d' argento ! Deh ! non ve lo prendete per affronto, è r ultimo stornello che vi canto. — 301 — In mezzo al mare e' era una colonna, quattordici notari a tavolino scrivevan le bellezze d' una donna. ^ Quando nasceste voi nacque un bel fiore^ la Luna si fermò nel camminare, le Stelle si cangiarori di colore. ^ Quando nasceste voi nacque un giardino r odore si sentiva di lontano di rose, di viole, e gelsomino. ^ E quando ti riscontro per la via, abbassi gli occhi e rassembri una Dea, e la fai consumar la vita mia. ^ Avete r occhio nero della Fata, gli amanti li tirate a calamita ; e per farmi morir bella sei nata ! — 302 — Alzando gli occhi al Ciel vidi una tazza, e dentro e' era un' indorata treccia : era la treccia della mia ragazza. ^ Fiorin di mela ! Voi dello fiore siete bocciolina, e del mio core siete la catena. ^ E del pesce del mar tu sei la triglia, e del paese tu sei la più bella, padrona del mio cor, vien, te lo piglia. ^ Fior di ginestra! la vostra mamma un vi marita apposta, per non levar quel fior dalla finestra. ^ Avete le bellezze di Natura, e se la morte non ci dissepara, "i voglio amare finche il mondo dura. — 303 — È questo il vicinato delle Belle, Tenite, o giovanotti, a prender mo quattro quattrini le ciliege belle ! Alzando gli occhi al Ciel, veggo i - e non sapendo a chi rassomigliarli la rassomiglio a voi Ragazza bella Fiorin fiorello 1 La mi' Eosina ha il labbro di core e 1' occhiolino suo sembra un gioJ€ Fiore di canna ! Bellina, siete fatta con la penna : siete impastata di zucchero e mani Ragazzina che in campo lavo: e col cappel di paglia il Sol ti pa tutti ti chiaman bella ruba-cori. — 304 — Fiore di stipa ! Che bel piedin, che bella camminata ! Che bella Ragazzina assai " compita ! Bella Ragazza dalla treccia bionda, per nome vi chiamate Veneranda, i giovani per voi fanno la ronda. Oh, quanto siete pallida nel viso! Parete un fior garofano nel vaso ! Parete un Angiolin del Paradiso ! Io me ne voglio andare in vetta ai poggi, dove fiorisce la punta de' faggi ; ti credi d' esser bella, e non e' è sfoggi ! bella Bimba ! Con pifferi e tambur suoni la banda ; casa te ne vai pulita e linda. — 305 — Cittina bella, dalla treccia d' oro, e' vi casca la manna su dal Cielo, e dentro vi ci canta il rosignolo. ^ Fior di spin giallo ! Delle bellezze n' avete una fonte, avete un ramo d' oro, un di corallo, di perle un fiume, e di coralli un monte. ^ Fiorin di more ! Son morettina, e son di naturale : son morettina, e non m' ha tinto il Sole, ^ Quando nasceste voi nacque bellezza, e battezzata fosti alle chiare acque ; la neve vi donò la sua bianchezza. '¥ Avete i ricciolini lunghi un dito, nel mezzo ce n' avete uno morato, felice chi sarà vostro marito ! 20 — 307 — Nel mezzo dello mar e' è mia ghirlanda, e intorno è scritto il nome di Clorinda ; ogni altro nome lo metto da banda. ^ Salcio piangente ! Piglia la brocca e vattene alla fonte : e qui t' aspetto, o Stella rilucente ! ^ Nel mezzo al mar ci son sette colonne, quattordici Kagazze a pitturarle, le fanno a picca a chi le fa più belle. ^ In mezzo dello mar e' è un pesce tondo ; quando vede le belle, a galla ascende, quando vede le brutte torna al fondo. ^ Ragazzina dalle belle ciglia, ognun che passa a un Angiolo v' agguaglia ; vi voglion tutti, ma nessun vi piglia ! — 309 — Fiorin d' amore ! Venitela a veder, non state al dire, che dir non si può mezzo il suo valore. ^ Fiorin perenne ! Avete la vitina come canne : siete come V allocco : Voce e penne ! 9 Avete le bellezze di un colombo, la cavalcata del cavai d' Orlando, e siete il più bellin di questo mondo. ^ Avete i labbri simili al corallo ; avete gli occhi neri, e il viso bello Giovanottino siete tutto garbo ! 9 Fiorin di sale ! Se non son bella io, bello è il mi' amore ho un morettino e la grazia mi vale. ■■! » ìTs. / — 310 — Guarda che bel vestir che gli è* il turchino ! Si vestono di lui V onde del mare, e se ne veste il ciel quand' è sereno. 9 Fiorin fior elio ! Di tutti i fiorellin che fioriranno, il fior deir amor mio sarà il più bello ! 9 Fiore di zucca J Avete nel parlare il miele in bocca, e i vostri sdegni son' olio di Lucca. ^ Ed ora che no' siam qui a tavolino, ragioniamo un po' del nostro damo ! Fra tutti questi, il mio gli e il più bellino, ^ E lo mio damo che si chiama Neri, miratelo un po' lì come va pari ! \\V andatura pare un cavalieri. — 311 — Fior di limone, e fior di limoncello. L'arancio dolce vien di Portogallo, lasciatelo passar, che gli è il più bello. Avete gli occhi neri come il pepe, e siete del colore delle rose, e siete il figurino del paese. E lo mio damo si chiama Beppino : è il pili bellin che abbia il mio Sovrano: di latte e sangue, e pare un Amorino. Io benedico lo bel fior d' amore : rubato avete le perle allo mare, agli alberi le fronde, a me lo core. Alzando gli occhi al Cielo vidi voi : subitamente me ne innamorai : in mezzo a tante Stelle il Sol vedei. — 312 — E lo mio amore si chiama, si • chiama... Non mi ricordo del nome che aveva... Si chiama Giuseppin ; son la tua dama ! ^ Nel mezzo allo mio petto è una ghirlanda, e ce l'ho scritto il nome di Clorinda; quattr' Angioli del Ciel suonan la banda. 9 Fiore di pepe ! Io giro intorno a voi come fa V ape, che gira intorno al fiore della siepe. ^ Fior di gaggìa ! I figli voglion bene a mamma sua, ed io vo' bene alla Speranza mia ! ^ Io che studiava il libro dell' Amore, ad ogni amante dava la sentenza, a chi la dava a torto, a chi in favore. Ti voglie tanto b' Quando ti vedo, il quando mi dici add Fiume di Lete ! . Come la ealamita n e mi fate venir dov M' afifaccio alla fi e colla mia pezzola ti dò la buona notti Tutta la notte in ditemi, Bella mia, i E chi viene da voi . Fior di cipresso ! Accenditi, candela, fa' lume all' Amor ] — 314 — E questa strada la vo' ammattonare ; di rose e fiori la vorrei coprire, d' acqua rosata la vorrei bagnare. ^ Quando ci passi, non ti far sentire : il fischio che tu fai, Bello, non fare ; se no dal mondo ci farem scoprire. 9 Vorrei che la finestra ornai s* aprisse, vorrei che lo mio bene s' affacciasse, e un sospiro d' amore lo gradisse. 9 Che bella cosa aver la casa in piazza ! Per veder l' orinolo quando tocca ; quando passa, veder la sua Ragazza ! 9 M' è stato regalato tre viole, me le son messe sotto il capezzale ; tutta la notte ho sentito V odore. — 315 — M' è stato regalato un bel diamante ; lo porto in dito, e mamma non sa niente : e me 1' ha regalato lo mio amante. M' è stato regalato una collana, più che lar guardo, e più mi par bellina : la voglio regalare alla mia Dama. Fiorin di dittamo ! Sei stato il primo amore, e sarai V ultimo ; e questo si può dire amor legittimo. 9 Fior di limone ! E tu sei stato lo mio primo Amore, e l'ultimo sarai, se mi vuoi bene. * ♦ E r idolo se' tu degli occhi miei, eh' io ti lasci Amor mio non creder mai : se la morte non tronca i passi miei. — 316 — Fior di radice! Io da lontano sento una gran voce : è il mio Geppino che vuol far la pace. f^ Fiore d' ortensa ! In quel Giovanottin ci ho la speranza : con dieci scudi pago la dispensa. f^ E vo' piglia' marito a Pasqua rosa, e non m' importa d' aver niente in casa : e quando ci ho il mi' Amore, ci ho ogni cosa ! ^ Fior di mentuccia ! Beato chi ti stringe, e chi t' abbraccia, chi te la bacierà quella boccuccia? ^ Fior di lupino ! Caro Amor mio, porgetemi la mano, acciò possa salir questo scalino. — 317 — Fiorin d' abete ! In Paradiso senza scale andate ; parlate con i Santi, e poi scendete. In riva al mare vi son quattro Mori veniteli a veder come son neri : son quattro ladroncelli ruba-cori. ■9 Fiore di mela ! E della mela voi siete la rama, e del mio cor voi siete la catena. Fiorin di miglio ! Tabacco è buono, e la scatola è megli mi ricordo di voi quando io piglio. . Fiore di felce ! Dove passate voi 1' erba ci nasce, e nel mese di Maggio ci fiorisce. — 3iy — A Outigliano ci piantai un bel fio e da Lizzano i' lo vedo fiorire : il fiore è quello del mio dolce amoi Fior di finocchio ! Non posso star se non ti guardo a s non posso star se non ti strizzo 1' o( * Stelle, ma sei ! Benedetto quel di che la mirai, benedetto quel dì che fui con lei. Fiorin di sale ! Di quindici anni cominciai 1' amore, di quindici anni n' ho sentito il mal # Dea fatale ! Tu se' coperta col manto d' Amore -, ma quanto all'amor mio ti porti ma' i — 320 — E s' io credessi non averti a avere, r arte del marinaro vorrei fare, e pinger ti vorrei nelle mie vele. ^ Fior di castagno ! Se vuoi quattrini vieni allo mio scrigno, e allora tu farai il tuo guadagno. ^ Fiorin d' alloro ! E per marito voglio un campanaro, che mi suoni un bel doppio quando moro. ^ Sta' zitto. Nino mio, che non ti lascio : io non ti levo gli occhi mai d' addosso senza di te mi muoro... manco... accascio ! ^ Beppino amato ! Per voi lo passerei lo mare a nuoto, dappoi che vo' mi avete innamorato. — 321 — Fiore di grano ! No' siamo innamorati, e ci vogliamo sposar ben presto là dal sor Piovano. ^ Fiorin di pepe ! Il pepe forte voi lo masticate : r amore è bello, e voi lo difendete. ^ Fior d' erba a cesti ! Tu m' entrasti nel cor quando nascesti i miei e li vostri occhi s' incontrorno, i vostri eran più belli, e m' allegromo. f^ Fiorin d' abeto ! L' abeto è lungo affatto e smisurato ; r amor cominci, e sia sempre segreto. ^ Fior di semenza ! Dove e' è stato amore non n' avanza, ci riman sempre la benevoglienza. 21 — 322 — Fiorili d' ornello ! L'ho visto fabbricare un legnerello, jdr-tin legno brutto V ho visto far bello. ^ Fior di limone ! Se dicon mal di noi, caro mio bene, son rosarj per te, per me corone! ^ Mi vo' far fare una casina in piazza per sentir V oriolo quando tocca, per veder V Amor mio quando ci passa ! A Eoma ci si stampa lo metallo, sta' forte, o core mio, col piede a segno, a qualcuno farem mangiar dell' aglio. ^ In mezzo dello mar e' è una tartana, i Turchi se la giuocano a primiera ; r ha vinta la bandiera veneziana. — 323 — E il Sole colla Luna fa V ecclisse, ricordati, Beppin, delle promesse : quando ti diedi il cor, cosa si disse ? E me ne voglio andare al regio scalo : mi batte il core come un orologio ; se non ti goderò, presto mi ammalo ! I' sento, i' sento da lontano im fischio : e quello è 1' Amor mio, che lo conosco, perchè non può venir, lo compatisco ! ^ Fiorin di grano ! Ti voglio amar dappresso e da lontano ; dappresso e da lontan ti vo' un gran bene, ti voglio amar finche avrò sangue in vene. E me ne voglio andar di là dal mare, per compagnia i' vo' menare il Sole, perchè le genti non pensino a male. — 324 — Tu m' ha rubato il cor di quindici anni : bricconcello, quando me lo rendi? Passan le settimane, i mesi e gli anni. ^ Fiore di mela ! Vieni alla fonte, ti darò parola, e lì si scioglierà d' amor la vela. Fiorin d'argento, vo' fare un calessin di legno santo per menar V Amor mio di nottetempo. Sono stata all' Appalto a pigliar sale, e m' hanno detto : — Con chi fa' all' amore ? E gli ho risposto : — Fo con chi mi pare ! $ Cupido m' insegnò fare all' amore : Venere mi donò 1' onda del mare, il primo amore si parte dal core. — 325 — Carlino mio ! Non (dubitar, che questo core è tuo : lo vo' donare a . te, se piace a Dio. ^ Fiorin di grano ! E se siamo parenti, pagheremo ; basta che il nostro core contentiamo. Fiore di timo ! Eramo in quattro a vagheggiare un Damo, e ognun tirava V acqua al suo mulino. Io vo' pigliar marito e voglio voi, e non m' importa, no, d' entrar ne' guai ; pensiamo a ora, e non pensiamo al poi. * Air acqua, all' acqua ! Alla fontana nuova ! Chi non sa far 1' amor, là ci s' impara, e chi non ha l' Amante, ce lo trova. — 326 — Vola, colomba, quanto puoi volare, e sali in alto quanto puoi salire, tanto nelle mie braccia hai da cascare ! ^ Se il Papa mi donasse tutta Roma, e mi dicesse : „ Lascia andar chi t' ama ! Io gli direi di no. Sacra Corona. 77 ^ Là nel giardin e' è un albero d' amore, e sopra e' è Tonino per cascare, e sotto e' e Rosina, e aspetta il core. ^ Oh ! quante volte ve V ho detto, mamma ! Non mi mandate sola a far le legna, che e' è Tonino che mi ci accompagna. ^ Fiorin di menta ! E della menta voi siete la pianta, chi esce del mio cor, mai più non e' entra, — 327 — Quando mi sento dar la buona sera, il sangue, se V ho torbo, si rischiara ; è venuto iL mio Amor, felice sera ! ^ Quando mi sento dar la buona notte, il sangue si distilla in mille parte, è ito via il mi' Amor, chiuse le porte. ^ Sopra la mia finestra e' è un bel fiore. Tutte le sere lo vado a innaffiare ; più che r innaifio, e più cresce V amore. ^ Fior di cicuta ! Quest' anno è ripassata la cometa, anche Gigino mio mi risaluta. ^ Fior di Narciso ! Prigioniero d' amore mi son reso, nel rimirare il tuo leggiadro viso ! ^T^ST" — 328 — Occhi celesti ! E dagli, dagli, tu m' innamorasti ; mira la bella forza che facesti! ^ Fior di trifoglio ! Ne faccio un mazzolin fatto a ventaglio^ fingo volerti male, e ben ti voglio. '9 Oh, quante stelle! Vieni, Pietrino mio, vieni a contalle : le pene che mi dai son più di quelle. ^ Fior d' amaranto ! Ti potessi, parlare un sol momento ! Questo momento lo spasimo tanto! 9 Dio de' Dei ! E per amar Gigino io ne toccai, e per amarlo ne ritoccherei. — 329 — Dentro dello mio petto e' è una nave, con i capelli tuoi formo le vele, e le lagrime mie V acque del mare. ^ Ho fatto tante lagrime e poi tante, quanti sassetti a fabbricare un monte ! Quanti sospiri a guadagnar 1' amante ! ^ Fiorin d' argento ! Ah ! per amarvi voi ho pianto tanto ! Povero pianto mio gettato al vento ! ^ Fior di piselli! Vanne dall' Amor mio, e digli, digli... Che son nel letto, e conto i travicelli. Amore ingrato ! M' hai detto di venir, non sei venuto : fino alla mezzanotte t' ho aspettato ! — 330 — Giovanottino che passi fischiando, io meschinella dal letto t' intendo : volto le spalle a mamma, e poscia piango. ^ Air erta, all' erta ! che il tamburo suona i Turchi son armati alla marina; la povera Rosina è prigioniera. ^ porto di Livorno traditore I M' hai portato il mi' Amore in alto mare, me l'hai portato al porto di Tolone! In mezzo dello mar e* è una barchetta, v' è dentro V Amor mio che passa 1' acqua, e sospirando chiama la su' Annetta. M' aifaccio alla finestra, e vedo il mare ; tutte le barche le vedo venire, quella dell' Amor mio non vuol passare. — 331 — Eiorin d' abeto ! Ho perso lo mio Amor, son disperato : ho perso lo mio Amor : gli vado dreto, 9 Io maledico tutte le segrete, e i muratori che V hanno murate, perfin lo scarpellino con le pietre. ^ Dentro del petto mio ci sta un serpente, e mi lavora a punta di diamante. Bella per amar voi non sento niente ! ^ Foglia d'aprile, ora che me l' hai fatto licenziare, tu notte e giorno mi farai morire ! ^ Fiore di mela ! E quando la mia mamma mi allattava, ^ Figliuola sfortunata ! „ mi diceva. — 332 - Fior di limone! La giardiniera mi son messa a fare, perchè non ho fortuna nell' amore. ^ Oh ! acqua che ne vai per la corrente, fammi rifar la pace col mi' Amante : che quando mi lasciò ero innocente- ^ Luna, o Sole ! stella Diana, non mi abbandonare : fammi rifar la pace col mi' Amore ! ^ Fili di sete ! Che avete Bella mia, che sospirate? Non sospirate più, che m' affliggete. ^ Fiore d' alloro ! Ora che m' hai lasciato, 'mi dispero... Viver non posso senza il mio tesoro ! — 333 — Fiore di canna! Tutta la notte co' piedi alla culla : non ho marito, e son chiamata mamma ! ^ nuvoli del ciel, che cosa fate che tutti insieme non vi riunite, a ajutar le Ragazze innamorate? Fior di giunchiglia ! Io te lo dico da fedel compagna : e' vien per canzonarti e non ti piglia ! ^ E me ne voglio andare, me ne voglio, a pascer V erba come fa il coniglio ; e il ben, che t'ho voluto lo rivoglio. ^ Fior di cipolle ! Piangete occhini miei, piangete a stille ; chi mi voleva bene, ha preso moglie. — 334 — Quella zittella che prese marito, mangiò ben presto il pane tribolato ; credea toccare il Cielo con un dito. ^ Fior di granato ! Prendetelo, prendetelo marito, se avete da scontar qualche peccato. Clorinda, sulla sella stacci forte, che dietro e' è Tancredi che ti batte ; passo per passo ti conduce a morte. $ E lo mio Damo mi ha mandato a dire eh' io mi provveda che mi vuol lasciare... Questi son colpi da farmi morire ! È lo mio Damo che m' ha licenziato ! Non posso più mangiar con appetito, nemmen dormire un sonno riposato ! — 335 — E quando mi partii dalla tua sede ero un giovine perso per le strade, e lo mio core gridava mercede ! ^ Fior di sarmenti ! E la finestra la serri co' pianti ; ti dò la buonanotte, e tu non senti. ^ Fiorin di frutta La donna innamorata è mezza matta : quando ha preso marito è matta tutta, 9 Quando passi di qui lo vuo' sapere, che ci ho una letterina da mandare : dentro e' è scritto le pene d' amore. ^ Giovanottino colla pipa in bocca, ti se' trovato una bella Eagazza : ma se tu non fa' presto, non ti tocca ! — 336 ~ Tu hai du' ricciolini lunghi lunghi, tutti in su' una parte te li mandi : mattarella, con * chi ti confondi ? ^ Saper vorrei, se air amor mio non ci pensaste mai ! Perdere il tempo invano io non vorrei, M' hai dato la malìa né miei capelli ; ora bisognerà che me li tagli, di bello non avevo altro che quelli ! 9 Fiore di mori ! Tu me li hai fatti far li pianti amari, ma me la pagherai, se tu non muori ! 9 Fior di granato ! Se ogni sospiro mio fosse infuochito, ^utto lo mondo sarebbe abbruciato. — 337 — Fior di mortella ! La scontro, la saluto, e non mi parla ! Che cosa gli ho fatt'io alla mia Bella? ¥ Fiorin di lente ! Deir angherie tu me n' hai fatte tante, ma non le scordo, no, le tengo a mente ! ^ Io me ne voglio andar di là dal mare, i tuoi capelli saranno le vele, le lagrime saran V acqua del mare. ^ In questo mondo ci sto tanto male ! Alzando gli occhi al Ciel, dico : „ Signore, „ levatemi di qui da tribolare ! „ 9 E me ne vado là di passo passo, se trovo TAmor mio, io lo confesso, lo voglio convertir se fosse un masso. 22 ••«*.-** — 338 — Son stato alla casetta d'un Romito, mi ha fatto un discorsetto sciagurato, mi ha detto che per me non e' è marito. $^ Fiore d' argento ! E lo mio Damo V ho messo all' incanto : ora che ce -l'ho messo, me ne pento. ^ Fiorin di mele ! Lo mio Damo partì per oltremare ed or se ne ritorna a piene vele. $ Fiorin di grano ! Gira la rota, e non gira il mulino. L' amore cresce, e noi ci consumiamo ! ^ Fiore del Tago! Non so se mi disciolgo, o s' io mi lego : e s' io mi lego, mi sciolgo pian piano ; se mi sciolgo da voi, la morte bramo. — 339 — Se tu non mi vuo'ben, dammi veleno contento morirò per la tua mano, la sepoltura mia sarà il tuo seno. ^ Morirò, morirò, sarai contento ! Quando tu crederai d' avermi accanto, stendi le mani... abbraccerai del vento. ^ Fior di granato ! Non mi chiamate più cosino allegro : chiamatemi cosino addolorato. ^ E me ne voglio andar di macchia in macchia, incespicar mi vo' tutta la testa, per esser vincitor della Ragazza. # Fior di limone ! Tu siei di leva e ti convien marciare per andare a servir quel bel padrone ! 0'±U — E quando mi partii dal tuo bel seno, era lume di Luna e tempo chiaro; e poi rannuvolò, piovve veleno. 9 Sono stata alla fonte a lavar panni, e ci ho trovato un par d' occhietti belli : quelli dello mio Amor son tutti inganni. ^ Bella Kagazza dai riccioli biondi, che tutti da una parte te li mandi, o giuccherellay con chi ti confondi? ^ E' suona V or di notte, e non la senti : alla finestra tu gli ha fatti i pianti, ma non giovano i pianti, né i lamenti! ^ Fior di granato ! Che vita trista è il povero bandito... Non me lo dite a me che V ho provato ! \ — 341 — M' affaccio alla finestra e vedo 1' onde, e vedo le miserie che son grande, e chiamo l'Amor mio... ma non risponde ! 9 E lo mio Damo sta in cima alla vigna : mi mandò a licenziar per la sua mamma ; me ne son fatta una gran maraviglia. 9 Fiorin di pruno ! Io son rimasta con le mosche in mano : di tanti Amanti, non ho più nessuno ! 9 Oh ! quante, quante, quante pietre ci vuole a fare un ponte ! Quanto ci vuole a farsi un fido Amante ! 9 Fior d' erbe amare ! Se il capezzale lo potesse dire, oh! quanti pianti potrebbe contare! — 342 — Fiorin di mela ! La mela è dolce, e la sua pianta è amara : così d' amore è ordita la sua tela. ^ Fiorin di sale ! In alto, in alto tu credevi d'ire, sul bello del volar ti mancò V ale. ^ Fiore in sul ramo ! A Roma ce V han fatto un Papa nuovo, ma a me nessun mi trova un altro Damo. ^ Bella ragazza che cuci di nero, ti ci vorrebbe un anellino d' oro, e un Giovinetto che dica davvero ! $ Fior di castagno ! Per me il destino è crudele e maligno ; \o V oro in mano, e mi diventa stagno. — 343 — E me ne voglio andar giù per il poggio, voglio veder se gli è fiorito il maggio : mi dai di minckioncella, e me n' accorgio ! Fiorin di pero ! Tutti mi dicon che ho fatto un gran calo : mi struggo a poco a poco, come un cero. Giovanottino dal corpetto rosso, quando tu vedi me, t' allunghi il passo, abbassi il capo, e poi fa' il viso rosso. * Se tu mi amavi come mi dicevi, all' isola dell' Elba non andavi : parola data me la mantenevi. M' hai fatto una malìa a tradimento : non mi posso vedere anima accanto ; fino le mura mi danno tormento ! — 344 — Fiore di boccio ! Dopo che mi tenete al duro laccio, non ho gustato di piacere un goccio. ^ Viole a mazzi ! Tu mi chiedesti il core, io te lo detti; ora che tu V ha' avuto, lo strapazzi. 9 Fior di limone ! Tu r hai saputa tanto rigirare : dal torto ti se' presa la ragione. 3 Fior di lampone 1 A cor le rose mi buco le mane ; mi voglion dare il torto, ed ho ragione ! 9 Che serve che di qui vo' ci passate, se tanto la Ragazza non 1' avete ? Le suole delle scarpe consumate ! TT- — 345 — Ci vo' passar quanto mi pare e piace, le strade non mi sono proibite ; il suolo delle scarpe un me lo fate. ^ Giovanottino col sigaro in bocca, non ci passate per la via maestra che il core di Tonina non vi tocca. ^ L' avete V oriol che vi va a tócchi conosco li minuti dalli quarti, conosco la furbizia de' vostr' occhi. 9 Ària alli venti ! Hai canzonato me, dai retta a tanti : la ventaruola sei di tutti i venti ! ^ Fior di amaranti ! Voi siete ventaruola a tutti i venti : avete un core, e lo donate a tanti. _ '1 f : — 346 — Avete i ricciolini fatti a strale, ogni piccolo vento ve li muove, massimamente quello maestrale. $^ Fiorin d' allori ! E me gli hai fatti far li pianti amari : ma tu gli sconterai, se tu non mori ! '9 Fior di limone ! Chi te r ha detto eh' io non ti vo' bene ? Chi te r ha data una gran pena al cuore ? $^ Fiore di pepe! Non voglio che con gli altri ragionate, dappoi che lo mio core in pegno avete. ^ Chicco di sale! Beppin ci spira e Tonino ci muore : come farai due cori a consolare ? — 347 — Fiore di lino ! No' siamo in due innamorate d' uno : ognuno tira V acqua al suo mulino. 9 Viole a cesti! M' innamorai di voi, poi mi lasciasti : e s' io lasciassi voi, cosa diresti ? « Fiore d' assenzio ! E dell' assenzio n' ho bevuto tanto ! Quante più me ne fai, meno ci penso. ^ E la via di Grosseto è tutta paglia, ti pensi Bello, di menarmi a briglia ? A briglia ci si mena la cavalla ! ^ Fiore di pero ! E per istrada me lo immaginavo, fosse fatto per me questo veleno. '"' \ — 348 — Ti se' fatto il vestito di tormenti, la sottoveste di sospiri e pianti: ora che m' hai lasciato, te ne penti. ^ Fior di piselli ! Avresti tanto core di lasciarmi? Innamorati siam da bambinelli- 9 Orcio che versa ! Tutti se la son presa la ragazza ; e tu che ce T avei te la sei persa! « Alla bellezza gli si è dato il bando : non si canti mai più Stornelli al mondo ; e la causa n' è stata Ferdinando. Quanto mi amasti ! E quante letterine mi scrivesti, e sul più bello, o Nina, mi lasciasti. — 349 — Eagazza sgherra! Noi fummo imiamorati dalla culla : ora noi siamo più, trema la terra ! ff Quando t' amavo io, t' amava il Sole, t' amava il cielo, la terra, e lo mare ; ora non t' amo più, nessun ti vuole ! 9 limoncello, o limoncel spremuto ! Non piango. Bello, te che mi hai lasciato-, Piango del troppo ben che t' ho voluto ! 9 M' hai dato la licenza in carta bianca, o Ragazzina, t' ho scoperta finta : e ti tenevo in concetto di santa ! 9 Bella, dicevi ! Che se t' amavo te, sempre m' amavi : il ben che mi volevi lo fingevi ! — 350 — Oh, quanti passi ! Prete non troverai che ti confessi, piangon le mura e sospiran li sassi. ^ Fior di granturco ! Se non mi sposi tu, bel mio Ragazzo, i' vo 'n Turchia, e vo' sposare un Turco. •^ Fiore di pepe ! Morirò, morirò non dubitate : e quando sarò morto, piangerete ! ^ Morto mi vuoi veder ? Piglia im' accetta ; fa' come fece la bella Giuditta, che d' Oloferne ne fece vendetta. ^ Se morta tu mi vuoi, dammi veleno : dammelo. Bello, di tua propria mano ^a sepoltura mia sarà il tuo seno ! — 351 — Se morta tu mi vuoi, piglia un trinciante, (della mi' vita un ne fo conto niente) e fammi fa' una morte.... ma non tante ! ^ Dio del Cielo, mi voglio svenare.... Tutto \l mio sangue ti vo' dar« a bere... Mlor non ci potremo più lasciare ! ^ M' affaccio alla finestra e veggo il mare, e mi ricordo che s' ha da morire... Termineranno le speranze amare ! 9 Per tua madre ci vuole una mazzetta, che ti fa far 1' amor così non fatta, e ti vuol maritar sì piccoletta. ^ Fiore di pepe ! Se la vostra figliuola non mi date, io ve la ruberò, voi piangerete. — 352 — Fior di carote ! In questo luogo e' è le Bimbe amate dimolta signoria, ma poca dote ! ^ Oh come mai ! Avevo un care e V ho donato a voi, e voi a me non ci pensate mai?. ^ W hai data la malìa in una pèsca, ei me V hai messa in tasca, e non V ho vista ; bricconcello, vattene a confessa ! ^ Fiorin di sale ! Accanto, Bella, ce lo puoi tenere ; ma che ti pigli non te lo pensare ! 9 Fiore di grano ! Giovanottini, canzonate meno ; V arte del canzonar tutti 1' abbiamo. — 353 — Giovanotti!! dalle calzette bianche, siete un monel lo dicono la gente ; cappello storto e con le man suU' anche. Giovanottin dalle calzette nere, a casa !nia che ci venite a fare? A farvi canzonar tutte le sere? «f Aria alli monti ! Quando fa!mo alV amore pajon Santi, e quando si soii presi, son tormenti!.. Oh, come mai! Io mangio, bevo e dormo e penso a voi, e voi a me non ci pensate mai? 9 Se mi volevi ben, com' era il patto, tutto tuo era il cor dentro del petto ; ma tu, civetta, all' incontrario hai fatto ! 23 — 354 — Fior di papavero ! Non mi badate con quell' occhio torbido, che se no, tremo come foglia d' albero. m Fiorili d' orzola ! Alla partita ci diranno addio, e alla tornata ci diran : „ Che nuova ? „ ^ Fiorin di sete ! Non v' ho tirato mica le sassate ; e non v'ho tolto la Dama che avete, ^ Fior di viola ! La sera mi prometti Roma e Toma, e la mattina manchi di parola. ^ Fiorin di pepe ! Ci ho tante paroline rinserrate, che se le butto fuori, piangerete. — 355 — Se mi volevi ben, com' era il patto, non mi avresti levato il cor di petto : levarlo a me per regalarlo a un altro! ^ m bel mio sangue ! Non date retta alle cattive lingue ; questo core per voi spasima e langue ! ^ Fior di Caudillo ! Amarlo tanto im core, e poi lasciallo ! Volergli tanto bene, e poi tradillo ! 9 Fior d' amarante ! Io ti tenevo pel mio caro amante ; per lo mio caro amante io ti tenevo, t' avevi un' altra dama, e noi sapevo. ^ Mandorle amare ! Mi si divide 1' anima dal core quando ti vedo coli' altre parlare, 9. — 356 — Nel mezzo al petto mio e' è un foglio scritto, e' è tutte le stranezze che m' hai fatto, e m' hai tradito come Giuda, Cristo. ^ Fiore di sesamo ! Prima ci si baciava e assai ci amavamo... dov' è andato quel ben che ci volevamo ? ¥ Bella Bagazza ! A far la contadina un siete avvezza, pigliate un panierino e andate in piazza. '9 Fior di bei marmi ! Volermi tanto bene e poi tradirmi, e per un' altra amante abbandonarmi ? È giunto un bastimento di Turchia, i giovanotti la li vuol la Mea ; piangete. Ragazzine, e' si va via ! — 357 — Nel mezzo al mare e' è un barcon di Turchi : abbiate compassione, Giovanotti, che lo mio Amore è più bello di tutti. •% Alla. marina me ne voglio andare per veder se v' incontro lo mio Amore : e se r incontro, lo vo' consolare. ^ E lo mio Amore gli è lontan le miglia; lo mando a salutar per una stella, le genti se ne fanno meraviglia ! ^ M' affaccio alla finestra e veggo T onde : veggo la mia finestra quant' è grande, e non sento un Cristian che mi risponde. Oh, quanti me ne mandi de' saluti ! 8on più che i fiorellini in mezzo ai"^ prati, son più che i pesci in mar grossi e minuti. — 358 — Per questa strada qui ci sta una spia, e' non V ha fatta giusta V ambasciata, se ne può far fagotto^ ed andar via. ^ Granel di riso ! Se r incontrassi per la strada a caso, sia maledetta se lo guardo in viso ! 3 Avete gli occhi neri, e mi guardate : dicendo inoltre che non mi volete ; ed io non voglio voi, se • mi pregate ! ^ Il Sole è alto, e non si può arrivare : questo mio cor non V hai potuto avere... Prima morire che la pace fare !... ^ Mazzo di fiori ! Si vede il viso, e non si vede il core : tu se' un bel viso, ma non m' innamori. — 359 — Fiorin d' alloro ! E suU^- tue bellezze non ci spiro, e sulle tue bellezze non ci moro ! Fiorin d' allori ! E me gli hai fatti far li pianti amai e tu g^li sconterai, se tu non mori. M' hai fatto la malìa e me l' hai 47 V 48 Jì 49 » ivi » 51 » ivi V 52 V 53 •n 54 v 57 V ivi Ti 58 » ivi 377 — Amore è cieco e vede da lontano . Pag. 60 Sempre insieme .... V) ivi Io non amai finor . r* 62 Imo cordis n . ivi Fanciulla, ricordi n 63 * Essere un silfo! E volare e volare . V 64 Un prezioso ricordo . . . . n 65 Fuori di porta . T) 66 Donna, vorrei morir... . . . , w 67 Risposta al vorrei morire. » ivi Vani voti r> 68 Non so far altro » 69 Dio non paga il sabato . . . . » 70 Chiamatelo destino » 71 A le Cascine ....;. 1 fi 72 Follìe w iù Perchè.... n 74 La prima lettera » ivi I fiori W 75 Ad una giovinetta . . . . . » 77 Fuori del seminato .... » ivi SoUo un' ombrosa pergola seduti W 79 Triste ritorno » 80 Tu ed io ft ivi Alla mia fanciulla » 81 Ritorno » 84 \ Tardi !... ! October w ivi » 85 Ebbrezza d'amore » 86 Angelo! ....... w 89 Ultimo amore ti ivi ; Amore » 91 Bella fanciulla dai grand' occhi neri . » 92 Ricordo •n 93 — 378 Chi nasce Lupo non muore Agnello Acqua in bocca ! . Suir uscio Se avessi V ali ! Acqua cheta rovina i ponti Non me lo dite ! . Un sogno Te sola ! . , . I miei amori . L' erba si conosce al seme ^on pianger, non gioir se nella muta Sbocciato allo spirar d^ aura leggera Nembi d'estate Un proverbio sbagliato . Due nomi Un notturno di Chopin . Mi sento qui ne 7 core una puntura Occhi fatali . Indovina! La vita di famiglia A te ! . D'autunno Reminiscenze . Rivincita. Stille di pianto Chi me lo rende Ruggero. Presentimento . Non m' ha risposto ! Promesse non mantenute. In riva al mare Fior di siepe . Tu m' ami ! Il lessi nel dolce foco Se fosse vero che ciascun di noi ^ag. 95 » 96 Ti 97 n 98 Tfì ivi V 99 w 100 T» 101 n 102 Jì 104 » ivi » 105 Hi 106 Ti 108 W 109 n 110 ?j 111 7) 112 V 113 V 114 7) 115 m 117 n ■ 118 n 120 Jì 121 •n 122 n 123 r> 124 n 125 Ji 127 •n ivi D 128 » 129 Ji 130 J — 379 Le mie simpatie • Pag. 131 A mezzanotte . » 133 Fior prediletto ti ivi Le tre bare . ti 134 A te, Maria ! t) 135 Che senti ? ti 136 Pregheresti per me ? D 138 Il salice piangente . » ivi lo cantava : per te morir vorrei Ti 141 Ad una fanciulla . • • » ivi Ahj troppo è vero! Chi abitar vorrìa n 142 Notte d'amore >» 143 Senza speme ! n 144 Pensiero malinconico •9 145 Il bacio . ti 147 Il primo amore n ivi A Giulia ti 148 È in cielo . » 149 Una burrasca . ti 150 Ad una rondine n ivi Consiglio. ti 153 Chi ami ? r» ivi Un gran peccato # n 154 Mai ! . . . « tt 155 Cercare e morire . ri ivi Quando a la notte silenziosamente 157 L' anello . . * 158 L'amore. a . 159 Qual pregare ? . • ivi Dubbio . . . 160 Altro è parlar di morte. 1 altro è morire . 161 Povera Gina! • • * 1 ivi Che vorrà dir eh' io non mi sento bene , 163 Desolazione . • • • • ivi piedi, e le ckiedea -y sapere ! . !o tramonta il giorno . Fag. 164 165 nere .... na lagrima di pianto . — 381 — 1' a vorrei chiamar fior di giunchiglia Sursum corda Io non f invito al canto . Fiore e bacio ..... (Quando ti vidi - fra lo splendore Un amante ..... Oodiamo Fiore appassito .... Felicità perduta .... Aprile Taci : non è più credulo . Bada ben! . . Tu ! ... L'usignolo . . dosa voglio A me le pere ? . . . . Kon torna mai ! . . . . .Non bramo che morir Come nasce l' amore La derelitta La margherita .... Statua di carne .... Voi che salile questo cerde monte Libero amore ..... Viola Serenata d' un angelo . Voi, die gentili e, nobili . Non lo conosco ! . . . . La vidi e 1' adorai ! . . . Non vedi il mio dolore . L' olivo benedetto .... Dorme ! E troppo strazio ! . . . Io r attendo ! — 382 Il dittamo Volubilità e costanza Il mio santo . Due ricordi . A Caterina Lugo Stelle nuove . A Gigi . Alla mia vicina Quel che voglio. Cuore ingenuo. . Amore è vita. Non mi sogna ! Commiato Rispetti . Stornelli . CANTI TOSCANI. ?> ^ag. 223 ?? 224 >? 226 227 228 •> 229 ?? 230 j? 231 >> 233 >? 234 j> 235 236 237 Pag. 243 297 --►DOC- f LE VITE DEI PIÙ CELEBBI PITTOET, SCULTOÉI ED ARCHITETTI DI GIORGIO VASARI L'opera di Giorgio Vasari è sempre quel libro dove meglio che in altri dello stesso genere trovansi raccolte le notizie di coloro che fecero grande V Italia nelle arti del bello. Ma per es- sere di per sé stessa troppo pesante e vie più resa tale dagli annotatori — ai quali peraltro dobbiamo esser grati di aver cor- retto molti errori in cui incorsero il Vasari o coloro che V aiuta- rono a scrivere — era davvero opportuno che fosse ristretta al puro necessario. La qual cosa è stata fatta appunto in questa edizione, mi- rando massimamente ad ottenere V approvazione di coloro che non hanno troppo tempo da perdere in lunghe, noiose e talvolta inu- tili letture. H libro completo, né scemato di alcuna vita, é corredato di brevi ma efficaci note, per renderlo maggiormente interessante a tutti. Uno splendido volume in ottavo di pagine 1050, illustrato dei ritratti degli Artisti eseguiti in fototipia. Lire 5. !•*•:- Si trova vendibile presso tutti i Librai d'Ita- lia, e alla Tipografia Salani, Viale Militare n.^ 24, Firenze. ifiizii mm\ lunsiATf I in questo formato. Per coloro che desiderassero i LIBBI di questa Colle- zione rilegati in tela e oro, li prezzo qui segnato aumenta di Una Lira per Volume. t50 1^ Niccolò de' LapL oyyero I Palleschi e i Piagnoni, Eacconto storico diMassi- mo à'AzegUolPag.492) L. 2,00 I FaUi defia Storia d^I- talia, narrati al Popolo dal Prof. Ildebrando Ben- cìvenni (Pag, 400) . . „ Storia del Vecchio e Nuo- vo Testamento (Pa- gine 352) „ n Saputello in Conver- sazione, ovvero Mille giuochi di sala e pas- satempi curiosi \Pa' Sine 352) „ ico — Le mie Pri- gioni — con le Addi- zioni di Pietro Maron- celli (Pag, 352) . . . „ n Re dei Cuocni, ovve- ro L'arte di manapiare al gusto degr Italiani, con cibi nostrali e fore- stieri (Pag, 368). . . „ Torquato Tasso e la Prin- cipessa Eleonora d'fi- ste, Eacconto storico di Sofia Cottin (Pag. 345) 4, 1.50 II Bravo di Venezia, Eac- conto storico di Fenimore Cooper (Pag, 330) , Marco Visconti, Raccon- to storico di Tommaso Grossi (Pag, 368) , Le avventure galanti di una bella Regina, Eac- conto di Antiodo Agno- lucci (Pag, 512) . . . „ 2,00 1,50 1,50 1,50 11 yt 1,50 1,50 Storia della tremenda Inquisizione dì Spa- gna, di V. De Feréal (Paos 524) L. 8,00 La vita e le avventure di Pio IX, Eacconto sto- rico di Antiodo Agno- lucci (Pag, 500) ... « 2,00 Stefano Pelloni detto il Passatore, Eacconto storico di Antiodo Agno- lucci (Pag, 350) . . . „ 1,50 L' Eco della Fortuna, ov- vero 11 Libro dei So- gnì, Opera completa di utiiio Benincasa (Pa- aine 646) , 8,00 Il Segretario Italiano^ ov- vero Modo di scrive- re lettere sopra ogni sorta di argomenti, compilato da Cesare Cau- sa (Pag, 352). . . . „ 1,50 n Canzoniere dei Fan- ciulli; ovvero Componi- menti poetici atl uso delle Scuole e delle Fa- • miglio, compilato da A- driano Salani (Pag. 700) „ 3.00 Il Maestro dei Fanciulli, ovvero Modo d'impara- re a scrivere corret- ' tamente, commiato da Adriano Salani(Taflr. 500;,, 2,0^ La Gerusalemme libe- rata di Torquato Tasso, con illustrazioni e noto per cura di Pietro Cori (Pag. 600) „ 2,50 Si trovano vendibili presso tutti i Librai e rivenditori di giornali d* Italia ^ e alla Tipografia Sala)u\ Viale Militare n.^ 24 j presso le Cure, Firenze. r \